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Arrestato il braccio destro di Michele Zagaria, il boss Massimo Di Caterino

Di Arnaldo Capezzuto il . Campania

E’ stata un’operazione da manuale. Pedinamenti, travestimenti e attesa spasmodica. Un’indagine dallo stile antico. Tanto è bastato. Massimo Di Caterino, 40 anni, detto “Pistuolo”, latitante dal 31 marzo del 2010, è stato acciuffato sabato 6 ottobre alle ore 8 e 15 dagli uomini della Squadra mobile di Caserta. Il braccio destro dell’ex primula rossa Michele Zagaria e attuale reggente della cosca dei Casalesi è finito nella trappola. Occupava il piano terra di una abitazione su due livelli affittata da una famiglia incensurata e lontana dai sospetti. Alla casa si accedeva da uno slargo laterale di via Roma a S. Andrea del Pizzone, frazione di Francolise, piccolo comune, poco meno di cinquemila abitanti, distante appena quindici chilometri da Casal di Principe in provincia di Caserta. Di Caterino preso dalla disperazione ha tentato l’ultimo trucco: si è nascosto in un piccolo vano bunker mimetizzato dietro il box della doccia del bagno dell’appartamento. 

Ha trattenuto il fiato e il respiro: tutto inutile. Gli uomini della Squadra mobile di Caserta coordinati dal vicequestore Angelo Morabito non sono caduti nel tranello e lo hanno stanato. Gli investigatori sapevano che Di Caterino si trovasse li. Ci lavoravano da tempo. La certezza l’hanno avuta venerdì pomeriggio quando a fine di un servizio di osservazione hanno scoperto che il nascondiglio del boss era “caldo”. Nel corso della notte successiva gli inquirenti hanno messo a punto ogni dettaglio del blitz. La chiave di volta dell’indagine è stata Marianna Zara, consorte del reggente. La donna si recava periodicamente a trascorrere una o due notti dal marito nel covo di Fracolise. Spostamenti che hanno incuriosito gli 007 a tal punto da mettere alle calcagna della stessa Zara un pool di agenti scelti e specializzati in pedinamenti e mimetizzazioni. L’indomani gli agenti hanno atteso le ore 8 che si aprisse il portone dell’abitazione e uscisse in bicicletta la moglie dell’operaio affittuario dello stabile per accompagnare i due figli a scuola. Solo 15 minuti e quando è rientrata ed ha riaperto il portone gli agenti hanno fatto irruzione nell’abitazione al piano terra. Un’azione fulminea, per neutralizzare le telecamere a circuito chiuso. Di Caterina era a letto con la moglie, si è alzato e si è precipitato nel nascondiglio ricavato nel bagno. 
Si è arreso subito e ci mancava pure che non lo facesse. Sul comodino c’era una pistola 7 e 65, due caricatori con 16 proiettili, la cifra in contanti di 10mila euro e un apparecchio elettronico per disturbare le frequenze. Massimo Di Caterino è l’ultimo latitante del clan dei Casalesi di un certo peso. Sicuramente l’uomo più fidato in assoluto del padrino Michele Zagaria e proprio questo collegamento gli garantiva una copertura omertosa territoriale. Se finiscono in carcere a mano mano i capi e l’organizzazione criminale viene disarticolata ci sono i residenti che per paura, per acquiescenza, per timore sembrano fare sempre il tifo per i padrini in fuga. Amara constatazione. La terra si difende con azioni di rottura. Pare che invece chi vive in queste terre occupate dalla camorra non abbia voglia o interesse a ribellarsi. Lo Stato c’è, lo Stato non c’è. Il solito dibattito, luogo comune per avere un alibi. Questo, insomma, il  contesto che non a caso ha permesso a “Pistuolo” di nascondersi e passare inosservato nella frazione tranquilla e silenziosa del piccolo comune del casertano. Di Caterina non è il padrino come tutti nell’immaginario collettivo pensano. Non ha nulla del tipico camorrista formato anni duemila di Terra di Lavoro. Niente vestiti griffati, niente vizi, niente cellulare, niente bella vita, niente pasti luculliani. Niente. 
E’ un “signor nessuno”, un “padrino fantasma”, un “uomo senza qualità”. E’ un casalese vecchio stampo: silenzioso e fedele al suo capo. Si, perché la forza della cosca casertana era da un lato il silenzio: fare affari sotto traccia, dirimere i conflitti, dialogare con vittime e alleati. Dall’altro rispettare i capi, la loro storia, le loro decisioni facendo voto di fedeltà assoluta. Ecco Massimo Di Caterino è diventato il plenipotenziario della cosca per queste sue caratteristiche riconosciute un po’ da tutti e contemporaneamente per il vuoto di potere creatosi per gli arresti a raffica contro i vertici del clan. Al contrario un Giuseppe Setola ‘o Cecato per esempio non poteva mai aspirare ad un ruolo apicale all’interno della cosca proprio per la sua irruenza stragista e sanguinaria. Questo il quadro. Il clan è allo sbando. Il direttorio quasi azzerato. A tenere ancora i cocci criminali insieme ci sono le attività economiche di riciclaggio e reinvestimento dei capitali sporchi. Ecco proprio su questo punto gli inquirenti hanno intensificato il lavoro. Soddisfazione per l’arresto di Di Caterino è stata espressa dal procuratore aggiunto di Napoli e capo della Direzione Distrettuale Antimafia Federico Cafiero de Raho che insieme al pm Catello Maresca ha coordinato le indagini che hanno portato all’arresto di “Pistuolo”.

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