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Colombia. Salvatore Mancuso e altri 13 narcotrafficanti estradati negli Usa

Di Silvia Balducci il . Internazionale

Nella lista dei 14 capi del paramilitarismo colombiano estradati nella notte tra lunedì e martedì, per ordine del presidente Uribe, c’è anche il nome di un noto narcotrafficante di origini italiane, Salvatore Mancuso. Dalle carceri di Itaguì (Barranquilla) e la Picota (Bogotà), i grandi capi della malavita colombiana sono stati consegnati, catena al collo, agli agenti Usa grazie al lavoro della Dia. Oltre a Mancuso, solo per citarne alcuni, anche Rodrigo Tovar Pupo, alias Jorge 40, Diego Fernando Murillo detto Don Berna (l’erede di Escobar a Medellin), Hernàn Giraldo, Gordolindo e Cuco Vanoy.

 

Il governo colombiano ha scelto di rimetterli alla giustizia americana. Se per i criminali in questione si tratti di vera malasorte è ancora prematuro da dirsi. E soprattutto resta il dubbio sulla sincerità della decisione del presidente Uribe, stretto nella morsa dell’ inchiesta sulla para-politica. L’accusa ufficiale alla base della decisone del presidente è quella di narcotraffico. I 14 avrebbero dunque continuato le attività illecite, disattendendo alla ley de justicia y paz, del 2006. Quest’ ultima tutelava i sopracitati boss dal rischio di estradizione, in cambio di collaborazione col governo. Ma dietro questa versione ufficiale dei fatti, potrebbe nascondersi dell’ altro. La decisione, infatti, arriva proprio nel momento caldo delle indagini sulle commistioni tra paramilitari e politica. Proprio Salvatore Mancuso, qualche giorno prima d’essere estradato aveva dichiarato in un’intervista alla giornalista Natalia Maria Springer, collaboratrice del giornale “El Tiempo” e consulente Onu, che la sua testimonianza avrebbe compromesso 70 congressisti. Adesso sarà la giustizia americana ad occuparsi di Mancuso, già nel mirino della stessa magistratura italiana. Il signore della coca, infatti, è da tempo saltato agli onori della cronaca internazionale per i suoi traffici tra America Latina ed Europa. Attraverso l’Italia ovviamente, ponte per lo smercio degli affari della ‘ndrangheta, il rispettabile clan della locride.

 

Salvatore Mancuso, figlio di un emigrante campano e in Colombia dal 1956, a lungo ha rifornito le piazze italiane gestite della ‘ndrangheta. Ma non solo. Grazie all’intermediazione della mala calabrese, anche mafia siciliana e camorra napoletana hanno mangiato nel piatto della coca made in Colombia, per poi spacciarla attraverso i network consolidati in tutta Europa. I calabresi però sono gli interlocutori privilegiati del narcotraffico colombiano, perchè ritenuti più affidabili. Tanti contanti e subito, rispetto degli accordi e soprattutto meno pentiti. Questo quello che è emerso dall’ “Operazione Tiburon” del 17 novembre 2006, condotta dalla Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria da cui sono usciti 76 mandati di arresto, di cui 23 all’ estero. 

 

Tra questi, al tempo c’ era anche il nome di Salvatore Mancuso, con l’intento di chiederne l’estradizione. Oltre alla coca però c’ è dell’ altro. Mancuso, signore della guerra, è infatti anche uno dei leader delle forze paramilitari Auc, Autodifesa Unita della Colombia, milizie paramilitari di estrema destra. Sul suo capo la responsabilità di oltre 300 assassini tra sindaci, sindacalisti, contadini ed indigeni nel nord del paese. Ora saranno i giudici americani a fare giustizia.

 

Proprio in questi giorni, intanto, i risultati di una maxioperazione anti ‘ndrangheta. Grazie agli esponeneti della cosca Sergi-Marando di Platì, cocaina, eroina e mariujana arrivavano in Italia dalla Colombia e dal Marocco. In seguito all’indagine sul traffico internazionale di stupefacenti, avviata nel 2005,  il Gip di Reggio Calabria, su richiesta dell Dda ha  emesso ben 48 ordinanaze  di custodia cautelare contro presunti appartenenti ad un clan affiliato alla famiglia della locride. L’organizzazione, secondo quanto emerso, aveva una fitta rete di affiliati ramificata sul territorio. La droga, dalla Calabria, veniva quindi ridistribuita in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, ma non solo.

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