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Le mani della Scu sulle energie rinnovabili

Di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia, Sicilia

Le mani della Sacra Corona Unita sul settore delle energie rinnovabili, un business che non poteva lasciare indifferenti gli uomini della mafia salentina. A far saltare il banco la denuncia di un imprenditore taglieggiato che ha denunciato dando il via alle indagini sfociate nell’ operazione “Helios” che ha consentito, grazie all’arresto di sedici persone, di colpire duramente il clan Buccarella. Ben tre generazioni di questo clan sono state interessate dal blitz, come ha evidenziato il procuratore capo, Cataldo Motta. Le ordinanze di custodia cautelare sono state firmate dal Gip distrettuale Alcide Maritati su richiesta del sostituto procuratore della Dda, Alberto Santacatterina.
Le indagini partono nel dicembre del 2009 quando il titolare di un’azienda messinese impegnata nella realizzazione di un campo fotovoltaico denuncia le richieste di pizzo da parte di Giovanni Buccarella (85 anni, padre del boss Salvatore, detto Toto Balla) e di Cosimo Giardino Fai. I due, arrestati in flagranza mentre riscuotevano una tangente di 18mila euro, vengono entrambi condannati: otto anni per l’ 85enne, sei anni e otto mesi per Fai che ha scelto di essere giudicato con l’ abbreviato. In seguito a questo episodio gli investigatori hanno acceso un faro sul ricco settore delle energie rinnovabili. Così, avvalendosi delle dichiarazioni di cinque pentiti, e soprattutto di intercettazioni, sono riusciti a concretizzare il loro lavoro.
Un’ intera famiglia impegnata nel controllo di questo settore, che si avvaleva della collaborazione di numerosi sodali e di un altro importante esponente della Scu brindisina, Francesco Campana.  Nella retata sono finiti il vecchio Giovanni, 85 anni, il figlio Salvatore che dalla casa circondariale di Secondigliano continuava ad essere il vero boss, il nipote Angelo figlio di Salvatore e anche le donne della famiglia accusate di avere fatto da tramite tra gli uomini detenuti in carcere e i gregari fuori, incaricati di gestire gli affari sul territorio. Facendo leva sulla sua forza intimidatoria, il clan Buccarella riusciva a imporre il pizzo alle aziende operanti nel campo delle rinnovabili, senza fare ricorso a bombe, incendi, o peggio ancora, morti ammazzati. Le estorsioni potevano consistere anche in assunzioni di sodali, o affini, con mansioni di guardiania nei cantieri per l’ impianto dei pannelli, o di manovalanza semplice. Una Sacra Corona Unita imprenditrice che riesce a sostituirsi allo Stato in un momento economico così difficile.
 Da qui il grido d’allarme lanciato dal procuratore capo, Cataldo Motta: “Lo Stato non è più in grado di dare lavoro, la mafia sì. Questo è il più potente degli strumenti di controllo del consenso sociale, insieme alla cento euro versata a fondo perduto dal boss di turno alla gente comune che ne ha bisogno”. “La prospettiva di conseguire grossi guadagni dalla presenza sul territorio delle aziende impegnate nel fotovoltaico e nell’ eolico – ha continuato Motta – aveva in qualche modo sedato ogni rancore tra i gruppi rivali”. Infine, il procuratore capo invita le vittime a collaborare, esprimendo una forte preoccupazione, in quanto le “aziende mafiose possono fare concorrenza sleale e prevaricare le imprese sane”. Il rischio, secondo Cataldo Motta, è che il Salento nei prossimi anni possa diventare “una terra mafiosa”.

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