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È l’ora di indignarsi

Di Angela De Lorenzo il . Calabria

“È l’ora di scuotere le coscienze, di indignarsi, di tornare ad essere liberi di parlare e di vivere. Liberi di giocare come non è stato permesso di fare ad un bambino come mio figlio”. L’appello arriva dal sagrato di piazza Duomo nella prima soleggiata mattinata di primavera. È il 21 marzo, il giorno che ‘Libera – associazioni nomi e numeri contro le mafie’ dedica alla memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie. La voce  è quella di Giovanni Gabriele, papà di Domenico, il bambino ucciso proprio a Crotone in una sera di giugno del 2009, mentre giocava su un campo di calcio, proprio insieme a quel papà che ora chiede alla città, ai giovani prima di tutti gli altri, di reagire. “Non è facile parlare di tutto questo per me – ha detto Giovanni mentre in piazza regnava un silenzio assoluto – ripercorrere l’inferno di quella sera”. Non è facile, ma Giovanni, si sforza, ci riesce perché sa di farlo per un obiettivo nobile, l’unico che possa dare un senso alla morte del suo unico figlio: scuotere le coscienze, parlare ai cuori della gente per far capire che la legalità è l’unica strada possibile per vivere dignitosamente in questa terra. 
Riuscirci non sembra semplice, nemmeno in questo soleggiato giorno che inaugura la primavera, quando ad ascoltare le parole di Giovanni c’è una piazza Duomo un po’ spoglia di studenti ed autorità che dovevano essere in tanti, ma che sono arrivati in pochi rispetto alle aspettative del coordinamento provinciale di ‘Libera’, che ha organizzato la manifestazione a livello locale dopo aver preso parte a quella nazionale che si è svolta il 17 marzo a Genova, troppo pochi rispetto alla portata del problema e alla ferita ancora fresca delle vittime che il territorio ancora piange. 
I ragazzi degli istituti scolastici coinvolti all’iniziativa hanno raccontato con le loro parole la triste storia delle vittime di mafia che hanno studiato nell’ambito dei laboratori dedicati al tema della legalità, ma la storia di Domenico Gabriele è stato il padre a volerla raccontarla. “Quella sera – ha detto Giovanni con lucidità e coraggio – mi sono ritrovato il sangue di mio figlio tra le mani. La mafia mi ha tolto la gioia di essere padre, mi ha tolto il mio unico figlio, il mio bene più grande. Mi rivolgo a voi giovani: scegliete la strada della legalità, non lasciatevi ingannare, camminate a testa alta basandovi solo sul vostro coraggio e sulle vostre forze. La mafia può darvi solo carcere e morte, non fatevi usare, siate più svegli di loro”.
“Il processo per l’omicidio di mio figlio è ancora n corso – ha continuato – io spero con tutto me stesso che i responsabili avranno la pena che meritano. Certo, Domenico non tornerà mai più a casa, ma io voglio credere almeno nella giustizia, perché sono convinto che una pena esemplare possa dare l’esempio, possa contribuire a sostenere la legalità”.
A ricordare le vittime di mafia del territorio in piazza Duomo, oltre agli studenti, ad alcuni rappresentanti istituzionali e delle forze dell’ordine, c’erano anche i familiari di Lea Garofalo, la testimone di giustizia di Petilia Policastro uccisa e poi sciolta nell’acido, come hanno rivelato i collaboratori di giustizia che ne hanno attribuito le responsabilità della sorte all’ex compagno della donna, nonché padre della sua unica figlia, Denise Cosco. E proprio la storia di Denise è stata una tra quelle che gli studenti crotonesi hanno scelto di raccontare sul sagrato della cattedrale. Mercoledì mattina, infatti, piazza Duomo si è trasformata per qualche ora in un laboratorio di legalità, in cui i ragazzi di diverse scuole cittadine, come l’istituto ‘Pertini’, il liceo ‘Pitagora’, l’istituto ‘Donegani’, l’istituto ‘Gravina’… insieme ai componenti della Consulta studentesca, hanno avuto l’occasione di esporre il frutto dei lavori realizzati attraverso i progetti dedicati al tema della legalità: striscioni e cartelloni, ma soprattutto idee e conoscenze necessarie ad occuparsi concretamente di antimafia.
La manifestazione è stata aperta dal coordinatore provinciale di ‘Libera’, Antonio Tata, che ha ribadito il dovere di “non dimenticare vittime innocenti come Dodò, un figlio di questa città – ha detto – quel bambino poteva essere figlio di tutti noi, perché tutti i papà accompagnano i loro bambini a giocare”. Legalità, dignità, giustizia sociale, corresponsabilità, diritti, Costituzione: questi i valori ai quali Tata ha fatto richiamo, riportando alcuni dei contenuti dell’intervento del fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, a Genova. “Fondamentale – ha detto Tata – è la corresponsabilità: siamo tutti responsabili quando si parla di legalità, che non è qualcosa di estraneo alle nostre esistenze. Non possiamo più far finta che il problema non ci riguarda, continuare a delegare. Abbiamo il dovere di pretendere da chi si è assunto la responsabilità di rappresentarci governi con trasparenza e coerenza. Dobbiamo chiedere – ha aggiunto – giustizia sociale, che è il presupposto indispensabile per liberarsi dalle mafie”. La manifestazione si è conclusa in cattedrale con una messa officiata da don Luca Greco. Nel corso della cerimonia i ragazzi dell’istituto ‘Pertini’ hanno lasciato scorrere un video silenzioso frutto del loro laboratorio sulla legalità.

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