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Piemonte, dedicata a Graziella Campagna la cascina confiscata al boss Ciccio Pace

Di Rino Giacalone il . Piemonte, Sicilia

A Trapani controllava il ciclo della produzione del cemento, era proprietario senza comparire nemmeno come socio di minoranza di una azienda di produzione di calcestruzzo, la sua presenza era “garantita” dall’assunzione dei suoi figli che intercettati parlavano di come fare pubblicità a quell’azienda mostrando un interesse ben superiore a quello che può essere nutrito da dei dipendenti, quell’impresa un giorno aveva deciso di “sovvenzionare” l’acquisto di una ambulanza da donare, e i due fratelli parlando tra loro si preoccupavano che alla cerimonia fosse presente un fotografo così da farsi immortalare, loro due, con il prefetto e il vescovo. Francesco Pace l’imprenditore che aveva messo le mani sulla produzione del cemento a Trapani dal 2005 è in carcere, era l’imprenditore che per volere di Matteo Messina Denaro si era visto “incoronato” padrino e capo della cupola di Trapani. Un passaggio di consegne tra lui e il suo predecessore, Vincenzo Virga, sancito da un “pizzino”, “tutte le imprese con Pace”. Sconta una condanna a quasi 20 anni per mafia, nel frattempo è stato condannato a 5 anni per avere corrotto l’ex vice presidente della Regione, Bartolo Pellegrino, che dallo stesso processo è uscito con la dichiarazione di prescrizione, non sapeva che intascando la bustarella stava favorendo l’associazione mafiosa. Pellegrino al processo ha detto che conosceva Pace non lo frequentava e però aveva saputo dei suoi guai giudiziari e avendolo rivisto in libertà pensava che tutto era andato per il meglio. 
Non aveva torto l’ex vice presidente della Regione che, sfortunato com’è, si è spesso ritrovato amico di mafiosi, “a sua insaputa”: Ciccio Pace infatti aveva patito un arresto nel 1994, ma era uscito assolto e risarcito per ingiusta detenzione dallo Stato; con quei soldi risulta avere pagato la sua quota di proprietà di quell’impresa di calcestruzzi dove nel frattempo aveva messo i figli a lavorare. Ma solo quella impresa non gli bastava, ne voleva un’altra, la Calcestruzzi Ericina che era stata di proprietà del suo predecessore, Vincenzo Virga, e questi però l’aveva avuta confiscata. Pace allora cercò di farla fallire questa impresa che faceva concorrenza alla sua, poi utilizzando un funzionario del Demanio, Francesco Nasca, anche lui arrestato e condannato (in primo grado, è in corso l’appello), cercò di comprala per una manciata di euro. Tutto questo stava accadendo se di mezzo non si fosse messo un prefetto, Fulvio Sodano, che sventò l’assalto della mafia alla Calcestruzzi Ericina e per questo il Governo dell’epoca, era il 2003, per ringraziarlo in 24 ore lo trasferì via da Trapani. Don Ciccio Pace intercettato era stato spesso sentire dire male di quel prefetto, e don Ciccio sperava che presto fosse portato via da Trapani. Questo accadde. Ma oramai il prefetto Sodano aveva messo un iter in moto, Pace è finito in carcere e la Calcestruzzi Ericina si è salvata, merito anche degli operai che vi lavorano ancora oggi, degli amministratori giudiziari, di magistrati e di poliziotti e di un sacerdote, don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera che ha fatto da garante, ma non solo, per fare riconvertire l’impianto dell’impresa. Ciccio Pace ha avuta confiscata l’impresa che controllava, la Sicilcalcestruzzi ma non solo. 
Il padrino aveva anche una cascina in Piemonte.  Il Tribunale di Trapani l’ha confiscata e l’ha assegnata al Comune di Moncalvo. Oggi il bene confiscato che torna “vivo”, la società civile ha una nuova proprietà da gestire, tolta alle mafie e alla mafia trapanese in questo caso. C’è un progetto pronto per ristrutturare la cascina ma intanto qualcosa si può cominciare a fare. L’Associazione Rinascita e il Coordinamento provinciale di Libera, hanno indetto la manifestazione «Cum grano salis». Un pomeriggio di festa presente don Luigi Ciotti. Sarà anche l’occasione per ricordare Graziella Campagna, la ragazzina siciliana uccisa nel 1985 dalla mafia a colpi di lupara per aver rinvenuto nella lavanderia in cui lavorava un biglietto dimenticato da un mafioso nelle tasche dei pantaloni. A Graziella Campagna è dedicata la cascina. Verrà illustrato un progetto agro-alimentare di Nova Coop, poi gli ingegneri William e Omar Carucci e l’architetto Ivan Schiavetto dello Studio AI2 di Asti illustreranno il recupero edilizio del costo di poco meno di mezzo milione di euro (a loro tre andrà una parcella di 1 euro) che consentirà di destinare parte della cascina a una quindicina di donne vittime di violenze o di dipendenze da alcool e droga. «Al momento abbiamo a disposizione 210 mila euro e ci serve il sostegno di enti e privati per completare i lavori» precisa, rispondendo ad un giornalista de La Stampa di Torino, Liliana Maccario, referente di Libera per “Cascina Graziella”.
 

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