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Camorra, minacciarono giornalista di morte, condannati anche in appello

Di Red per Ossigeno* il . Campania

 Sono state confermate dalla Corte di Appello di Napoli le condanne ai genitori di Salvatore Giuliano per le minacce di morte al giornalista Arnaldo Capezzuto. Luigi Giuliano e Carmela De Rosa sono stati condannati rispettivamente a due anni e sei mesi e a due anni e due mesi di reclusione, come il 19 luglio 2009, e a versare un indennizzo di venticinquemila euro Questa sentenza dimostra che è un giornalista può respingere le minacce della camorra e fare condannare chi lo minaccia. Salvatore Giuliano e’ il giovane boss di Forcella già  condannato in primo grado per l’omicidio della quattordicenne Annalisa Durante, la ragazza uccisa per sbaglio nel corso di una sparatoria fra clan rivali il 27 marzo 2004.
La sentenza d’Appello e’ stata emezza il 3 ottobre da un collegio presieduto dal giudice De Girolamo, a latere Salzano e Cappiello. Giuliano e De Rosa sono stati difesi dall’avvocato Mungiello. Arnaldo Capezzuto  e’ stato sono rappresentato in giudizio attraverso l’Ordine degli avvocati dal presidente dell’Ordine stesso, Francesco Caia, e dall’avvocato Pino Vitiello. La sentenza conferma il quadro delle indagini da cui emerse che Luigi Giuliano e sua moglie non sopportavano gli articoli di Capezzuto  sulla morte di Annalisa Durante, in particolare quelli pubblicati   ad aprile 2005.
In quel periodo si era aperto il processo in cui il giovane Giuliano era accusato dell’omicidio di Annalisa e alcuni testimoni della sparatoria che lo avevano accusato avevano cambiato repentinamente le loro deposizioni. Capezzuto scrisse sul quotidiano Napolipiù che i testimoni avevano subito gravi intimidazioni affinché cambiassero versione. I Giuliano non gradirono quegli articoli. Le reazioni non si fece attendere: più volte nel corso del processo per la morte di Annalisa Durante, Capezzuto fu avvicinato dai familiari di Giuliano e minacciato. Seguirono altre intimidazioni: con una lettera anonima inviata alla chiesa di San Giorgio ai Mannesi di Forcella dove furono minacciati di morte l’allora parroco don Luigi Merola e il cronista Capezzuto. Le intimidazioni continuarono con una telefonata in redazione: un anonimo avviso’ il giornalista che sarebbe stato gambizzato.
Un ruolo importante in questa vicenda e’ stato svolto  dall’Ordine dei giornalisti della Campania e dal suo presidente Ottavio Lucarelli, che dall’inizio è stato accanto a Capezzuto e ne ha difeso le ragioni nel processo costituendosi parte civile. Una scelta che ha pesato, come quella dell’Ordine degli avvocati. Questa condanna bis dimostra anche che molte intimidazioni sono reati chiaramente identificabili e pienamente perseguibili e fa male chi le subisce senza denunciarle, considerandole inevitabili incidenti del mestiere da sopportare. Reagire e punire chi minaccia serve anche a frenare il facile ricorso alle intimidazioni. Lo scorso luglio questo aspetto della vicenda è stato posto all’attenzione della Commissione Antimafia durante un’audizione dei rappresentanti delle organizzazioni giornalistiche della Campania alla quale hanno partecipato Arnaldo Capezzuto e Ottavio Lucarelli.

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