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Errori di costruzione e l’ombra della camorra

Di Antonio Maria Mira* il . Emilia-Romagna

Proprio di fronte al capannone di Bondeno, che nel crollo ha ucciso un operaio marocchino, c’è la caserma dei carabinieri. Inaugurata nel settembre 2011 non ha avuto alcun danno. A costruirla sono stati due giovani imprenditori campani, Francesco Piccolo e Raffaele Cantile, che da più di dieci anni lavorano nel Modenese e che da due vivono sotto scorta, per aver denunciato gli estorsori che vengono proprio dal loro  paese, Casapesenna nel Casertano, patria del boss del “casalesi”, Michele Zagaria, che nel Modenese fa da anni grossi affari. Anche loro sono rimasti stupiti dai crolli dei capannoni.

Quelli costruiti dalla loro impresa non hanno avuto problemi, così come gli appartamenti, le villette (una l’hanno messa a disposizione degli sfollati), la caserma dei vigili del fuoco a Bondeno e gli spogliatoi del campo sportivo a Sant’Agostino, l’altro paese duramente colpito. Proprio per questo sono subito andati a ispezionare i capannoni collassati. E qualche idea se la sono fatta. Non hanno prove che dietro ai crolli vi sia la mano della camorra che risparmia sui materiali, sul cemento e sull’acciaio. Come avviene dalle loro parti. «Qui se fai male il lavoro, vai a casa, da noi purtroppo no…». Però, aggiungono, «sicuramente c’è stata una sottovalutazione del rischio sismico. Purtroppo in queste zone la legge antisismica è stata applicata un po’ in ritardo».

Già perché, ci spiegano, «i capannoni devono rispettare le stesse norme delle abitazioni». In particolare le fondazioni che, «in base ai sondaggi geologici vanno poste tra 2,5 e 3,5 metri di profondità secondo la qualità del terreno. Perché il problema della resistenza di una struttura al terremoto parte proprio dal terreno. Basta sbagliare «e viene giù tutto». Proprio come successo domenica. E allora qualche dubbio lo hanno anche loro. «Certo quello che abbiamo visto pone una domanda sui progetti, ma toccherà alla magistratura accertarlo». Una certezza, invece, ce l’hanno. «Alcuni capannoni sono crollati perché la scossa ha fatto ribaltare le grandi pile di mattonelle accatastate e i macchinari ancorati ai pali di sostegno, che così, collassando, si sono portati dietro l’intera struttura, come il carro-ponte che abbiamo visto in uno dei capannoni».

Un colpevole  errore? «L’esperienza ci ha insegnato a non ancorare i macchinari al fabbricato», spiegano Francesco e Raffaele che, però, vengono da una terra, la Campania, sicuramente molto più sismica della pianura Padana. «Lo ripetiamo, qui c’è stata una sottovalutazione del rischio. Ora le aziende di ceramiche e meccaniche, quelle più colpite dalla scossa, dovranno attrezzarsi a fare in un altro modo». E qualche consiglio, in previsione della ricostruzione, ce l’hanno già pronto. «Bisogna prevedere due strutture, una dentro l’altra. Una che contiene macchinari e materiali, l’altra che protegge». Ma ora toccherà soprattutto rimboccarsi le maniche. «La crisi c’è e anche forte. Soprattutto per gli appalti pubblici. Così c’è chi, pur di vincerli, fa ribassi assurdi e poi magari lascia il lavoro a metà».

Anche perché la camorra, o chi per essa, continua a essere una presenza asfissiante. «Il pizzo c’è ancora, eccome. E c’è anche chi cavalca l’onda e si spaccia per i “casalesi”». Quelli veri loro li hanno portati alla sbarra. Prima udienza l’11 giugno al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Proprio contro Zagaria e i suoi scagnozzi. «Noi ci saremo», assicurano.

*da L’Avvenire

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