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Cinquanta miliardi di euro “ripuliti” dalle mafie in Germania ogni anno

Di Federico Alagna il . Internazionale

Dall’11 al 13 ottobre, una tre giorni per parlare di mafia, con film, musica e dibattiti, dal titolo “Cultura della legalità”. Ci sarà la proiezione del film “I cento passi”, alla presenza di Giovanni Impastato, suonerà la band del musicista calabrese Peppe Voltarelli, parleranno di mafia giornalisti, magistrati, politici, esponenti della società civile – fra gli altri,  Roberto Scarpinato, Sonia Alfano, Addio Pizzo, Libera Terra.
Le ‘ndrine dalla Calabria alla Germania. Dove se ne parlerà? Non nel profondo e dimenticato sud del Belpaese, a Napoli o a Palermo, bensì nel cuore dell’Europa “che produce”: in Germania, a Colonia, Land del Nord-Reno Westfalia. Quello stesso Land che viene descritto dalla Direzione Nazionale Antimafia come “sede di una base logistica molto importante della ‘ndrangheta”. Lo stesso in cui si trova Duisburg, dove cinque anni fa si realizzava la più grande strage di mafia mai vista fuori dai confini italiani. Lì, a pochi chilometri da Singen, dove la mafia calabrese era riuscita a replicare “lo stesso modello strutturale del territorio d’origine”, come viene scritto dai PM dell’operazione “Crimine” della DDA di Reggio Calabria.
Mafie in Germania, un dibattito marginale. Gli organizzatori lo dicono chiaramente che, nonostante per chi si occupa di crimine organizzato la presenza delle mafie (non solo la ‘ndrangheta) in Germania (non solo in Nord-Reno Westfalia) sia un dato ormai acquisito ed estremamente preoccupante, «il tema mafia e criminalità organizzata viene discusso in Germania solo marginalmente». A fronte di dati che parlano di cinquanta miliardi di euro ripuliti in media ogni anno dalle mafie in Germania, di oltre 290 ‘ndrine operanti su tutto il territorio tedesco, di più di 1.800 fiancheggiatori e di una legislazione che gli addetti ai lavori definiscono quantomeno “arretrata”, per chi è a conoscenza di tutto ciò, reagire è quasi un dovere. Da qui la scelta di impegnarsi in prima linea, di «raccogliere informazioni sul tema e di renderle disponibili al pubblico, di creare una coscienza critica verso la mafia e la criminalità organizzata attraverso il dialogo con i cittadini – spiegano gli organizzatori dell’iniziativa, nata nel 2011 dentro il percorso “Cultura della legalità”.
Antimafia internazionale. A fianco di questa, altre importanti attività, seppur ancora numericamente esigue, si sono sviluppate negli ultimi anni in direzione di una maggiore consapevolezza della presenza mafiosa in Germania. Petra Reski e Jürgen Roth scrivono regolarmente – lei giornalista, lui studioso – dei traffici della criminalità organizzata in territorio tedesco; alcuni importanti magistrati ed esponenti dei LKA (uffici di polizia statale) cercano di spiegare la complessità e pericolosità del fenomeno, dialogando con la società civile; quest’ultima si organizza: è il caso di “Cultura della legalità” ma prima ancora, cronologicamente, quello di “Mafia? Nein Danke!”. Fondata nel 2007 come rete di ristoratori italiani che si rifiutavano di pagare il pizzo e di essere considerati mafiosi, sull’onda dei pregiudizi del post-Duisburg, “Mafia? Nein Danke!” è stata una realtà capace di crescere, organizzandosi e costituendosi come associazione. Da anni, ormai, organizza eventi di informazione e momenti di studio a Berlino, dove l’associazione ha sede, così come in altre parti della Germania. Bianca Negri, la presidente, sarà ospite della tre giorni di Colonia, «un momento molto importante – dice – non solo per la sensibilizzazione del pubblico tedesco ma anche per il coordinamento delle varie associazioni e istituzioni italiane e tedesche impegnate contro il crimine organizzato in Germania». Proprio questo elemento potrebbe rappresentare il valore aggiunto di una iniziativa che già così ha del rivoluzionario: fare rete tra antimafia sociale e istituzionale sembra essere, sulla scia del modello italiano, un modo efficace di lotta al crimine mafioso. Di cui la Germania ha disperatamente bisogno, dice Negri, dato che «purtroppo, anche se qui la presenza dei clan è più che documentata, di mafia se ne parla ancora sussurrando…».
 

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