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Articolo 21: appunti per l’assemblea nazionale

Di Giuseppe Giulietti* il . Progetti e iniziative

Il 2 e 3 marzo nella sede della Chiesa metodista a Roma in via Firenze, a pochi metri dalla fermata Repubblica della metropolitana, si svolgerà la assemblea nazionale di Articolo21, aperta non solo ai nostri associati, ma anche a tutte quelle realtà che abbiamo incontrato in questi anni nelle lotte contro i bavagli, le censure, i conflitti di interesse, l’espulsione e la cancellazione dei temi e dei soggetti sociali sgraditi. Sarà la prima assemblea senza Berlusconi al governo, ma non certo senza il Berlusconismo che continua a vivere, a condizionare linguaggi e pratiche politiche, e che ha contagiato anche chi pensava di esserne immune. 

La nostra ambizione è quella di costruire una alternativa formulando proposte che possano essere condivise da chi avrà l’ambizione di costruire una Italia che rilegittimi i valori racchiusi nella carta costituzionale. In questa sede ci limiteremo a indicare alcune delle proposte emerse nelle riunioni di preparazione e che dovranno essere riempite dalla discussione e dai contributi che saranno inviati al sito. Questi, dunque, sono solo degli appunti e come tali risentono di schematismi, di approssimazioni, di parzialità.

Naturalmente ci limiteremo alle materie che costituiscono la ragione di esistenza della associazione e cioè ai temi della libertà di informare e di essere informati. A noi stessi, alle forze politiche e sociali, ai sindacati, ai governi chiediamo di cominciare a considerare questo tema parte integrante ed essenziale della “Questione democratica”. Da qui la necessità di riscrivere i parametri della libertà e di consentire sempre, comunque, dovunque, il diritto non solo ad essere informati, ma anche quello di poter accedere a tutti gli alfabeti, sia quelli tradizionali, sia quelli dell’innovazione e della rete. Questo comporta non solo l’esistenza della libertà, ma anche una redistribuzione delle ricchezze e delle opportunità che renda effettivo il diritto all’accesso anche per gli esclusi che rischiano di diventare i “reclusi” del terzo millennio. 

In questo contesto l’Europa deve uscire da una logica che, troppo spesso, la vede inflessibile sul mercato del lavoro e troppo flessibile sui valori. La marcata indifferenza al conflitto di interessi italiano, le reticenze sulla situazione ungherese, bulgara, rumena, sono la spia di una debolezza che assimila tanta parte della destra europea, ma che coinvolge anche le altre formazioni politiche. Da qui la nostre proposte: 

1 – Definire una direttiva europea in materia di conflitto di interesse, di antitrust, di autonomia dei servizi pubblici, e individuare un’autorità di garanzia che abbia il potere di vigilare sull’effettivo rispetto nei diversi bacini nazionali. 

2- Elaborazione di una carta delle libertà dei media che definisca i diritti inviolabili del cronista ad informare e della comunità ad essere informata, introducendo il reato di molestia grave a carico dello stato o del pubblico funzionario che ostacola la ricerca della verità. 

3- Definire una sorta di statuto della informazione “Bene comune” riconosciuta come uno dei parametri essenziali per poter definire la effettiva sussistenza dei requisiti di democraticità. 

4- All’Europa ,infine, chiediamo di respingere qualsiasi provvedimento, a partire dall’Acta, che voglia introdurre, in qualsiasi forma e in qualsiasi modo, ulteriori forme di controllo sulla rete. La tutela del diritto di autore, la libera circolazione delle notizie e delle opinioni, il diritto all’accesso, non possono essere risolti obbedendo unicamente alla logica di impresa. I valori da bilanciare sono molteplici ed è giunto il momento, anche in questo campo, che si esca da una logica vecchia, di tipo mercantile e che non tiene conto dell’esistenza dei diritti sociali e di libertà. 

Queste proposte saranno consegnate ai nostri rappresentanti in Europa e contestualmente Articolo21 darà il suo pieno sostegno alla annunciata campagna per la presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare che si propone di raccogliere 1 milione di firme in tutta Europa per la definizione di una comune direttiva antitrust.  Al governo Monti e a chi gli succederà, perché si dovrà pur tornare ad un salutare confronto e scontro tra ipotesi alternative, chiediamo di levare dalle spalle degli italiani la infamante maglia nera che ci è stata assegnata in tutti i rapporti internazionali sulla libertà dei media. Da qui la necessità di riportare al centro del dibattito politico i temi cancellati ed oscurati. 

Comprendiamo la difficoltà e persino il desiderio di non disturbate i “manovratori”, ma come si può pensare di cambiare la legge elettorale lasciando senza riforma alcuna il sistema dell’informazione, pesantemente inquinato dal conflitto di interessi? A costo di essere considerati fastidiosi ed inopportuni torniamo a chiedere solo e soltanto che l’Italia torni in Europa anche in questo settore. Non si possono mostrare i muscoli sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, e mostrarsi arrendevoli quando si arriva all’articolo 21 della Costituzione. Da qui alcune proposte rivolte non solo al governo, ma anche e soprattutto a chi vorrà elaborare un programma credibile per uscire dal Berlusconismo che proprio in questo settore ha costruito tanta parte delle sue fortune politiche, economiche, e persino di una certa ” egemonia culturale”, intesa nel senso più ampio. 

1- La risoluzione del conflitto di interessi è una necessità, a prescindere da Berlusconi. Da qui il divieto assoluto per chiunque di essere contemporaneamente titolare di concessioni  pubbliche e pubblico amministratore, a qualsiasi livello. Punto e basta! 

2- Provvedere, entro il mese di maggio, alla indizione di un’asta onerosa per la assegnazione delle frequenze digitali, prevedendo una quota per usi diversi da quello televisivo e riservando alcuni blocchi a nuove esperienze editoriali e comunitarie, vedi l’esperienza di “Servizio Pubblico” e non solo. 

3- Una quota parte del ricavato dell’asta dovrà essere utilizzato per finanziare il fondo unico per lo spettacolo, l’industria dell’audiovisivo e il settore dell’editoria e dell’emittenza che stanno vivendo una crisi senza precedenti, anche grazie agli egoismi degli oligopoli e ad un mercato strozzato dalle norme “ad personam” e dai conflitti di interesse. 

4- Così come ci siamo opposti alle leggi bavaglio di Berlusconi, continueremo ad opporci ad ogni disegno, da chiunque promosso, di usare la legge sulle intercettazioni per imbrigliare il lavoro dei cronisti e per impedire ai cittadini di essere informati sulle troppe oscurità che circondano la storia nazionale di ieri e di oggi. 

5- Tra i tanti bavagli possibili vi è anche la censura economica che sta producendo decine e decine di vittime tra radio, tv e giornali. “Liberazione” e il “Manifesto” rischiano la chiusura, altri seguiranno. Chiediamo solo che il governo Monti recepisca l’appello del presidente Napolitano, provveda a presentare l’ipotesi di riforma, impedendo la morte di esperienze che danno voce a minoranze politiche, sociali, di genere, religiose, altrove letteralmente ignorate. 

6- Entro la fine di marzo scadrà l’attuale consiglio di amministrazione della Rai nominato con la Gasparri e di conseguenza interamente dominato dai governi e dai partiti. Quello che è accaduto è a tutti noto: epurazioni, dequalificazione, notizie rubate agli spettatori, intesa con il concorrente, sino all’ultimo scandalo delle recenti nomine. Ormai la Rai è la parte meno pregiata del polo Raiset. L’antico disegno della P2 di dissolvere il servizio pubblico ha quasi trovato il suo interramento. La destra berlusconiana ha invitato Monti a farsi gli affari suoi e a rinunciare ogni proposito di riforma. Cosa farà il governo? Accetterà il ricatto? Per quanto ci riguarda
aderiamo alla campagna promossa dal Comitato per la libertà di informazione e chiediamo che sia proposta una nuova fonte di nomina che recida ogni cordone ombelicale con i governi, con i partiti, ma anche con le logge e la banda del conflitto di interessi che ha occupato militarmente la Rai. Da qui la nostra preferenza per le proposte da quella di Tana De Zulueta a quella di Roberto Zaccaria che vanno oltre i vecchi schemi del passato e restituiscono davvero la Rai ai professionisti del settore e alla comunità degli utenti che pagano il canone di abbonamento. Diamo ovviamente per scontato che di servizio pubblico si potrebbe tornare a parlare quando gli autori, i professionisti, i temi e i soggetti sociali sgraditi, potranno tornare “a casa loro”. 

7- Allo stesso modo chiederemo che la prossima autorità di garanzia sia nominata con criteri diversi e che sia scelto un arbitro che voglia davvero contrastare il conflitto di interessi e la paurosa disparità che caratterizza il diritto all’accesso tra le diverse forze politiche e sociali. Non a caso non è mai stato realizzato quell’Osservatorio sulla presenza dei diversi soggetti sociali, religiosi, culturali che avrebbe rilevato modi  e forme della censura in Italia. 

8- Nella nuova stagione che comunque dovrà aprirsi non basterà solo difendere l’articolo 21 della Costituzione, ma anche prepararsi a scrivere, per riprendere le parole di Stefano Rodotà, una sorta di articolo 21 bis che si fondi sul principio “l’informazione bene comune”, che dia sostanza ai principi della inclusione e dell’accesso, che contrasti nuove forme di censura, che difenda la rete dai suoi nemici, che statuisca in modo compiuto il diritto delle cittadine e dei cittadini ad essere informati e a poter scegliere tra offerte editoriali e culturali davvero distanti e distinte tra loro. 

9- Da qui anche la proposta di aderire alla campagna lanciata dall’inestimabile Roberto Morrione per liberare i cronisti dalle “querele temerarie” e cioè dalle molestie del potente o del malavitoso che vuole soffocare la ricerca della verità. Non basta più opporsi alla legge bavaglio, bisogna chiedere che siano abrogate vecchie norme e che siano puniti coloro, specie se pubblici amministratori, che tentano di impedire il libero esercizio della professione giornalistica. Ci sono precedenti nella legislazione islandese e in quella tedesca. Articolo 21 sarà al fianco della FNSI, di Ossigeno, di Libera Informazione, di quanti hanno deciso di intraprendere questa battaglia e di arrivare ad una nuova normativa. 

10- Di questo impegno fa parte integrante la battaglia per arrivare, ora e subito, alla approvazione della riforma dell’ordine dei giornalisti, ma soprattutto della nuova normativa relativa al lavoro precario. Si tratta di centinaia di donne di uomini che lavorano in condizioni disperate, senza diritti, spesso in terre di mafie e di  camorre. La negazione dei loro diritti è anche una negazione dell’articolo 21 della Costituzione, perché, spesso, sono costretti a vivere e a scrivere in condizioni di ricatto, senza tutela alcuna. La difesa delle loro ragioni è la vertenza meno corporativa che si possa immaginare. 

Queste sono solo alcune delle proposte che abbiamo raccolto, altre saranno indicate dal dibattito, altre ancora saranno portate dalle tante associazioni con le quali abbiamo collaborato. Le due giornate saranno segnate, come al solito, dalla presenza di tante donne e uomini che non vivono di informazione, ma che “subiscono” la buona e la mala informazione. Avremo così ospiti dalla Siria, dall’Iran, dalla Birmania, dalla Somalia, ci porteranno la loro esperienza i familiari delle vittime sul lavoro: da Casale alla Thyssen, i cronisti che operano contro le mafie, le colleghe e i colleghi dei giornali in crisi, le associazioni che hanno contrastato i bavagli, i protagonisti del cinema, delle arti, della cultura, esponenti della comunità religiosa e civile, quegli esponenti della politica che hanno sempre lavorato con noi in questi anni. 

L’obiettivo sarà quello di costruire un progetto comune e di avviare da subito campagne condivise per portare l’Italia in Europa anche in questo settore e per gettare alle ortiche quella maledetta maglia nera che ci è stata assegnata in materia di libertà di informazione. A tutte e a tutti chiederemo di aderire alla grande campagna lanciata dalla Rocca di Assisi, alla fine dell’ultima Marcia per la pace, e che ha preso il significativo titolo di “Ti illumino di più”. Si tratta dell’ambizioso tentativo di uscire dalla troppo lunga stagione dell’egoismo politico e mediatico per rimettete al centro i temi e i soggetti oscurati, per riportare il mondo al centro dell’attenzione, per cominciare a cambiare linguaggi, culture e pratiche politiche e mediatiche. 

Non sarà facile, ma abbiamo il dovere di provarci! Se non ora quando? Per riprendere l’efficace slogan usato da quelle straordinarie donne che hanno contribuito (insieme ad altri straordinari movimenti civili) a rompere il muro dell’indifferenza, del cinismo, della rassegnazione. Siamo orgogliosi di aver portato il nostro contributo a quella stagione. Ora vorremmo contribuire ad aprirne una davvero nuova che sia davvero fondata sulla possibilità di scegliere, in modo leale e trasparente, tra offerte politiche, sociali, culturali civilmente alternative tra di loro.

* Portavoce di Articolo21

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