La mafia non è un party
I vezzi siciliani. Si grida allo scandalo in risposta a chi avverte che la mafia non fa parte del passato della Sicilia. Si piange e si celebra chi anche per avere lanciato questo avvertimento ha pagato con la propria vita. Poi si ritorna a dire che Cosa Nostra non c’è perché oramai sconfitta. E invece di discutere seriamente di come stanno le cose con la mafia alla fine c’è chi pensa di fare marketing, di organizzare feste. Non si può fare commercio o allietare le serate utilizzando modelli mafiosi, perché la mafia è morte. In Sicilia questo accade.
E’ successo e continua a succedere che nei luoghi turistici vengano messe in bella mostra lugubri magliette con i volti di padrini, mafiosi, con stampate lupare e altre cose di questo genere. Nonostante si invitino gli esercenti a richiedere e mettere in vendita le magliette con magari stampati i colori di questa terra, le bellezze naturali, il voto del “padrino” resta in vetrina. E’ successo, a Trapani, che anni addietro, speculando addirittura su fondi pubblici, vennero create delle etichette dal chiaro simbolismo, come “baciamo le mani”.
Adesso l’ultima novità arriva dalla Sicilia Orientale. Perfettamente in linea con quella etichetta. In uno dei locali più conosciuti e frequentati della provincia di Catania, Villa Paradiso dell’Etna, si organizza una festa dal titolo “Baciamolemaniparty” con tanto di sottotitolo che evidenzia i VOSSIGNORIA e i MAMMASANTISSIMA. Per chi non sapesse il significato del termine Mammasantissima, nel gergo della malavita, in particolare della mafia, questo termine indica un pezzo grosso, un capo indiscusso e venerabile come la Madonna.
Al solito accade che simili cose non suscitano pubblico scandalo e tocca parlare sempre a chi ha conosciuto la protervia mafiosa, quasi che si tratti di questioni private, ma ovviamente non è così. “Da siciliani, da figli di un uomo ucciso dalla mafia a Catania il 9 novembre 1995, l’avvocato Serafino Famà – scrivono Flavia e Fabrizio – proviamo sgomento, delusione, orrore nel pensare che ci sia ancora nella nostra terra gente che ritiene la criminalità e i suoi personaggi dei simboli da imitare in un party mondano. Quella stessa terra che lo scorso 7 aprile ha intitolato una piazza a mio padre, lo dimentica, lo uccide un’ennesima volta. La nostra amata Sicilia è martoriata e per lei tante, troppe vittime sono cadute, pensiamo a Beppe Montana, a Roberto Antiochia, a Francesco Vecchio, a Pio La Torre, a Carlo Alberto Dalla Chiesa, a Giovanni Falcone, a Paolo Borsellino, a Peppino Impastato, a Rosario Livatino, solo per ricordarne alcuni, e mi stringo alle loro famiglie in questo momento. Non è solo un party, di per sé di cattivo gusto, ma un messaggio che si lancia ai giovani, un modo di far credere che coppola e pizzini, che peraltro si invita ad indossare alla serata, definiti quali “accessori che rispecchiano la sicilianità”, siano solo divertente folklore da imitare e non parte integrante di una becera mentalità di violenza, prevaricazione, sopraffazione del più debole, ripudio delle regole, odio. La mafia uccide, chiede il pizzo, controlla e condiziona la democrazia ed il nostro vivere quotidiano, ci priva della libertà”.
Flavia e Fabrizio Famà rivolgono un invito alle “Istituzioni territoriali, al Presidente della Provincia, ai Sindaci dei comuni interessati, al Questore e a tutti i nostri conterranei, a prendere una posizione netta e chiara su quali siano i modelli da consegnare ai giovani e chiediamo alle Autorità Competenti di valutare la sussistenza dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume. La storia della Sicilia da tramandare, da imitare, dovrebbe essere quella di chi si è battuto per la legalità, per la giustizia, per l’uguaglianza, per una società migliore per tutti noi, quella della gente onesta che giorno per giorno fa il proprio dovere. La Sicilia della cultura, di personaggi come Giovanni Verga, Leonardo Sciascia, Luigi Pirandello, Andrea Camilleri, esempi di una terra che sa esprimere la bellezza dei valori morali ed è questa che sentiamo appartenerci, questa quella che noi vogliamo ricordare”.
Sgomento e sconcerto arriva anche da Libera. “Veniamo a conoscenza con dolore e inquietudine della Decima Festa del Paradiso dell’Etna a San Giovanni La Punta (CT) denominata “Baciamo le mani Party”, descritta nel comunicato promozionale come uno “sbeffeggiare simpatico, con un ritorno al passato […] di quella Sicilia rurale, feudale, contadina di stampo prettamente agricolo che poi esportò fuori dai confini tante illustri personalità ma anche alcune particolari caratteristiche fatte di VOSSIGNORIA e di MAMMASANTISSIMA”. Noi – in nome di tutte le vittime della mafia e dei loro parenti che rappresentano la parte migliore della storia del nostro Paese – crediamo che ci sia davvero poco di simpatico nel riaggiornare il mito della peggiore Sicilia criminale e ci vergogniamo del riferimento iconico alla “sicilianità con […] Coppola, Gilet, Camicia Bianca e pizzini”. Il nostro auspicio è che tali manifestazioni di colpevole nostalgia non abbiano seguito presso la larga parte di cittadinanza che crede nel valore della Memoria”.
Risposte. Ancora più incredibili dell’inizaitiva. I promotori hanno risposto sottolineando che “l’evento si preannuncia già seguitissimo” e mettendo le mani avanti: “La festa sarà un modo ironico e irriverente di vedere la nostra Sicilia. Al suono delle note languide e struggenti di Nino Rota sui titoli di coda del film Il Padrino, il Paradiso dell’Etna, sabato, rispecchierà tutti i colori del Made in Sicily». Appunto il made in Sicily. Se diciamo che la mafia è nata qui veniamo sgridati. Per fare feste come queste in una terra che ha conosciuto e continua a conoscere la violenza mafiosa, dicendo, per ridere (sic) che qui è nata la mafia, nessuno si offende. O quasi nessuno. Addirittura l’ironia si è completata con quell’invito a vestirsi in un certo modo, coppola, gilet, camicia bianca e pizzini.
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