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Genova serve interprete per processare i boss calabresi

Di Gianluca Ursini il . Calabria, Liguria

Rinviato ad ottobre il processo “Maglio 3” al tribunale di Genova per ripercorrere la storia delle infiltrazioni delle ‘ndrine in Liguria. Il motivo sembra banale, quasi una ironia della sorte, ma è emblematico di come questa mafia sia particolarmente insidiosa,  dell’alone di mistero che la circonda. Come se fossero esponenti delle Triadi, della malavita cinese, il giudice udienza preliminare di ‘Maglio’ ha ammesso di non capirci un’acca; non si capisce nulla delle intercettazioni. Semplicemente, le frasi rubate ai criminali dalle intercettazioni di carabinieri e Polizia della Lanterna e di ponente e Levante ligure, vengono scambiate in strettissimo dialetto della Piana di Gioia Tauro, o peggio della Locride. Nulla a che vedere con l’italiano; è un dialetto impenetrabile.

L’amministratore della giustizia statale si è arreso: serve un interprete per i calabresi. Rinviamo il processo ad ottobre; eh si perché i tempi tecnici non permettono di reperire un “interprete dal calabrese” in tempi brevi. Esistono liste apposite di tecnici e periti per ogni diverse attività tecnica predisposta dai giudici dei Tribunali, sia in sede civile come penale: interpreti dalle principali lingue europee, o interpreti dalle lingue extracomunitarie più presenti sul nostro territorio, come arabo o cinese, o Hindi. I Tribunali più corposi sono attrezzati per queste evenienze, così come esistono liste di periti geometri, architetti, ingegneri, contabili, commercialisti per le consulenze più disparate; ma nessuno mai, prima, aveva pensato a un interprete dal calabrese. Quindi il giudice dovrà stilare una lista di “esperti in materia”, non si sa in base a quali titoli, e selezionare l’esperto di “calabrese” (presumibilmente, un membro delle Forze dell’ordine di origini bruzie) al quale affidare la traduzione dei dialoghi incomprensibili.

In attesa che il nuovo perito, abile  a districarsi tra mezze frasi smozzicate a labbra storte, o pronunciate in fretta e furia lontane dai microfoni, possa concludere questo lavoro, il processo alle ‘ndrine liguri è stato rinviato di tre mesi; questo per quanto riguardava il rito abbreviato presso il tribunale genovese, di fronte al Gup Carpanini. L’esperto nominato dal Gup dovrà occuparsi sia di traduzioni calabrese – italiano che italiano –calabrese, come pure da dialetto calabrese ad altro, nel caso in cui parlino esponenti di clan provenienti da zone geograficamente non omogenee; nel Ponente ligure infatti, è massiccia sia la presenza di calabresi provenienti dai paesini preaspromontani del versante tirrenico (vedi il caso di Seminara, con i fratelli Pellegrino che infiltrarono il comune di Bordighera fino a portare il ministro degli Interni a decretarne lo scioglimento) che la massiccia presenza di clan vicini al capoluogo reggino (su tutti, gli Iamonte di Mèlito Porto Salvo, nell’area grecanica a 35 km da Reggio città), come sidernesi, gioiosani e locresi di dozzine di clan dell’alto Jonio reggino. Insomma, un vero e proprio interprete, come nei processi sulla criminalità internazionale, quando si devono interpretare dialoghi tra mafiosi di diverse nazionalità. In realtà non si tratta solo di tradurre meramente da un dialetto alla lingua, quanto di interpretare modi di dire ed espressioni idiomatiche tipiche del linguaggio esclusivo di chi è affiliato ad una società segreta, quale la ‘ndrangheta è, ispirata alla Massoneria ed ai Carbonari come statuto sociale, gerarchia dei gradi e liturgie e cerimoniali.

Si complica quindi l’identikit dell’esperto necessario al tribunale ligure, perché deve essere anche una persona addentro ai meccanismi e alle consuetudini criminali calabresi; solo gli esperti delle forze dell’ordine che hanno ascoltato ore di intercettazioni dei boss in Calabria, possono interpretare tutte le varie sfumature delle frasi dei calabresi di Liguria. Anche a loro tutela, perché una cattiva interpretazione potrebbe vedere degli intenti criminali in frasi che invece in determinati contesti hanno significati assolutamente innocenti. La scelta del Gup Silvia Carpanini, con incarico a decorrere dal prossimo 16 di luglio, potrebbe allora cadere su una esperta di intercettazioni, ausiliaria delle forze dell’Ordine, già in servizio presso la Distrettuale antimafia reggina, come riportato sulla stampa locale dall’ottimo cronista Giuseppe Baldessarro. La nuova interprete dovrà studiare tutte le intercettazioni riportate nella posizioni giudiziarie di 10 indagati, che hanno chiesto il giudizio con rito abbreviato.

L’indagine “Maglio 3” era stata portato a termine dai Carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (ROS) del capoluogo ligure, coordinati dai magistrati della Distrettuale Antimafia della Lanterna. Tra i destinatari di disposizioni di custodia cautelare anche il Capo Crimine per tutta la regione, quel Mimmo Gangemi di Reggio che era a capo del “locale” di Genova, e che in città sembrava un pacifico fruttivendolo con un capiente ed avviato esercizio; con lui in carcere anche Onofrio Garcea, altro mammasantissima di importanza apicale sul mar Ligure. Sempre per rimanere al “locale” (cellula territoriale di base delle ‘ndrine, ndr) genovese, altri destinatari di avvisi di garanzia erano Arcangelo Condidorio e Lorenzo Nucera. Come semplici “partecipi” del governo del “locale” ci sono poi imputati Raffaele Battista, Antonino Multari e Rocco Bruzzaniti (questi ultimi, locresi, agli arresti)e infine indagati a piede libero Rocco Lumbàca, antonino Fiumanò, Domenico Calabrese, Cosmo Gorizia e Mico Violi.

Secondo gli inquirenti invece, a Ventimiglia il boss responsabile del Crimine nel “locale” vicino la frontiera francese (insediamento storico della mafia calabra, già sotto il Fascismo fin dagli anni ‘30) era il sidernese Michele Circosta, con lui vennero arrestati nell’operazione Maglio dell’estate 2011 anche Francesco e Fortunato Barillaro (locresi), Benito Pepé e gli indagati a piede libero Peppe e Cenzo Marcianò. Nel “locale” di Sarzana (provincia della Spezia, al limitare con la Garfagnana in Toscana) secondo i militari del Ros i boss erano i reggini – grecanici Paolo Nucera e Antonio Romeo, fidi rappresentanti degli onnipresenti Iamonte di Mèlito Porto Salvo. Gli unici in questa lista di boss ad essere giudicati su loro richiesta, con il rito ordinario, sono stati i capi Paolo Nucera e Arcangelo Condidoro, al momento rinviati a giudizio. Nel processo in corso di svolgimento, quindi, viene rappresentata la mappa di tutti i “locali” di ‘ndrangheta sulla costa ligure, tra Levante, Capoluogo e Ponente e le ramificazioni nei diversi settori economici.

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