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Forconi in Sicilia, l’allarme della Cgil

Di Norma Ferrara il . Sicilia

Contro i politici, contro il caro carburante e per dare voce, ancora una volta, alla crisi che sta mettendo in ginocchio l’isola. Queste le motivazioni ufficiali che hanno portato agricoltori, pescatori e autotrasportatori a bloccare la Sicilia da più di 72 ore. Strade chiuse, traffico in tilt, cominciano a scarseggiare anche i viveri sui banconi dei supermercati perché gli autotrasportatori hanno incrociato le braccia e paralizzato il passaggio di merci. A Modica, in particolare, negli alimentari alcuni prodotti non arrivano più. Un blocco che è organizzato dal movimento “Forza d’Urto”  e che, dopo i primi giorni di silenzio da parte dei grandi mass media,  ha conquistato le pagine di giornali e servizi di telegiornali nazionali, sino al collegamento in diretta ieri alla trasmissione guidata da Michele Santoro, Servizio Pubblico. Ma Cgil e e Confindustria mettono in guardia e concordano nel lanciare l’allarme:situazione inquietante, presenze collegate alla criminalità organizzata sono nei cortei in varie aree della Sicilia. E la Cgil Sicilia, si chiede: nessuno interviene, come mai?
Si tratta di una protesta con pochi precedenti e qualche immagine già vista, come quella del forcone.  Uomini, donne, giovani protestano contro il caro benzina e dicono, a più voci, di non essere collegati a nessun partito ma di essere un movimento che protesta contro le scelte dei politici incapaci  di cambiare lo stato delle cose in questa regione e oggi rimasti inermi di fronte all’ultima manovra targata Monti. Eppure come si legge dal reportage di Erica Frasca e Francesco Ragusa, redattori de “Il Clandestino”  il movimento ospita più di un collegamento con i partiti di estrema destra, in primis Forza Nuova.  La Confindustria Sicilia ha lanciato l’allarme sulla possibilità che questa protesta popolare, motivata da vere esigenze di natura socio economica che vanno avanti da decenni senza soluzione, venga infiltrata da soggetti collegati alla mafia. Rapido il “no” dei manifestanti, che si dicono offesi e denigrati da queste affermazioni e chiedono, anche davanti alle telecamere di “Servizio Pubblico”  di “fare i nomi di questi mafiosi che sarebbero presenti nei blocchi sparsi in Sicilia”. Il presidente Ivan Lo Bello,  ai microfoni di Start, la trasmissione del GR Radio Rai, ha precisato«Noi abbiamo evidenze che in molte manifestazioni nei blocchi che stanno creando tante difficoltà in Sicilia erano presenti esponenti riconducibili a Cosa Nostra. Questo non significa che la mafia sia dietro le manifestazioni, ma siamo preoccupati che un disagio reale della gente dell’Isola sia cavalcato da personaggi senza credibilità e dal dubbio passato, da infiltrazioni della criminalità organizzata e da altri fenomeni che finiranno solo per aumentare un ribellismo generico che non risolverà alcun problema». Da Catania al convegno della Coldiretti, sulla sofisticazione e contraffazione alimentare, a margine dell’incontro, anche i magistrati si pronunciano su questo “blocco” siciliano di protesta. Il procuratore di Palermo, Francesco Messineo conferma di non poter escludere che ci siano queste presenze e  il procuratore nazionale, Piero Grasso, dichiara: «In un contesto di territorio dove c’e’ una presenza della criminalita’ organizzata di tipo mafioso e’ anche possibile” una sua infiltrazione tra chi protesta in occasione della sollevazione dei ‘forconi’ in Sicilia. Non si può però generalizzare, bisogna accertarlo».  E dallo stesso convegno arriva un ulteriore constatazione sul blocco dei Tir e le conseguenze che ne derivano per i prodotti del settore agricolo. Dicono i responsabili della Coldiretti: «tonnellate di frutta e verdura stanno marcendo nei campi, mentre si sta buttando il latte. Oltre al disagio per i consumatori, la protesta sta causando danni per milioni di euro ai produttori, che rischiano inoltre di perdere numerosi accordi commerciali. Per questo l’associazione ribadisce l’esigenza di una soluzione che possa garantire lo svolgimento del lavoro». 
Da anni in piazza, spesso in solitudine, i sindacati chiedono di rimettere in moto l’economia della regione, di intervenire sulla disoccupazione. Oggi si trovano davanti a questo movimento che parla di “rivoluzione” e di “protesta contro la situazione economica e politica”. Abbiamo intervistato il segretario generale della Cgil Sicilia, Mariella Maggio, che in queste ore sta cercando di monitorare la situazione e segnalare anomalie. 
Nemmeno nelle grandi manifestazioni dei sindacati si era riuscito a bloccare la Sicilia, che sta succedendo?
Accadono due cose. Da un lato si è messa in moto una  protesta di cui tutti state leggendo e conoscendo i contorni e della quale denunciamo i metodi sbagliati. Lo abbiamo fatto anche ieri in un comunicato congiunto con tutte le sigle sindacali. Dall’altro che nessuno, fatto senza precedenti, stia intervenendo. Per cinque giorni questo movimento ha bloccato la Sicilia senza alcuna resistenza. Per molto meno, quando siamo scesi in piazza (autorizzati come prevede la legge)  contro la crisi e l’assenza di politiche su sviluppo e pianificazione economica, in nome della sicurezza e dell’ordine pubblico sono state contenute e bloccate anche le proteste più piccole. Non  sappiamo  come mai si interviene su sit – in e non su un movimento che blocca l’intera isola, che sta già creando gravi danni all’agricoltura e all’economia, che si vanno ad innestare su una situazione grave in cui versano i siciliani e della quale denunciamo quotidianamente l’emergenza».
Concordate con Confindustria quando lancia anche l’allarme sulle infiltrazioni mafiose nel movimento?
 «Abbiamo segnalazioni attendibili  da parte dei nostri aderenti, da diversi angoli della Sicilia, da Priolo, a Catania, a Gela, che dentro la protesta, ci siano anche forze oscure e malavitose. In questo concordiamo con l’allarme lanciato dalla Confindustria Sicilia e riteniamo quantomeno inquietante che di fronte a questo, niente non ci siano state reazioni e si sia rimasti fermi».
«La situazione è molto grave, chiediamo da tempo un tavolo di lavoro con la Regione, chiediamo e protestiamo. Abbiamo fornito sei mesi fa i numeri di questa crisi economica che in Sicilia si innesta su una situazione di emergenza continua ma poco si muove. Il problema è che dentro questa protesta c’è una strumentalizzazione di queste ragioni. In una condizione come questa è normale trovare un seguito, anche in cittadini, commercianti, studenti. Con loro stiamo parlando in queste ore per fare capire ch
e questo tipo di protesta, con queste ombre all’interno, non è la via giusta. Pur ritenendo legittimo protestare, condanniamo la “qualità” della protesta, i metodi e riteniamo che le ragioni vadano portate avanti diversamente, come facciamo da anni. 
Metodi diversi ma simili ragioni, dunque? 
No, vorrei anche precisare anche che quelli che vedete in piazza in questi giorni, a bloccare l’intera isola, portano e rivendicano diritti di categoria. Un corporativismo, sostanzialmente. Quello che invece i sindacati hanno fatto in questi anni e continuano a fare ogni giorno è chiedere interventi strutturali, complessivi e che migliorino le condizioni di tutti i siciliani. Non di una parte. Serve risollevare la Sicilia, serve farlo a partire da nuove e diverse politiche economiche, che non sperperino risorse. Serve intervenire sulla grossa fetta di evasione fiscale, sull’economia sommersa, che in questa regione comprende tutto.   Di fronte alla situazione in cui versano i siciliani è chiaro: è facile incanalare il consenso, anche di chi, sino ad ora, aveva scelto altri metodi per far sentire la propria voce. Ma serve mirare ad uno sviluppo complessivo e non stare con chi difende una corporazione, una categoria. 

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