Salento, dove le mafie si fanno impresa
Il Presidente della Corte d’ Appello, Mario Buffa, nella sua relazione all’ inaugurazione dell’ anno giudiziario, punta il dito sull’ infiltrazione della criminalità nell’ economia legale e sul crescente sovraffollamento delle carceri. Il Presidente non si limita ad illustrare le problematiche, ma suggerisce strategie e sprona i giudici: «La criminalità organizzata va assumendo nel Salento una valenza sempre più economica». Quindi la scossa alle Procure di Lecce, Brindisi e Taranto: «La lotta alla criminalità organizzata è un’ assoluta priorità. Forse è necessario non dedicarsi esclusivamente alla lotta al traffico degli stupefacenti. Bisogna individuare le relazioni che si stanno instaurando fra criminalità economica e criminalità organizzata concentrando in questa direzione i maggiori sforzi».
Il grido d’ allarme del Presidente Buffa si fonda sugli screening svolti dalla Guardia di Finanza che monitora la posizione patrimoniale di molti soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. «Si conferma – afferma Buffa – l’ attenzione del crimine organizzato verso settori non tradizionali e, quindi, non immediatamente riconoscibili come criminali, ma caratterizzati dalla possibilità di guadagnare enormi profitti, in questa attività paradossalmente agevolato dalla crisi economica». Proprio le imprese in crisi, debilitate e vicine al fallimento costituiscono le prede più facili. L’ organizzazione criminale prima le alletta con la concessione di prestiti a tassi estremamente elevati, poi se ne impossessa o le acquisisce attraverso il reimpiego dei ricavi illeciti. «Assistiamo – continua il Presidente Buffa – ad una graduale evoluzione delle metodologie di infiltrazione nell’ economia che sono diventate sempre più raffinate e difficili da individuare. In questo contesto va segnalata la funzionale costituzione di imprese finanziarie ed immobiliari da utilizzare quali attività di copertura». Contro i clan che insieme alla componente criminale hanno sviluppato capacità economico – finanziarie, secondo il Presidente Buffa non basta la repressione, ma bisogna «intaccare il potere economico delle organizzazioni».
Il secondo allarme lanciato da Buffa riguarda la situazione carceraria. A Lecce i posti letto a disposizione sono 680 a fronte di circa 1400 detenuti; a Taranto su 315 posti il tasso di presenze si aggira sul 208%. «Occorre bloccare con urgenza la crescita del numero di detenuti, ma è necessario anche innescare un processo contrario che porti ad una diminuzione progressiva della popolazione carceraria». Il Presidente Buffa chiede ai giudici di fare «un uso sempre più prudente della misura cautelare restrittiva che deve costituire l’ estrema ratio, quando nessun altro strumento può essere utilizzato per soddisfare le esigenze cautelari». Recentemente il giudice Luigi Tarantino, magistrato del Tribunale di Sorveglianza di Lecce, ha stabilito un risarcimento per un detenuto al quale è stata riconosciuta la negazione dello spazio minimo vitale: 220 euro di detenzione per un periodo di circa due mesi in cui non erano stati garantiti i diritti umani. «Meglio spendere risorse per consentire il funzionamento della giustizia – evidenzia Buffa – piuttosto che risarcire danni da mancato funzionamento della giustizia».
In questa direzione vanno recenti interventi legislativi finalizzati ad agevolare l’ accesso alla detenzione ai domiciliari. Lo prevede un emendamento introdotto dal senatore Alberto Maritati del Pd. «I cittadini italiani arrestati o fermati per reati di competenza del giudice monocratico – ha spiegato il senatore durante il suo intervento all’ inaugurazione dell’ anno giudiziario – non devono andare direttamente in carcere per poi essere rilasciati dopo un paio di giorni. Nelle carceri italiane entrano 21mila persone per uscirne dopo tre giorni. Noi abbiamo previsto che gli arrestati, prioritariamente, siano trattenuti in casa, salvo che il pm, per la gravità del reato o per la personalità del soggetto, non ne disponga la custodia in carcere. Entro 48 ore spetterà al giudice valutare se in attesa dello sviluppo delle indagini o del processo debba essere detenuto in carcere, ai domiciliari oppure rimesso in libertà. Questa riforma semplice ed essenziale contiene un principio di civiltà giuridica». Anche Elsa Valeria Mignone, segretario della sezione distrettuale dell’ Anm, si è soffermata su questo argomento. Nel suo intervento, infatti, ha parlato dell’ emendamento proposto dalla Commissione Giustizia del Senato nella parte in cui indica il carcere solo come estrema ratio. Solo dopo aver appurato che sia i domiciliari che la cella di sicurezza, non siano sufficienti a salvaguardare le indagini.
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