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Ministro Severino in Calabria ricorda l’impegno del giudice Scopelliti

Di Anna Foti il . Calabria

Un calabrese libero, onesto e coraggioso. Ma soprattutto un calabrese. Questo era prima di tutto Antonino Scopelliti, il “giudice solo” con la sua missione di accertamento dei fatti, di ricerca di verità alla cui liberazione ogni processo deve tendere. Sostituto procuratore presso la Corte di Cassazione, Scopelliti senza scorta, non credeva di averne bisogno nella sua terra, è stato ucciso a Piale, comune di Villa San Giovanni, provincia di Reggio Calabria, il 9 agosto del 1991 mentre era in ferie nella sua Calabria.

Un delitto ancora impunito dopo ventuno anni. A lui è stata intitolata l’aula bunker del Tribunale di Palmi alla presenza del guardasigilli della Repubblica Paola Severino che, come ha evidenziato, “teneva molto ad essere presente a questo momento di memoria doveroso”, della figlia Rosanna, presidente della Fondazione a lui intitolata, del procuratore Nazionale Antimafia Piero Grasso, del procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Palmi, Giuseppe Creazzo, di tutte le massime autorità e di esponenti politici di tutti gli schieramenti.

Un gesto fortemente simbolico per risarcire almeno in parte il sacrificio silenzioso di un uomo che ha servito lo Stato con integrità e con dedizione, incarnando involontariamente l’immagine di un eroe in un mondo in cui questa rettitudine troppo spesso è rara. Era impegnato nell’ultimo grado di giudizio nel primo maxi processo contro Cosa Nostra istruito da Giovanni Falcone, il quale per primo interpretò quel gesto di barbarie come un altro tassello delle feroce guerra tra Stato ed ‘Intrastato’ che l’anno dopo avrebbe visto lui stesso vittima. Eppure allora nessun clamore per questo omicidio emblema di un patto di sangue tra Cosa Nostra e ‘ndrangheta per eliminare un giudice scomodo, perché alla ricerca di quella verità che sfugge  che i malvagi nascondono, manipolano, in un frangente delicatissimo per il processo contro la mafia siciliana.

“Questo è stato imperdonabile, un intollerabile torto”, lo ha definito lo stesso guardasigilli, Paola Severino, soffermatasi molto, durante il suo intervento conclusivo, prima della scopertura della targa, sulla persona di Antonino Scopelliti: “solo 57 anni, già una carriera brillante, un calabrese che in questa Terra tanto vituperata aveva maturato quei valori di Legalità, Verità e Onestà di cui aveva permeato anche i suoi legami familiari”.  E’ poi lo stesso Ministro di Giustizia Severino ad esercitare la memoria per condurre i tanti che affollavano la gremita aula bunker del tribunale di Palmi, anche in Sicilia legando la storia di Antonino Scopelliti a quella di Antonino Saetta e Rosario Livatino e non solo attorno all’acume giuridico che ha contraddistinto l’operato dei tre magistrati. Tutti schivi e solitari, tutti dediti al lavoro. Tutti lontani dalla ribalte ma profondamente impegnati per la difesa del bene comune e della libertà di ciascuno di noi. Eppure nessuno sapeva del lavoro che svolgevano, mentre lo svolgevano lontano dai riflettori. Sconosciuti ai più, ma ben noti a coloro che ne hanno deciso il destino e stroncato la vita. “Uno Stato colpevole’” così è stato definito dal ministro Severino. Uno Stato colpevole che non ha protetto, che non ha fatto abbastanza, ha evidenziato la figlia Rosanna, che solo da qualche anno e grazie all’impegno della stessa, della Fondazione, del movimento “E adesso ammazzateci tutti”, mette di dimenticare e ricorda ciò che colpevolmente ha ignorato per anni.

Uno Stato che continua a non far luce su quanto avvenuto in quella drammatica giornata estiva. Ancora nessuna verità, nessun mandante, nessun esecutore per l’omicidio di Antonino Scopelliti. “Arrestati Riina e Provenzano, nessun arresto invece sul versante calabrese”, ha incalzato la giovane Rosanna, commossasi durante il suo intervento nel dire che nessuna definizione di eroe sarà mai accettata per suo padre, uomo normale, giudice integro, padre affettuoso. Ciò cui si ha diritto è la verità.

In un paese la cui storia ha conosciuto la violenza del terrorismo e conosce la protervia e la spietatezza delle mafie, la memoria di uomini come Antonino Scopelliti  si rivela preziosa per “dar fiducia ai calabresi, che sono certa sono tanti – ha evidenziato il ministro di Giustizia Severino – che agiscono con la schiena dritta, ogni giorno, e costituisce per i giovani un monito per apprezzare la Democrazia in cui vivono ed impegnarsi per difenderla”. Un delitto ancora oggi impunito, senza verità, senza giustizia. Dunque la cerimonia di oggi solo in parte colma questa mancanza ma si pone come tassello necessario per dare speranze ai calabresi onesti. “Non abbassiamo la guardia”, ha sollecitato infine.

Da Palmi a Reggio è proseguita la giornata in riva allo Stretto per il Ministro della Giustizia Paola Severino. Dopo la tappa palmese alla volta di Reggio dove ha presenziato, con il sindaco Demetrio Arena ed il direttore dell’Agenzia nazionale Beni sequestrati e confiscati con sede a Reggio Calabria, alla consegna, da parte dell’Amministrazione comunale di Reggio, di un bene confiscato al clan Libri e adesso assegnato al Tribunale di Reggio. Esso sarà utilizzato come “Deposito corpi di reato” dello stesso Tribunale. 

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