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Processo Garofalo, ricostruiti i mesi concitati delle indagini

Di Marika Demaria il . Lombardia

«Si tratta di 500 metri quadri a cielo aperto, delimitati da un cancello – chiuso con un lucchetto –  che permette l’accesso anche dei mezzi pesanti, mentre sugli altri lati c’è una fitta boscaglia naturale. Sul terreno si trovano un piccolo prefabbricato adibito ad ufficio e a fianco un container di ferro. La zona, prettamente industriale, si trova alle spalle di un cimitero, e non è sottoposta ad un circuito di video sorveglianza. Di fronte al magazzino di Gaetano Crivaro si trova quello di Giuseppe Marino (che ha già deposto, n.d.a.), mentre all’interno dello stesso abbiamo rinvenuto la Fiat Coupé di proprietà di Carmine Venturino, con la quale egli ha avuto un incidente in corso Sempione a Milano, il 3 maggio 2009, mentre si trovava in compagnia del polacco Damian Janczara (che ha reso la propria testimonianza in aula il 19 dicembre 2011, n.d.a.). Quando abbiamo sciolto i cani addestrati – ha ricordato il maresciallo – essi si sono diretti verso il punto più lontano del terreno, nell’angolo all’estrema sinistra dove si trova una fossa al cui interno passa l’impianto fognario. Ma non abbiamo trovato alcun corpo, alcuna traccia, anche perché all’epoca del nostro sopralluogo non si parlava ancora del fatto che Lea Garofalo potesse essere stata sciolta nell’acido dopo essere stata uccisa». Così il maresciallo dei Carabinieri Christian Fabio Persuich, operante presso la caserma di via Moscova a Milano, descrive il magazzino di Crivaro, arrestato insieme alla moglie il 22 febbraio 2010 per favoreggiamento nei confronti dei Cosco e che in una delle recenti udienze si è avvalso della facoltà di non rispondere. I militari sono giunti sul luogo nei pressi di Monza grazie ai tabulati e alle intercettazioni telefoniche che hanno predisposto fin dal 26 novembre 2009, giorno in cui sono iniziate le ricerche di Lea Garofalo, controllando di fatto i telefoni in uso non solamente alla donna ma anche alla figlia, alla sorella e al compagno. Dal numero di telefono della testimone di giustizia, l’ultima attività risulta essere l’invio di un sms verso il cellulare di sua sorella Marisa, inviato alle 19.03 del 24 novembre 2009. Dopo di allora ci sono diversi tentativi di chiamata e invii di sms fatti soprattutto da Denise Cosco. Il maresciallo ha precisato che «non sempre con i tabulati si possono evincere i tentativi di chiamata, ma con le intercettazioni riusciamo a captare anche il messaggio gratuito del gestore che avvisa che l’utente non è raggiungibile». Dalle indagini è altresì emerso che dei numeri telefonici utilizzati dai sei imputati, solo quelli di Massimo Sabatino erano realmente a lui intestati; tutti gli altri erano intestazioni fittizie, riconducibili ad identità inventate. È stato inoltre riscontrato che la sera del 24 novembre sono state effettuate una serie di telefonate incrociate tra i vari imputati.

Il maresciallo (che terminerà  di deporre il 27 gennaio) è colui il quale ha raccolto la testimonianza di Denise Cosco, la sera del 25 novembre. «Padre e figlia erano già venuti la sera prima, ma la prassi prevede che non si raccolga la denuncia di scomparsa se non sono trascorse 24 ore dalla stessa, quindi si ripresentarono la sera successiva accompagnati da alcuni miei colleghi, poiché quella mattina anche Marisa Garofalo aveva provato, a Petilia Policastro, a sporgere denuncia. La prima cosa che mi colpì fu che la ragazza non aveva mai fatto trapelare alcun sentimento di speranza di rivedere la madre, come se fosse rassegnata, consapevole che potesse essere successo qualcosa di brutto». Carlo Cosco in quelle ore si trovava in un’altra stanza per rilasciare la sua denuncia, ma verso l’una di notte «l’ho intravisto in corridoio perché stava discutendo con i miei colleghi: voleva sapere cosa la figlia mi stesse riferendo. Quando ho finito di stilare il verbale, sono uscito dal mio ufficio per recuperare le stampate e lui mi ha detto che voleva averne una copia, perché gli spettava per legge. Gli ho risposto che non era possibile; Carlo Cosco non ha invece minimamente fatto riferimento alle attività che avremmo intrapreso per ritrovare Lea Garofalo».

Il pubblico ministero Marcello Tatangelo ha chiesto delucidazioni in merito a queste ultime, chiedendo al militare di spiegare tutte le procedure messe in atto fin dai primi istanti successivi alla denuncia di scomparsa. Le indagini sono partite a 360 gradi, senza escludere alcuna pista: dall’allontanamento volontario all’incidente, dal sequestro all’omicidio. Il nome di Lea Garofalo è stato inserito in una banca dati, per cui qualsiasi segnalazione rilevata su territorio nazionale o nei Paesi aderenti alla convenzione Schengen viene inoltrata alla caserma milanese: ma ad oggi non ve ne sono state. Impossibile invece verificare un ipotetico viaggio aereo di Lea Garofalo, in quanto per chiedere le liste d’imbarco sono necessarie l’ora di imbarco e la destinazione del volo.

«Facendo i primi accertamenti – ha spiegato il maresciallo Persuich – abbiamo riscontrato che dal 20 al 24 novembre 2009 Lea Garofalo e la figlia Denise hanno pernottato presso l’hotel “Losanna”, registrate con i loro reali nomi. Ai pagamenti ha provveduto Carlo Cosco: gli addetti della reception ci hanno infatti spiegato che la ragazza si rivolgeva a lui chiamandolo Pa’». Sono inoltre stati effettuati i controlli sui conti correnti postali, sul libretto postale e sulla Poste Pay intestati a Lea Garofalo, ma i documenti risultano essere stati estinti alcuni anni fa o comunque non più in uso. L’ultima operazione risale al 30 settembre 2009: un prelievo di cento euro effettuato a Petilia Policastro utilizzando la carta prepagata.

Le indagini hanno inoltre riscontrato che Carlo e Giuseppe Cosco, così come Carmine Venturino, per tutto il 2009 risultavano essere disoccupati, così come Rosario Curcio anche se sulla carta risultava condurre un’attività in proprio con Massimiliano Floreale. Cosco Vito aveva invece lavorato nell’edilizia (in un cantiere di viale Zara) dal 19 marzo al 13 aprile, poi è risultato essere in malattia fino al 3 maggio, per poi chiedere nuovamente la mutua dall’11 maggio al 15 novembre; riprenderà il lavoro il 16 novembre fino al 13 dicembre, giorno in cui sarà licenziato. Sabatino è risultato essere invece alle dipendenze di un’agenzia ingaggiata per le pulizie presso il supermercato “Coop”, con turni che iniziavano o alle 6 o alle 7 del mattino e che duravano due ore e mezza. Di fatto la sua attività lavorativa durerà solo dal 9 al 17 dicembre 2009, giorno in cui sarà arrestato.

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