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Confisca dei beni ai corrotti, serve applicare le norme

Di Antonio Maria Mira* il . Interviste e persone

«La confisca dei beni ai corrotti è possibile. La norma c’è, purtroppo applicata poco ma non è impossibile farlo. Noi lo abbiamo fatto». È quasi un appello quello di Francesco Menditto, procuratore a Lanciano, dopo essere stato per tredici anni giudice alla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Napoli. Tra i maggiori esperti di confische e sequestri, sui quali ha scritto numerosi testi. E forte di questa esperienza, nella piccola procura abruzzese ha sequestrato beni a corrotti, concussi e perfino a un evasore fiscale. Casi rarissimi. Da quando esiste la norma (Finanziaria 2007) in tutta Italia i sequestri sono stati appena 21, di cui due a Lanciano in meno di un anno. «Se sono stati così pochi qualcosa evidentemente non funziona», riflette il magistrato. «Non serve una nuova norma. Va solo migliorato lo strumento». E punta il dito, in particolare, sui tempi di prescrizione troppi brevi.

Procuratore, cosa non funziona?

Probabilmente non c’è sufficiente sensibilità. Noi a Lanciano abbiamo la regola per cui in ogni processo penale dove si può si fa il sequestro. Poi ci vuole del tempo per carburare una nuova legge. Infine non è facile fare indagini sulla pubblica amministrazione che infatti sono sempre di meno. Se renderanno difficili le intercettazioni si ridurranno ancora di più.

Ma c’è anche qualcosa che non va nelle norme?

Premetto che il ddl anticorruzione va approvato rapidamente e che, quindi, le modifiche non devono rallentarne il cammino, ma sicuramente andrebbero allungati i tempi di prescrizione. Perché se il reato è prescritto si deve restituire il bene confiscato. Si è perso solo tempo e fatto spendere soldi allo Stato. E a questo punto non vale la pena sequestrare…

Dunque?

Per questo sarebbe necessario allungare i tempi oppure prevedere che nel caso di estinzione del reato per prescrizione o per morte del corrotto, il giudice comunque provvede alla confisca dei beni, come avviene nei processi di mafia. E poi bisognerebbe intervenire nella fase successiva, prevedendo che i beni sequestrati ai corrotti seguano la stessa disciplina di quelli mafiosi, e siano quindi amministrati e destinati dall’Agenzia nazionale, soprattutto per garantirne l’uso a fini sociali.

Voi avete confiscato dei beni anche a un evasore fiscale…

Una legge del 2008 estende le misure di prevenzione dai mafiosi a chiunque vive col provento dei delitti. Noi abbiamo ragionato che vive del provento dei delitti anche l’evasore, non solo un ladro o un estorsore. Così a luglio abbiamo sequestrato 70 immobili a un imprenditore che da vent’anni evadeva le tasse. Ovviamente questa norma si può applicare anche ai corrotti e a tutti i reati dei “colletti bianchi”. E poi i sequestri fanno anche risparmiare la giustizia.

In che senso?

Noi facciamo i sequestri anche per recuperare le spese per le intercettazioni telefoniche. C’è, infatti, un’altra norma poco utilizzata, che prevede che per recuperare le spese di giustizia si può sequestrare i beni a mafiosi e corrotti in via cautelare, per pagare ciò che si è già speso. Una sorta di pignoramento per evitare che, visti i tempi lunghi dei processi, possano disperdere il patrimonio e non paghino nulla.

Sequestro strumento prezioso?

È preziosissimo e, quando è consentito, deve sempre andare di pari passo col processo penale perché è l’unico modo per colpire il delitto a monte e dire che il delitto non paga. Ha una funzione deterrente e di giustizia perché toglie il maltolto e lo usa a fini sociali. Lo dimostrano le difese molto attente, con avvocati di grido.

*tratto da l’Avvenire                                                           

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