Il rebus delle trattative tra mafia e Stato
Soltanto se si è lontani dalla politica (nel senso che si fa un altro mestiere, sia quello giornalistico ma in pochissimi casi, e soprattutto se ci si dedica alla ricerca storica) si può cogliere dalle audizioni di ieri degli ex ministri dell’Interno Scotti e della Giustizia Martelli, tutti e due ridotti ormai a vita privata, elementi importanti per capire che cosa è successo nel 1992-93. Martelli e Scotti, il primo delfino ai tempi del leader socialista Bettino Craxi, e il secondo attivo nella galassia democristiana poco prima della catastrofe e dello scioglimento della Dc nel 1993, hanno accusato apertamente Oscar Luigi Scalfaro, ai tempi presidente della Repubblica e Giuliano Amato, presidente del Consiglio dal 28 giugno 1992 al 28 aprile 1993, cioè per trecentoquattro giorni e dieci mesi come responsabili della regia che condusse “alla normalizzazione del rapporto con la mafia. Una regia – ha detto Martelli – che, con l’obbiettivo di fermare le stragi, passò anche per l’estromissione dall’esecutivo dei politici che avevano esagerato nel contrasto.”Più che una trattativa secondo l’ex delfino di Craxi, fu una “capitolazione”, un cendimento dello Stato di cui furono complici, per la vicinanza e la devozione del Capo dello Stato in quel momento sia Mancino che il capo della polizia Vincenzo Parisi.”
Di qui ora l’indagine della procura di Palermo sull’ex ministro Mancino per falsa testimonianza, sia quella sul capitano Mori e sugli altri ufficiali del ROS dei carabinieri. A sua volta l’ex ministro dell’Interno Scotti nella sua audizione alla commissione antimafia ha confermato le affermazioni di Martelli e ha dichiarato che venne sostituito con Mancino nel governo Andreotti successivo al governo Amato “perché interpretava la linea dura sul 41 bis e sulla nascita della Dia. Di qui la decisione del nuovo presidente del Consiglio Andreotti nell’aprile 1993 di nominare Mancino ministro dell’Interno e Scotti ministro degli Esteri, lontano anche per competenza dalle vicende ancora in corso a proposito dei rapporti tra mafia e Stato.
L’onorevole Lumia, membro anche oggi per il Partito Democratico della commissione Antimafia presieduta da Pisanu ed ex presidente della medesima commissione nella precedente legislatura,ha commentato positivamente, anche se con grande cautela, le affermazioni di Scotti e Martelli sulla trattativa- capitolazione dell’estate 1992, su cui possiamo peraltro citare riscontri oggettivi. Basta pensare al decreto del ministro della Giustizia Conso che sospende l’applicazione dell’articolo 41 bis per 304 mafiosi detenuti.
Che cosa dire a questo punto sulle audizioni di ieri e sulle “rivelazioni”(per usare un vecchio termine giornalistico che, tuttavia, hanno ricevuto scarsa attenzione fino ad oggi dai maggiori quotidiani del paese e questo conferma la diagnosi di chi scrive :abbiamo un’informazione malata!). Quale è il commento di fronte alla ricostruzione di quelle ultime trattative che dobbiamo alla memoria – a scoppio ritardato – da parte di due persone che fecero parte del governo Amato e furono quindi espulsi dalla politica(anche questo va detto per onestà ai fatti)?
A me, sulla base di tutti gli altri elementi di fatto che ora possediamo sui rapporti tra le grandi associazioni mafiosi e i governi repubblicani, e che rimontano a tempi assai più antichi di quelli ora richiamati, possiamo dire che la ricostruzione sembra attendibile anche se sommaria e bisognosa di altri particolari. Il ruolo del Capo dello Stato è da tempo essenziale nei rapporti della repubblica con l’esterno, quello esterno di cui fanno parte di sicuro le grandi associazioni mafiose. Ed è altrettanto certo che proprio allora si ebbe un accordo, come sempre provvisorio e ambiguo,tra l’esecutivo e la leadership dei corleonesi ai vertici della mafia siciliana. Non sappiamo né se tutti i punti del papello presentato da Riina al Ros e di qui a politici siano stati accolti e realizzati oppure no (alcuni, sicuramente, come abbiamo già visto), né soprattutto sappiamo quello che è successo negli anni successivi nel rapporto tra lo Stato, cioè anzitutto il potere esecutivo, e le grandi associazioni mafiose. Ma per capire meglio quello che è successo in questi ultimi vent’anni avremo bisogno, da una parte, di seguire con attenzione i processi sulle stragi ancora in corso a Firenze,Palermo e Catania, dall’altra di sperare che la crisi morale e politica italiana abbia una svolta e conquisti il governo una classe politica desiderosa della verità sul passato recente del nostro paese.
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