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Giusy Pesce si racconta nel processo “All Inside” contro la sua famiglia

Di Anna Foti* il . Calabria

Lei si chiama Giuseppina e ha scelto di esercitare la sua facoltà di discernere cosa è giusto da cosa è sbagliato. Questa facoltà, che potrebbe essere pane quotidiano per ogni cittadino libero, a lei costa cara poiché l’ha portata ad essere la principale accusatrice della sua stessa famiglia, nel processo in cui lei è comunque imputata. La sua storia è nota in tutto il paese perché Giusy Pesce ha avuto e ha coraggio di sfidare, di rompere e scardinare la cappa mafiosa in cui è cresciuta a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria.

Non vorrebbe tornare a fare da staffetta tra chi è dentro e chi, della sua famiglia di ‘ndrangheta, è fuori dal carcere ma vuole cambiare vita, vuole fare la cosa che ritiene giusta, vuole collaborare per ricominciare. Lei lo fa per i suoi tre bambini, i suoi figli, in realtà lo fa per tutti i figli onesti di questa martoriata terra. E’ una mamma di trent’anni che, come ogni mamma, vorrebbe per i tre figli un futuro migliore in un paese in crisi. Le sue preoccupazioni, tuttavia, travalicano di gran lunga quelle da cui ogni mamma è giustamente assorbita, perché Giuseppina non vuole solo un futuro migliore ma vuole un futuro diverso per i suoi figli.

Giusy è figlia del boss Salvatore Pesce, sorella di Francesco, cugina di Ciccio “u testuni”, tutti familiari che lei stessa ha fatto arrestare, ella ha dunque un cognome che pesa e ormai sa bene che non deve affrontare solo un avvenire incerto in un paese in difficoltà ma sa che deve prima di tutto strappare i suoi figli ad un destino segnato dalla loro appartenenza ad una famiglia mafiosa. Giuseppina Pesce dopo il suo arresto nel 2010, nonostante le pressioni, i ripensamenti, la fuga dalla località segreta dopo l’ingresso nel programma di protezione in quanto collaboratrice di giustizia, poi le nuove pressioni della madre e della sorella, le recenti insinuazioni dello zio Giuseppe Ferraro detenuto in regime di 41 bis, sta continuando a collaborare con gli inquirenti; sta ricostruendo dolorosamente la sua vita in Calabria, la sua infanzia e la sua adolescenza rubate, il suo matrimonio con Rocco Palaia, sta collaborando per dire quello che sa sugli affari della sua famiglia, reggente nel rosarnese.

Parole di condanna le riserva la sua famiglia, per la scelta di stare dalla parte dello Stato; ma solo parole che Giuseppina rispedisce al mittente mentre, scortata, da ieri sta deponendo da Roma in video conferenza nel delicatissimo processo “All Inside” in celebrazione a Palmi, in provincia di Reggio Calabria contro i presunti affiliati alla cosca rosarnese dei Pesce e che vede anche lei imputata. I contenuti delle sue collaborazioni hanno già consentito numerosi arresti dei suoi familiari ed il sequestro di beni (224 milioni di euro) di quella che è la sua famiglia di sangue ma, come è evidente, non di valori. 

I valori di Giusy sono altri e puliti e sono quelli in ragione dei quali ha detto no all’omertà e sì al coraggio di perseguire la Giustizia e la Libertà dall’oppressione mafiosa. Ieri otto ore di sofferta deposizione. Sarà sentita per tutta la settimana e sarà chiamata a confermare nelle sede processuale gli elementi, i fatti e le circostanze già riscontrati dagli inquirenti. Una scelta coraggiosa che è speranza per i suoi tre bambini, certamente. Una scelta che anche ha il sapore di una libertà possibile per l’intera Calabria e non soltanto.

* da www.reggiotv.it

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