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Reggio Calabria, attesa per la sentenza “Il Crimine”

Di Gaetano Liardo il . Calabria

E’ attesa per domani la sentenza del Gup del Tribunale di Reggio Calabria sul processo Il Crimine, liberainformazione.org/news.php?newsid=11699″>l’operazione coordinata dalle Dda di Reggio Calabria e Milano che nel luglio del 2010 portò all’arresto di oltre 300 persone. Diviso in due tronconi, Infinito a Milano ha visto la sentenza di primo grado per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato, e Crimine nella città dello Stretto.

Un’operazione storica che ha consentito fotografare la struttura della ‘ndrangheta, osservarne direttamente i riti, le evoluzioni, le proiezioni nazionali e internazionali. Ma soprattutto una cornice che consente di definire esattamente cosa è la ‘ndrangheta, come è articolata internamente, come è regolata. In primis, appunto, la struttura unitaria di vertice, rappresentata dalla Provincia, o Crimine. Un processo frutto di una lunga evoluzione storica non scontata. Da sempre si è pensato alla ‘ndrangheta come ad una realtà criminale fatta da soggetti autonomi gli uni dagli altri, con regole comuni ma senza un vertice in grado regolare le attività delle singole cosche. Negli anni, tuttavia, è emersa la tendenza della mafia calabrese a darsi una struttura unitaria. Tendenza che non ha mai avuto la conferma ufficiale di una sentenza passata in giudicato, anche se sempre più elementi portavano in questa direzione.  

Nella sua requisitoria, lo scorso novembre, il procuratore aggiunto Nicola Gratteri ha parlato di una sentenza storica. «Per capire il presente – ha sottolineato – per capire l’odierno procedimento, per capire la ‘ndrangheta moderna, e più in particolare dalla società maggiore in poi, bisogna partire almeno dalla lettura e dallo studio della sentenza n. 299 del tribunale di Locri». Ovvero quella relativa al famoso summit di Montalto del 1969. In quell’occasione, ascoltato dalle forze dell’ordine, il boss Peppe Zappia fece delle affermazioni che in futuro segneranno l’evoluzione della ‘ndrangheta: «Qui non c’è ‘ndrangheta di Mico Tripodo, non c’è ‘ndrangheta di ‘Ntoni Macrì, non c’è ‘ndrangheta di Peppe Nirta… si dev’essere tutti uniti, chi vuole stare sta e chi non vuole se ne va».

Dopo quasi quarant’anni è stata proprio questa l’evoluzione della ‘ndrangheta calabrese, divenuta nel frattempo la principale organizzazione mafiosa italiana, surclassando Cosa nostra siciliana suicidatasi con l’attacco frontale allo Stato. Dalle prove sulle quali si esprimerà il Gup, emerge una struttura sovraordinata, il Crimine che coordina tutte le attività della ‘ndrangheta, in Calabria così come in tutti i territori dove sono presenti locali ‘ndranghetiste. Il Crimine, o Provincia, è suddiviso in tre mandamenti: lo Jonico, il Tirrenico e Reggio Calabria centro. Al Crimine fanno riferimento tutti, nessuno decide o opera in autonomia ignorandolo. Un esempio è stato quello di Nunzio Novella, capo della Lombardia, che voleva separarsi dalla Provincia dando vita ad una associazione indipendente. Novella fu ucciso su ordine del Crimine che decise di commissariare i gruppi lombardi, in modo da rimettere ordine.

La Provincia, quindi, è una struttura di vertice composta da esponenti di spicco delle principali locali. Boss che hanno almeno il grado di Vangelo. In una delle intercettazioni agli atti si afferma: «Abbiamo fatto il “VANGELO” e basta! Ci siamo riuniti tutti… tutta la provi… tutta… la chiamiamo la Provincia, tutta l’Italia, ah! Per questo fatto, abbiamo fatto le “CARICHE” …omissis.. Poi là abbiamo fatto… abbiamo fatto le “CARICHE” del “VANGELO”».

Le cariche all’interno della Provincia sono tre: il Capo Crimine, il Mastro Generale e il Contabile. Cariche elettive che vengono conferite nel summit svolto nei pressi del Santuario della Madonna di Polsi. Proprio uno di questi summit, nell’agosto del 2009, è stato filmato dai carabinieri del Ros e ha dato vita all’operazione del luglio 2010. Intercettazioni ambientali e video che, a detta della Dda reggina, consentono di affermare come verità giudiziaria ciò che ancora oggi non è stato riconosciuto: la struttura unitaria della ‘ndrangheta.

Nel corso della sua requisitoria Gratteri ha detto: «Questa volta abbiamo anche i video nei quali s’immortala il neo eletto del 19 agosto (il boss Domenico Oppedisano, ndr), Capo crimine, ricevere gli auguri, dargli la legittimazione della nuova e superiore carica, proprio davanti la Madonna di Polsi. Questa volta, c’è proprio di tutto e di più per consacrare, in una sentenza, quello che ripetiamo da decenni».

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