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Ucciso dalla camorra per una foto su facebook

Di Tiziana Apicella il . Campania

Il 25 gennaio presso l’aula 116 del Tribunale di Napoli dinanzi ai giudici della Terza Sezione penale della Corte d’Assise di Napoli, il presidente Carlo Spagna, il Pubblico Ministero Gloria Sanseverino nella sua requisitoria finale, dopo aver illustrato la coerenza delle prove,  ha chiesto  ai giudici del Tribunale di Napoli di riconoscere la responsabilità penale dell’imputato Vincenzo Russo, chiedendo l’ergastolo e l’isolamento diurno per un anno e mezzo e la riconducibilità dell’omicidio all’art. 7 della legge 203/1991. Il delitto è dunque compiuto avvalendosi delle modalità previste dal 416 bis c.p. (associazione di stampo mafioso) ovvero agevolando l’associazione di tipo mafioso.
Gianluca Cimminiello è, secondo il pubblico Ministero e  per  gli avvocati di parte civile,  vittima innocente della criminalità organizzata. Ma chi è  Gianluca Cimminiello? 
Gianluca è  un giovane di 31 anni di Secondigliano. Ha smesso di studiare per dedicarsi alla sua passione. Quella dei tatuaggi. Apre un laboratorio a Casavatore dove dedica il suo tempo ad una passione che intanto è diventato un lavoro. Gianluca vive in una zona non tranquilla dove è semplice intraprendere attività illegali o entrare in giri pericolosi, ma lui sceglie di seguire altre strade. Si è inserito da gran lavoratore e da cittadino rispettoso delle regole nella società civile. Vive a Secondigliano nel rispetto degli altri e facendo bene il suo mestiere. Gianluca  è bravo, molto bravo, e lo sa bene Anna la sua compagna che lo aiuta in laboratorio con i clienti. Ma certo per chi spara tutto questo è irrilevante. Una vita vale niente!  Così un azione banale e comune come quella di pubblicare una foto su facebook può determinare una condanna a morte. 
Gianluca nel mese di gennaio del 2010 decide di pubblicare sul suo profilo una foto che lo vede insieme a giocatore Lavezzi. Questa foto pubblicata sul network scatena la gelosia di un altro tatuatore, un certo Vincenzo Donniaco detto “il cubano”. Alla foto seguono minacce da parte di Donniaco, che invita Gianluca a cancellare la foto dalla pagina, insulta il giovane in maniera forte nei commenti che solitamente si possono  lasciare sotto le foto pubblicate.
Gianluca così  decide di cancellare dai suoi amici di Facebook Donniaco, ma ai messaggi sulla bacheca seguono delle telefonate e un messaggio privato sul network dell’amicizia. Dopo poco tempo, tre persone –  che si dicono mandate da Donniaco –  visitano Gianluca al laboratorio per dargli una lezione. Ma Gianluca è un campione di arti marziali e non si fa pestare, anzi. C’è solo un problema però, tra i tre ragazzi inviati dal cubano c’è un certo Vincenzo Noviello che, prima di andare via, gli annuncia una sua parentela importante. Una parentela con il boss della zona.
Vincenzo Noviello è il cognato di Cesare Pagano, del clan “Amato – Pagano”  del quartiere di Melito, nella periferia a Nord di Napoli.
Da qui in poi ci sono una serie di incontri tra affiliati, capo-clan e capi-zona, per decidere che lezione dare al giovane tatuatore. Vincenzo Noviello, si reca in via Cicerone a Melito, base del clan Amato-Pagano,  gruppo scissionista nato da una costola dei Di Lauro. Lì in quell’appartamento si riuniscono sempre 15/16 persone del clan per decidere affari da realizzare e omicidi da compiere. Noviello chiede udienza e racconta dell’episodio. Chi prende decisioni è Cesare Pagano, latitante, che consultato sostiene che al ragazzo va data una lezione. Lui decide per la gambizzazione. Ad agire saranno Vincenzo Russo e Lello Aprea. I due però si recano a Milano per chiedere parere anche ad Abete Arcangelo, capozona con potere decisionale in detenzione domiciliare. Abete Arcangelo decide per l’omicidio di Gianluca Cimminiello. 
È il 2 febbraio del 2010 e ad avvicinarsi al laboratorio di Gianluca, accolto da Anna, è Vincenzo Russo. Gianluca è di là con con un cliente e Vincenzo Russo è intrattenuto da Anna che gli mostra i disegni di possibili tatuaggi dal computer. 
Una volta fuori dal laboratorio, Gianluca incontra quello che da lì a poco gli sparerà a distanza ravvicinata. Da 3 o 4 metri, come risulta dalle indagini balistiche. Vincenzo Russo gli chiede di vedere i tatuaggi delle carpe, che sono esposti all’ingresso, e Gianluca lo accompagna . Vincenzo Russo gli spara tre colpi. Un colpo colpisce Gianluca al braccio destro e attraversa la cavità toracica perforanado tutte e due i polmoni, il secondo lo colpisce alla gamba sinistra e l’ultimo infrange la vetrina.  Questa è  la ricostruzione della dinamica, dei personaggi e gli intrecci della vicenda.  E a riannodare tutto in fila è il pubblico ministero Gloria Sanseverino. Una storia ricostruita magistralmente perché fondamentale nel processo è stata la testimonianza della compagna di Gianluca. Anna racconta tutto, proprio tutto. Tutto ciò che precede  l’omicidio e la dinamica dell’omicidio stesso. Quando Anna è portata per il riconoscimento, presso il carcere di Poggioreale, è la voce di Vincenzo Russo che riconosce.  Vicenzo “o luongo” è nella stanza  a fianco.  Anna sente la sua voce. Questa voce la turba, quasi si sente male. È lui che ha ucciso Gianluca.
La versione, la ricostruzione di Anna è  confermata dai collaboratori di giustizia del clan “Amato-Pagano”, ascoltati durante il processo, che confermano che ad uccidere Gianluca è lui: Vincenzo Russo.  Anna vive oggi sotto protezione con la sua famiglia. Il suo amore per Gianluca, la sua voglia di giustizia le hanno permesso di affrontare tutto con grande determinazione. Lì in aula a seguire il processo passo dopo passo è la famiglia di Gianluca che si è costituita parte civile. Susy e Palma,  le sorelle del giovane tatuatore, sono sempre lì attente, seguono gli avvocati,  i testi e i i collaboratori con grande attenzione. Vogliono capire ogni cosa ed essere parti attive del processo. Accanto alla famiglia Cimminiello il Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti  della criminalità e la Fondazione Pol.i.s. 
Gli avvocati della parte civile prendono la parola subito dopo il pubblico ministero e tengono a precisare  la completa estraneità del giovane tatuatore all’ambiente mafioso. Vissuto in una zona a rischio, lui ha seguito altre strade. Gli avvocati inoltre sottolineano la responsabilità dell’altro tatuatore, che ascoltato durante il processo, a parere degli avvocati si è contraddetto diverse volte e ha pronunciato diverse bugie. Ma non sarebbe il caso di considerare altresì la responsabilità di Vincenzo Noviello, cognato di Cesare Pagano, che per  vendicare un “onore”  ferito si rivolge al clan di camorra?   
Il giorno 30 gennaio e il 6 febbraio 2012 ci sarà la discussione degli avvocati della difesa . Aspettiamo allora di sentire la difesa e ancora di più aspettiamo la decisione del giudice della Terza Sezione penale della Corte d’Assise di Napoli. Vicini alla famiglia Cimminiello e grati ad Anna che ha permesso di ricostruire tutta la vicenda, lontana oggi dalla sua città e dalla  famiglia del suo Gianluca. 

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