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Corruzione, costa all’Italia 10 miliardi di Pil l’anno

Di redazione il . L'analisi

Una tassa iniqua che inquina il Paese.  Questa l’immagine che Libera, Legambiente e Avviso Pubblico, hanno scelto per descrivere il fenomeno della corruzione nel dossier presentato oggi alla Federazione nazionale della stampa.  All’interno i costi della corruzione che gravano sull’economia del nostro Paese: circa 10 miliardi di euro l’anno in termini di Prodotto interno lordo, 50-60 miliardi di euro l’anno, invece, l’onere sul bilancio pubblico. Un fenomeno che coinvolge direttamente i cittadini: su 100, in 12 si sono visti chiedere una tangente.  A questi costi diretti vanno aggiunti quelli indiretti, legati al degrado etico e sociale: dalla delegittimazione delle istituzioni e della classe politica, al segnale di degrado del tessuto morale della classe dirigente, all’affermarsi di meccanismi di selezione che premiano corrotti e corruttori nelle carriere economiche, al dilagare dell’ecomafia.  Un fenomeno, quello della corruzione, che secondo gli italiani colpisce in particolare il mondo della politica, tanto che  in  67  su 100 ritengono che le tangenti siano una pratica diffusa tra i politici nazionali.

Chieste tangenti a 12% di italiani.  Dopo il saluto di Roberto Natale, presidente della Fnsi, che ha ricordato le responsabilità del mondo dell’informazione nel racconto di questo fenomeno e in parte nel circolo vizioso del sistema corruzione, il professor Andrea Vannucci, professore di Scienza politica dell’Università di Pisa, esperto del settore e già autore de “L’Atlante della corruzione” fonte di lavoro del dossier di Libera, Avviso Pubblico e Legambiente, ha raccontato le caratteristiche del fenomeno. «Una mega tassa occulta che impoverisce il paese sul piano economico, politico, culturale e ambientale – ha spiegato  – che non è ancora sufficientemente contrastata». Vannucci sottolinea che a fronte di 300 inchieste su casi di corruzione negli ultimi 4 – 5 anni, meno del 2% sono arrivate a condanna definitiva, e ancor meno a pene detentive.  In questi anni sono stati depotenziati tutti gli strumenti per combatterla e sanzionarla: dal falso in bilancio alla legge ex Cirielli, che incidono rispettivamente su uno dei reati collegati alla corruzione fra privati e sui tempi giudiziari delle inchieste per corruzione. Contestualmente cala la credibilità del nostro Paese e questo scoraggia gli investitori esteri. All’interno del Paese inoltre, questa tassa occulta crea disuguaglianze, massacra le politiche sociali, avvelena l’ambiente, tiene in ostaggio la democrazia. «Si tratta di una tassa  iniqua – spiega Vannucci – perché non incide su tutti alla stessa maniera, a pagarla sono soprattutto le fasce più deboli».  
I numeri e la “mappa” della corruzione in Italia. Secondo il rapporto presentato oggi sono ben 15 su 20 le regioni coinvolte nelle inchieste che riguardano la corruzione cosiddetta “ambientale” che interessa il ciclo dei rifiuti come l’abusivismo edilizio, le lottizzazioni come le bonifiche, i traffici e i riciclaggi. Indagini omogeneamente diffuse, visto che le 34 procure impegnate sono 13 del nord, 11 del centro e 10 del sud. Il maggior numero di inchieste si registra in Lombardia con 15, seguono con 8 la Calabria, la Campania e la Toscana. Ma il 37% delle ordinanze di custodia cautelare riguarda le quattro regioni a presenza mafiosa tradizionalmente più alta: Calabria, Campania, Sicilia e Puglia. Sempre la Calabria guida la classifica nazionale per numero di persone arrestate con 224 seguita da Piemonte con 210, Lombardia con 209, Toscana con 154 e Campania con 130 arrestati. E infine il costo complessivo delle scelte politiche fatte sino ad oggi: su 33 grandi opere nel triennio 2007-2010 il costo sostenuto dalle casse pubbliche è lievitato dai 574 milioni di euro previsti al momento dell’assegnazione dell’appalto, agli 834 milioni di euro con un aggravio aggiuntivo e inizialmente non previsto di 260 milioni di euro, pari al 45% del valore iniziale di aggiudicazione

Nessuna mediazione nella lotta alla corruzione.  «Ora basta: servono scelte chiare e nette, anzi categoriche – ha detto  don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione antimafia Libera durante la conferenza stampa di presentazione del dossier.  Come nella lotta alla mafia, non sono possibili mediazioni nella lotta contro la corruzione, che tiene in ostaggio la democrazia e si affianca all’emergenza etica. Ha parlato di etica e di civilizzazione, Ciotti, per richiamare non solo la politica, ma tutti i cittadini, alle diverse responsabilità in questa battaglia per la legalità. 

Ambiente e istituzioni nel mirino.  All’interno del dossier due importanti focus, sulla “corruzione ambientale” e quella interna alle pubbliche amministrazioni.  A parlarne il responsabile dell’Osservatorio sulla legalità di Legambiente, Enrico Fontana,  il presidente dell’associazione, Vittorio Cogliati Dezza e il coordinatore di Avviso Pubblico, Pierpaolo Romani. C’è un allarme sulla corruzione ambientale – ha detto Fontana: «dal 1 gennaio 2010 sono state 78 le inchieste relative ad episodi di corruzione connessi ad attività dal forte impatto ambientale, 15 le regioni coinvolte, 34 procure impegnate. Delle trecento inchieste che negli ultimi anni hanno tracciato la presenza della corruzione e i suoi effetti, all’interno del sistema economico – sociale nel nostro Paese, una fetta importante riguarda inchieste nate da indagini su reati ambientali e su corruzione nella pubblica amministrazione».  «Ad essere premiato – ha aggiunto il presidente di Legambiente, Cogliati Dezza – in un sistema così sarà sempre una imprenditoria che gioca sporco, che altera il mercato e che è spesso collusa con la criminalità organizzata. E questo non fa crescere il nostro Paese anzi lo impoverisce, ogni giorno di più». E di mafie e corruzione parla, nel suo intervento, anche il coordinatore di Avviso Pubblico Pier Paolo Romani ricordando che anche la “mappa” della corruzione emersa dal dossier sottolinea quanto stretto sia il legame fra i due fenomeni, che si rafforzano reciprocamente. Romani, da un lato ha ricordato i numeri della penetrazione mafiosa nelle istituzioni, anche attraverso lo strumento della corruzione ma dall’altro, ricordando i tanti amministratori in prima linea contro corruzione e mafie, ha invitato a  non generalizzare e a costruire risposte mirate a rafforzare la trasparenza della pubblica amministrazione. Su tutti, il codice etico, la Carta di Pisa, che impegna gli enti locali a dotarsi di alcuni strumenti anticorruzione e antimafie. 

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