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Reggio Calabria, le dimissioni dell’assessore Tuccio

Di Gianluca Ursini il . Calabria

“Oggi si è scritta una pagina nobile nella storia della nostra città”. Testuale. Un ribaltamento senza precedenti, da meritare gli applausi, per il neosindaco di Reggio Calabria Arena, che ha così descritto le dimissioni per parentele mafiose dell’assessore Luigi Tuccio della sua Giunta. “Dimissioni non volute”, secondo il sindaco, e da tutti i componenti della Giunta rifiutate fino a giovedì 22 marzo passato, ma che lo stesso, figlio di un giudice antimafia, avrebbe presentato sua sponte, nonostante avesse garantito fino all’ultimo il contrario. Tuccio si vedeva come un agnello sacrificale di “una campagna di stampa mirata a denigrare il presidente Scopelliti” (che in Giunta lo aveva fortemente voluto), ma alla fine si sarebbe dimesso, questa la versione ufficiale Pdl, per non “mettere sotto la linea di fuoco” l’amministrazione comunale, già da 3 mesi sotto la lente d’ingrandimento degli ispettori del Ministero Interni, per sospette infiltrazioni mafiosi nella macchina comunale; nell’ordine dei clan Libri e  Borghetto – Zindato, che per la Dda reggina avrebbero espresso il loro politico di riferimento nel consigliere Pino Plutino (agli arresti dal 22 dicembre nell’operazione ‘Alta tensione 2’) e per sospette infiltrazioni del clan Tegano, legatissimo ai De Stefano, che dalle inchieste ‘Archi’ del giugno 2011 e ‘Astrea’ di ottobre, avrebbero disposto a piacimento della municipalizzata più ricca del comune dello Stretto, la ‘Multiservizi’.

L’operazione “Lancio”
Tuccio era stato invitato alle dimissioni dalla minoranza Pd in consiglio comunale, orchestrata dal neo acquisto democrat Massimo Canale (transfuga dal Pdci e candidato a sindaco sconfitto nel maggio scorso), a seguito della operazione “Lancio” dei Carabinieri dello Stretto del 12 marzo passato, nella quale 16 presunti mafiosi sono finiti in manette per aver fiancheggiato la latitanza del più pericoloso boss calabrese, Domenico Condello, alias Micu u Pacciu, cugino di Pasquale U supremu, il più efferato killer di ndrangheta nella storia della mafia calabrese.

Tra le persone colpite dai fermi richiesti dal pm Giuseppe Lombardo, in una rete familiare di compagne (Margherita Tegano, dell’omonimo clan di Archi di Reggio), le germane Giuseppina e Margherita dello stesso latitante, oltre a vari prestanome di Domenico Condello, figurava infatti Giuseppa Santa Cotroneo, madre di Giampiera Nocera, terza e attuale compagna dell’assessore Tuccio, che doveva riferire giù lunedì scorso 19 marzo, in aula consiliare sul tema.
La discussione su queste parentele imbarazzanti è stata in seguito rinviata, perché il sindaco Demi Arena aveva avuto bisogno di convincere il suo unico membro tecnico in giunta a fare un passo indietro. La Cotroneo, suocera del politico, aveva offerto riparo alla latitanza del boss in un casolare della contrada Bolano di Catona, vicino Villa san Giovanni, di proprietà del marito Antonino Nocera.

Nel rifugio, scoperto dai Reparti operativi speciali dell’Arma di Reggio nel gennaio 2011, vi erano due pizzini del boss ricercato per plurimo omicidio, indirizzati alla suocera del politico Pdl, ex An.
“Cara commare, vi ringrazio per la vostra ospitalità, per quanto riguarda le cose che mi avevate regalato per la mia visita, le lascio qui, potrebbero essermi utili in seguito”. Un pizzino che non lasciava dubbi sulla disponibilità della signora Cotroneo in Nocera, per le attività criminali del clan Condello; clan al quale era legata da vincoli di sangue, perché la figlia Bruna (sorella maggiore della compagna dell’assessore) risulta coniugata da 20 anni a Pasquale Condello, fratello del latitante, e omonimo e cugino de U Supremu, il fondatore della cosca.

Un pentito della famiglia Buda di Villa San Giovanni, Pasquale, ha in seguito dichiarato ai giudici della Dda reggina: “quel covo è stato usato per anni come arsenale del nostro gruppo, vi abbiamo anche lasciato per mesi una Fiat bianca usata per un agguato”.
Giuseppa Santa Cotroneo inguaia così con le sue parentele imbarazzanti il Pdl; si, perché oltre alla figlia minore Giampiera, avvocato 31enne con parecchi incarichi al comune reggino, sotto inchiesta per infiltrazioni mafiose, e a Bruna, coniugata con un pezzo da novanta come Pasquale Condello, a sua volta cognato del boss Nino “nano feroce” Imerti, con il quale venne arrestato nel lontano 1993, completa il quadro della famiglia Nocera – Cotroneo una germana intermedia, Maria Grazia, che purtroppo per l’amministrazione Pdl della città dello Stretto, è sposata con Massimo Pascale, per 8 anni segretario amministrativo nell’ufficio del Capo di Gabinetto dell’allora sindaco Giuseppe Scopelliti. Pascale ha seguito Scopellliti dopo la trionfale elezione a governatore calabrese nel 2010, e da un anno lavora come suo segretario personale in Regione.

Gli incarichi della cognata del boss in Comune
A peggiorare il quadro, e a far sì che tutta l’amministrazione comunale abbia pregato l’avvocato Tuccio perché facesse un passo indietro, ci si sono messi alcuni particolari imbarazzanti svelati dal “Quotidiano di Calabria”, che ha ricostruito l’incarico procacciato dall’assessore dimissionario alla compagna Giampiera: per due anni componente del Cda di una municipalizzata, la “Fata Morgana” (settore: riciclo carta da rifiuto), con gettone di presenza per ogni riunione consiliare di 3.750 euro. Un introito di oltre 40mila euro annui sicuri; oltre a decine di incarichi professionali all’avvocato Giampiera per difendere il Comune in diversi contenziosi, più di 20 nei soli primi 3 mesi del 2010. Circostanza imbarazzante, se si pensa che uno dei due pizzini del boss latitante a mamma Giuseppa era di felicitazioni alla “commare”, per la laurea della terzogenita. La vicenda potrebbe essere interessante per gli investigatori ministeriali poi, in considerazione del fatto che il super pentito  Roberto Moio, lo scorso ottobre, aveva indicato la municipalizzata “Fata Morgana” come “cosa della cosca Zito Bertuca”, che esercita il proprio dominio criminale su Villa e Catona, la zona dove si trovava il casolare in cui il boss si era nascosto. Infine, particolare non da poco, Giampiera Nocera era una delle fondatrici, con atto costitutivo presso il suo studio legale, della lista “Scopelliti Presidente” che ha fatto il pienone alle amministrative reggine del 2011, ma soprattutto nelle precedenti consultazioni regionali del 2010, proiettando l’ex sindaco reggino sulla poltrona più ambita a Catanzaro.

Imparentato “a sua insaputa”
Ma a imbarazzare di più il Pdl erano state le scuse addotte dall’assessore il giorno dopo l’operazione, in cui Tuccio annunciava amore eterno per la compagna, vittima di questi legami familiari (“all’epoca dell’arresto del cognato la mia compagna aveva solo 11 anni!”, tuonava sdegnato il politico), dei quali egli stesso si dichiarava assoluto inconsapevole. “Ho appreso dall’ordinanza odierna – questo la linea difensiva – che il cognato della mia compagna sarebbe ristretto in un penitenziario del Nord”. Per la precisione a Varrazze in Liguria; con un piccolo particolare: Pasquale Condello come detto, è stato catturato nel 1993. Le scenette familiari dell’assessore che, educato e imbarazzato, ad ogni festa comandata non osava chiedere al resto della famiglia acquisita dove si trovasse quel cognato al quale veniva riservato un posto vuoto a tavola, stanno impazzando in rete e negli sketch dei comici locali. Ma per il governatore Scopelliti e per il sindaco reggino Arena, al momento, c’è ben poco da ridere della difesa del pro
prio assessore, una “performance” che fa impallidire la casa comprata a insaputa del beneficiario, di Scajolesca memoria.

Volano stracci
Ma Tuccio non ha rinunciato a togliersi dei sassi dalle scarpe, rimettendo il suo mandato: in conferenza stampa, ha lasciato attoniti ex colleghi di Giunta e giornalisti presenti con un duro attacco al suo principale antagonista, Maso Canale. “Fino a un mese fa, mi aveva indicato come baluardo di legalità all’urbanistica, che prima del mio arrivo era stata colpita da 5 arresti di funzionari e dirigenti per mazzette! .. forse avrebbe fatto meglio a stare zitto, considerato che da ragazzi le porte di casa mia e quelle di casa di mio zio erano aperte per Massimo e sotto il portone di casa nostra si trovavano i poliziotti delle scorte per mio padre, giudice in diversi processi ai clan della Piana, mentre sotto l’ufficio di suo padre (noto costruttore, ora deceduto, che non potrà dire nulla a sua discolpa, ndr) si notavano le code di Mercedes classe C blindate di imprenditori in odore di mafia”. E Tuccio non si è fermato: affermando di non volere “cadere nella cultura del sospetto, e della mafia acquisita per proprietà transitiva”, ha proseguito: “non chiederò qui dei consiglieri regionali del Pd con i genitori processati per 416 bis, né chiederò conto delle figlie di esponenti di primo piano della sinistra, che convivono more uxorio, con figli di boss di ndrangheta di spessore”. Come a dire, io so stare zitto, mentre altri non lo hanno fatto. Le denunce esposte dall’ex assessore non possono al momento trovare conferma in atti giudiziari.

Il dolore maggiore per questa vicenda, resterà nel cuore del giudice Tuccio padre, Giuseppe, al momento degente in una clinica privata, e negli anni ’80 e ’90 giudicante al Tribunale di Palmi in diversi processi alle ’ndrine. Con una coda involontariamente sarcastica. In pensione dal grado di presidente di Sezione di Cassazione, il giudice Tuccio senior ricopriva ora il ruolo di Garante dei detenuti per la Regione Calabria. Quindi, dal 12 marzo, sarebbe anche garante dei diritti da detenuta, della consuocera del suo figlio maschio.

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