Il metodo è relativamente semplice: incrociare i dati dei consumi con quelli dei redditi. Risultato: verificare l’eventuale incongruenza tra tenore di vita e guadagni dichiarati, cioè l’evasione fiscale. Così hanno fatto i ricercatori del Centro studi Sintesi per stilare la classifica dell’evasione fiscale dei contribuenti italiani (presunta ma certamente non inventata …). Ad ogni provincia hanno attribuito un punteggio, più elevato se gli abitanti dimostrano una congruenza tra dichiarazione dei redditi e benessere economico, più basso per i territori in cui i dati economici mostrano un rischio evasione. Le aree più virtuose risultano essere nell’ordine: Trieste, Milano e Bologna. In fondo alla classifica troviamo alcune realtà della Sicilia: Ragusa, Catania e Agrigento. I risultati non sorprendono, se confrontati con altre ricerche precedenti.
Però dall’analisi dei dati emergono alcune significative novità. Ad esempio, gli indicatori di alcune province del centro-nord (in particolare della Lombardia) sono peggiorati in modo evidente. Alcuni esempi: Mantova ha perso 56 posizioni (dal 34° al 90° posto), Lecco 52 posti, Como 49, Varese 46, Cremona, Pavia e Ferrara 42. L’autorevole quotidiano “Il Sole 24 Ore” ha titolato in modo significativo: “L’allarme per il ‘nero’ fa rotta sulla Lombardia”. La regione più virtuosa è l’Emilia Romagna, seguita dal Friuli Venezia , dal Piemonte, dalle Marche e dal Trentino Alto Adige. In fondo alla classifica, dopo la Sicilia troviamo la Sardegna, la Calabria, la Campania e la Puglia. Il tasso di evasione fiscale resta comunque più elevato al Sud. Il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti ha recentemente dichiarato “guerra” all’evasione fiscale e i tecnici del Governo hanno stilato ben 19 profili dell’identikit degli evasori e delle tipologie di evasione della tassazione. Forse il metodo più efficace per ottenere risultati significativi potrebbe essere proprio quello utilizzato per realizzare la ricerca: mettere a confronto i redditi dichiarati con il tenore di vita. Bisognerebbe passare da una dichiarazione dei redditi ad una vera e propria dichiarazione patrimoniale (in parte lo è già).
Paradossalmente in Italia gli unici tenuti a fornire una dichiarazione patrimoniale sono i poveri, che per ottenere eventuali riduzioni o benefici debbono presentare l’ISEE. Chi è più ricco è esentato: lo Stato si accontenta di conoscere il reddito annuo. Purtroppo, l’approccio al tema della tassazione in Italia è molto individualistico. Ogni contribuente se la vede con l’Agenzia delle Entrate, ma non si tratta di una questione di interesse collettivo. Anzi, si invoca da più parti la privacy a tutela del contribuente. Ma è del tutto evidente che i soldi sottratti alla tassazione sono di fatto un furto ai danni di tutti i cittadini. Il sistema fiscale dovrebbe essere considerato come “solidarietà tributaria” e non andrebbe visto come un vampiro che succhia il sangue agli italiani (come ad esempio sostiene un autorevole giornalista ed economista come Oscar Giannino). Certo ci vorrebbe un fisco più equo, che applicasse a tutti i redditi il criterio di progressività stabilito dall’art. 53 della Carta Costituzionale: questo sarebbe il compito di una Politica degna di tale nome …
In attesa di una seria lotta alle disuguaglianze, sarebbe utile attuare la proposta che la Ficiesse (Associazione finanzieri cittadini e solidarietà) ha elaborato, chiedendo al Governo Monti di introdurre per ogni contribuente una “aliquota personale congrua”. L’Agenzia delle Entrate potrebbe e dovrebbe mettere a confronto i redditi dichiarati di ogni cittadino negli ultimi 20 anni con il patrimonio (mobiliare e immobiliare) posseduto, ovviamente tenendo conto delle successioni ereditarie. Da questa correlazione si potrebbe facilmente ricavare la percentuale di congruità tra ciò che si è dichiarato di guadagnare e ciò che effettivamente si possiede. I contribuenti onesti risulterebbero congrui a questa verifica e sarebbero esentati da ulteriori imposizioni fiscali. Gli evasori invece mostrerebbero un tasso di incongruità che sarebbe più elevato tanto più dispongano di patrimoni “ingiustificati”.
Adottando questo metodo la tassazione sarebbe più equa, perché lo Stato chiederebbe a ciascun cittadino di contribuire in modo molto specifico, in base alla fedeltà fiscale dimostrata fino ad oggi. Insomma, un modo che servirebbe anche a far pagare chi evidentemente finora non ha pagato o non ha contribuito in modo adeguato ai servizi per i cittadini e alle spese pubbliche.