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Rivarolo sciolto per mafia: ecco perché

Di Davide Pecorelli* il . Piemonte

Quando il comune di Rivarolo Canavese è stato sciolto per mafia, Fabrizio Bertot, sindaco della cittadina, ha commentato energico: “La decisione è inaspettata e assurda. Nessun atto dell’amministrazione è finito nell’inchiesta”. A leggere la relazione firmata dal Ministro dell’Interno Cancellieri, pubblicata poche settimane fa sulla Gazzetta Ufficiale, la decisione sembra tutt’altro che assurda. Ma andiamo con ordine. Alcuni mesi fa una commissione d’accesso prefettizia ha esaminato gli atti del Comune.

Tutto nasce dall’Operazione Minotauro dalla quale per Antonino Battaglia, segretario tuttofare del Comune e sponsor elettorale del Sindaco Bertot alle Europee del 2009, ne esce con un’accusa per voto di scambio. Battaglia, infatti, aveva organizzato un pranzo elettorale tra il gotha della ‘ndrangheta torinese ed il sindaco di Rivarolo. Il quadro che emerge dalla relazione della commissione è inquietante. La ‘ndrangheta nel canavese, responsabile negli anni di diversi omicidi, è riuscita ad influenzare la regolare attività della macchina comunale tanto da “presentare forze d’ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l’imparzialità dell’amministrazione, il buon andamento e il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per lo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica”. 

Tutto nasce da uno scambio. Le famiglie operanti nel territorio hanno tentato di condizionare l’amministrazione offrendo in cambio appoggio in occasione di consultazioni elettorali. Voti in cambio di scorciatoie nelle pratiche urbanistiche. E così si scopre che la rete dei calabresi non si attivò in favore di Bertot solo alle Europee del 2009, ma anche alle amministrative del 2008, elezioni che lo consacrarono Sindaco per la seconda volta. E non è stato il solo ad essere favorito dai voti della ‘ndrangheta. Anche un consigliere, poi eletto, è stato avvantaggiato dalle preferenze targate ‘ndrine. 

A Rivarolo, come a Leinì, lo scambio tra politica e malavita ruota attorno al mattone. Ed proprio sull’urbanistica e nei meccanismi attraverso i quali gestirla che insiste il documento stilato dalla commissione prefettizia. La giunta si sarebbe sostituita all’ufficio competente decidendo quali ditte far lavorare e cucendo addosso alle aziende interessate gare d’appalto. Numerose le gare pubbliche interessate da irregolarità vinte da ditte riconducibili alla ‘ndrangheta. Su tutti il caso di un centro polisportivo, definito “sintomatico” nel documento. Un lavoro per il quale erano state chiamate a competere – su scelta dell’amministrazione – 5 ditte nella quasi totalità riconducibili alla criminalità organizzata. 

Ma la criminalità organizzata ha lavorato a Rivarolo non solo nel pubblico. Anche per l’edilizia privata l’interesse è stato alto, favorito – anche in questo caso – dalla programmazione urbanistica del territorio, gestito con varianti al piano regolatore. La gestione dell’edificabilità di Rivarolo da parte della Giunta di centrodestra guidata da Bertot viene così definita: “la condotta dell’amministrazione….ha realizzato un sistema che ha posto in secondo piano il soddisfacimento dell’interesse pubblico generale e, di fatto, ha favorito persone legate alla criminalità organizzata”. 

Tutti i casi analizzati nella relazione del prefetto “hanno compromesso il regolare funzionamento dei servizi con gravi pregiudizio degli interessi della collettività”. Tutto per un pugno di voti.

* tratto da Acmos

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