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Placido Rizzotto Jr. e le emozioni di una famiglia

Di Giuseppe Crapisi il . Sicilia

Se sono stati ritrovati i resti di Placido Rizzotto è sicuramente grazie al lavoro fatto dalla Polizia di Stato, all’attenzione della Cgil che non lo ha mai dimenticato, al lavoro che allora fece il Capitano Dalla Chiesa e grazie alla famiglia Rizzotto. Bisogna dare atto proprio alla famiglia che fin dal primo momento ha avuto il coraggio di chiedere giustizia per il loro caro.  Il padre denunciò la scomparsa di Placido, collaborò per individuare esecutori e mandanti dell’omicidio e chiese giustizia nelle sedi giudiziarie. Immaginate questa famiglia che invece di chiudersi nel silenzio ha chiesto verità. Per il periodo in cui avvenne tutto ciò e per la pericolosità della mafia di allora possiamo definirla “famiglia coraggio”.  Ma questa voglia di verità e di giustizia della famiglia è continuata fino ad oggi. Infatti, il nipote di Placido, figlio del fratello, che porta il suo stesso nome è stato insieme a tutta la famiglia in prima linea nel richiedere che fossero continuate le indagini e che fosse fatto tutto il possibile per dare degna sepoltura a Placido Rizzotto.

Qui di seguito le interessantissime dichiarazioni proprio di Placido Rizzotto sul ritrovamento del corpo dello zio:

 “Sono veramente felice. Io e la mia famiglia tutta, finalmente potremo dare una degna sepoltura ai resti di mio zio, il sindacalista Placido Rizzotto, ucciso dalla mafia “corleonese” il 10 marzo1948. Questo rinvenimento conferma anche la bontà delle indagini dell’epoca condotte dal capitano Carlo Alberto Dalla Chiesa”. A parlare è il nipote omonimo di Placido Rizzotto, impiegato di Banca di Palermo e sindacalista CGIL. “Innanzi tutto voglio ringraziare i due poliziotti del Commissariato di Corleone che hanno compiuto la disperata e pericolosa impresa e voglio raccontare i fatti da me conosciuti: durante la commemorazione della scomparsa di Placido Rizzotto del 10 marzo 2008, una come le altre, ricca di tante belle parole con applausi, ho conosciuto un poliziotto che mi è stato presentato dal Sindaco di Corleone Nino Iannazzo e cioè il Sovrintendente della Polizia di Stato Nino Melita. Immediatamente si è instaurato un rapporto amichevole e sincero. Io ero molto amareggiato per il fatto che mai nessuno era riuscito a recuperare i resti di mio zio. Alla fine della commemorazione, stavo lasciando l’aula consiliare del comune di Corleone e nel salutare il poliziotto gli dissi che stavo recandomi nel luogo dove era stata posta una lapide in memoria di mio zio in contrada Casale. Il Sovrintendente, quasi ironicamente,mi rispose che comunque non era quello il luogo dove erano stati nascosti i resti di Placido Rizzotto.

Quello era un posto più comodo per lo svolgimento di manifestazioni, adatto anche perchè pure situato su di Rocca Busambra. Effettivamente avevo appreso che quel “buco” nel terreno, era stato scoperto dalla Polizia di Corleone alla fine del 1994, ma tra i dodici cadaveri riportati alla luce non c’era sicuramente mio zio. Allora gli domandai se lui fosse a conoscenza del luogo esatto. Il sovrintendente Melita mi rispose che poteva provare a trovare la foiba, ma che per i resti sarebbe stato difficilissimo risalire a quelli di Placido. Comunque, nel caso positivo sarebbe stato possibile tentare tramite il DNA. Mi disse che la foiba si trovava alcuni chilometri più avanti del luogo delle commemorazioni in un luogo molto più impervio e pericoloso. Forse era in grado di ritrovarla e mi promise che avrebbe tentato. Con commozione gli chiesi di aiutarmi. Così è stato ed in effetti iniziò ad indagare. Durante la commemorazione del 2009 mi riferì di avere localizzato il posto. Un anno dopo, ed io lo chiamavo almeno due volte al mese, mi confidò che erano stati prelevati dei resti umani da una foiba di Rocca Busambra. Da allora, tenendosi nel più fitto riserbo, mi diede notizie con il contagocce, anche se mi ha raccontato che durante la prima operazione sulla montagna ha indossato, per scaramanzia, un cappellino rosso della Cgil. Dopo aver appreso dell’esito positivo della comparazione del Dna, direttamente dalla voce del Prefetto Umberto Postiglione, arrivò la conferma per cui il poliziotto mi invitava ad essere sempre più ottimista. Avrei quindi dovuto capire da solo. Lo voglio pubblicamente ringraziare insieme a tutta la mia famiglia, nonchè la Cgil . Ho appreso da lui stesso che alle indagini ha collaborato il suo collega Vincenzo Calipari, che ringrazio infinitamente.

Ringrazio il Dr. Filippo Calì, Dirigente del Commissariato di Corleone, i Questori Marangoni e Zito, il Prefetto Postiglione ed il Procuratore Morvillo. D’altro canto sono stato veramente fortunato perché successivamente sono stato informato che il Sovrintendente della Polizia di Stato Nino Melita è il figlio dello scomparso Maresciallo della PS Biagio Melita che, guarda caso, insieme al Dr. Angelo Mangano, come immortalato nella foto dell’epoca, la sera del 14 maggio1964, catturò il mafioso Luciano Liggio. Vincenzo Calipari è anch’egli un “poliziotto di razza” in quanto cugino del funzionario del Sismi Nicola Calipari che perse la vita in Iraq durante la delicata e riuscita missione per liberare la giornalista italiana Serena Sgrena. Grazie a loro, la famiglia Rizzotto ha finalmente realizzato il sogno di avere giustizia e di dare una degna sepoltura allo zio Placido, vittima della feroce e barbara associazione mafiosa “corleonese”, capeggiata dai carnefici Michele Navarra e Luciano Liggio”.

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