Reggio Calabria, cambio ai vertici dell’antimafia
E’ iniziato lunedì 6 febbraio ufficialmente il valzer delle poltrone a Reggio; tra chi va dopo cinque anni di Antimafia esaltante e momenti di grande tensione, come i mesi delle bombe e delle rivolte dei Migranti a Rosarno a inizio 2010 o a fine estate dello stesso anno solare, e che vede in questi giorni le commissioni ministeriali decretare la fine dell’antan decantato “Modello Reggio”.
Il primo a lasciare la città dello Stretto, giusto prima dell’estate, era stato il colonnello Alberto Reda dal comando provinciale della Guardia di Finanza. Un lustro memorabile per questo graduato laziale che ha incamerato alcuni dei sequestri di patrimoni più significativi mai portati a termine in Calabria contro le ‘ndrine. Basti pensare a quanto patiranno a partire dal 2009 l’azione dei suoi uomini i clan Commisso e Aquino sulla Locride, o i Pesce e Bellocco, spossessati di quasi tutto il loro patrimonio, a Rosarno. A sostituirlo Cosimo di Gesù.
Se ne è andato anche a dedicarsi alla ricerca criminale e alla scienza criminologica Valerio Giardina, toscano “fumino”, autore di clamorose operazioni come l’arresto a Pellaro nel febbraio 2008 de “U supremu” Pasquale Condello, quando dirigeva le operazioni del nucleo AntiCrimine Ros reggino; poi 3 anni nella Locride, a scovare bunker e nascondigli tra Platì San Luca e Natile; al suo posto viene un ufficiale dell’Arma, il colonnello Giuseppe De Liso, nel corso dell’estate, con una grande esperienza di lotta alla Camorra nella provincia napoletana nel corso dell’ultimo decennio.
In questo inizio anno, per primo lascia Reggio Renato Cortese, già sostituito dal dirigente Semeraro. A settimane è previsto l’addio di Carmelo Casabona dopo 4 anni indimenticabili sullo Stretto, destinazione incarichi strategici, al Viminale in Roma. Al suo posto, è atteso l’attuale questore casertano Guido Longo; una esperienza già formata su province di confine e a tasso elevato di mafiosità. Si attende ancora marzo, per sapere se finalmente Giuseppe Pignatone potrà sedersi sulla tanto agognata poltrona di procuratore capo in Roma, che contende a quel Capaldo dalle quotazioni in picchiata. Per il suo vice Michele Prestipino, che in un primo momento, sembrava dovesse seguirlo nella Capitale dopo quattro anni in stretta simbiosi sullo Stretto, a confezionare l’assunto base della operazione “Crimine”, ossia che anche la ‘Ndrangheta, come Cosa Nostra, si è dotata di una struttura federata e verticistica, è in arrivo una nomina di grande interesse per il futuro: la direzione della Procura aquilana, forse per quanto già dimostrato dalla Dda reggina in questi anni, sui tentativi di infiltrazioni dei clan del reggino negli appalti per la ricostruzione post-terremoto in Abruzzo. L’indiscrezione è stata svelata da Minniti sul giornale Calabria Ora, mentre sull’altro Quotidiano locale Baldessarro avrebbe rivelato il nome del successore designato del questore.
Non si riesce a capire chi potrebbe rimpiazzare Pignatone a capo dell’Antimafia dello Stretto, atteso che purtroppo “Ilda la Rossa” Boccassini, o come la chiamavano gli ‘ndranghetisti della provincia “Lombardia”, o gli affiliati dei clan Valle e Lampada, “chidda na tigre è!”, non avrebbe ancora intenzione di lasciare a metà le indagini sulle infiltrazioni mafiose in pianura Padana e non sarebbe intenzionata ad anticipare un suo clamoroso trasferimento in Calabria. Per quanto sulla bocca di tutti ci sono i nomi di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto e di Antonio Creazzo, (procura Palmi) per sostitutire il palermitano, dopo gli arresti del primo dicembre passato, di due magistrati reggini, Giglio e Giusti, appare improbabile l’eventualità di un calabrese alla guida di una Procura così esposta a inquinamenti locali in quella “area grigia” tra grembiuli e riti esoterici che avvolge mafiusazzi e (supposti) difensori della legge.
“Cronache da Ndrinopoli” fa il tifo per la irreprensibile Boccassini, osservata nei meandri del Palazzo di Giustizia meneghino mentre mette alla porta le pletore di colleghi accorsi ad intervistarla da mezzo mondo, ma scommetterebbe con buone possibilità di vittoria sul passato coordinatore delle indagini di Caltanissetta, G. Lari.
E proprio oggi in Questura si respirava aria di “Ende von der Season”, come cantava B. Brecht nei cafe chantant d inizio‘900, quello spleen da ombrellone che si chiude e rientro in città, dopo una salutare boccata di legalità in un clima opprimente di soprusi (giudiziari e mafiosi) sullo Stretto, o quel mesto saluto all’ultima recita della stagione teatrale, assistendo al congedo di Cortese e Casabona, due protagonisti assoluti della irripetibile stagione dell’antimafia sullo Stretto degli anni 2010. Irripetibile, purtroppo, si; recitata da attori unici che hanno costruito una squadra imbattibile e rodata, al momento si salveranno per i prossimi due anni, soltanto: il colonnello dei Cc Stefano Russo alla guida del quinto raggruppamento ROS anticrimine più importante d’Italia (suoi coordinamenti tutte le operazioni Reale che hanno inchiodato la cosca Pelle di San Luca, il doppiogiochista Gianni Zumbo, l’uomo che sussurrava alle cosche e al Sismi, e il politico regionale Santi Zappalà); l’ottimo operativo Carlo Pieroni alla Tenenza di Cc (ma non dovrebbe rimanere a lungo in Calabria); il pm coraggio Peppe Lombardo (5 minacce di morte per lui dal 2009, record calabrese), l’unico a togliere la paternità a un boss mafioso latitante (Peppe De Stefano, ‘Ciao Belli’); il maggiore esperto di ‘ndrine della Piana di Gioia tauro, Roberto di Palma, anche se scadono i suoi 5 anni in Dda e appare plausibile un suo prossimo trasferimento in magistratura ordinaria.
In partenza anche, purtroppo, uno dei pm che dal processo Fortugno a tutti i filoni di indagine che hanno colpito i clan della Montagna, dai Libri ai Serraino ai loro sottopancia Borghetto-Zindato ovvero Crucitti di Condera, ha dato un contributo eccezionale: Marco Colamonici da Napoli; da marzo respirerà aria di casa da Salerno. E, lo diciamo a malincuore, dovrebbe lasciare Reggio anche la leggenda vivente dell’anti-narcotraffico: Nicola Gratteri, il primo a dare vasta risonanza nazionale e mondiale all’urgenza del problema ‘ndrine. Per fortuna andrà ancora più vicino ai san lucoti e ai sidernesi che sta dando una mano a smembrare: dovrebbe essere il prossimo procuratore di Locri.
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