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L’Ungheria non è così lontana

Di Antonio Mura il . Internazionale, Progetti e iniziative

«...Mi ricordo le fotografie dei carri armati, io passavo i pomeriggi a ritagliarle, a incollarle sopra pezzi di cartone, un bambino, un bambino…». Questo il passaggio della canzone di Francesco De Gregori “il ’56”, dell’album “De Gregori”, del 1978. Erano i ricordi d’infanzia delle vicende ungheresi che portarono all’invasione dell’Armata Rossa di Budapest quell’anno. 2012, non ci sono più i carri armati né rivolte da sopprimere. Almeno finora. C’è una nuova Costituzione, entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno, e c’è una legge, soprattutto, che cerca di imbavagliare la stampa magiara. Per questo ieri a Roma erano in tanti davanti all’Ambasciata d’Ungheria a manifestare contro le nuove disposizioni varate dal governo nazionalista di Viktor Orbán.

In prima fila l’FNSI italiana, con Roberto Natale e Franco Siddi. I due hanno messo in evidenza come tali misure liberticide che cercano di addomesticare l’informazione vadano contro le regole e i diritti di cittadinanza degli ungheresi e contro, soprattutto, le norme dell’Unione Europea, di cui Budapest fa parte. «Bruxelles» ha detto Natale «deve dimostrare che non è un’istituzione senz’anima: si è fatta sentire contro quei paesi che in questo periodo di crisi dovevano dotarsi di nuovi piani economici, necessari per tenere in vita la moneta e l’Unione stessa. In Ungheria si tratta d’altro, di diritti civili che il governo ungherese sta cercando di calpestare. Ebbene se ha un’anima abbia il coraggio di chiedere conto di quanto sta succedendo al governo Orbán».

Ungheria e il ’56, Repubblica Ceca e Jan Hus. Che c’entrano? Che gl’interessa ai cechi? E a noi che interessa? Tana De Zulueta, ex parlamentare ci tiene a dire che l’Ungheria riguarda tutti gli stati che fanno parte dell’Unione Europea, ma non solo. Ribadisce infatti che l’Ungheria non è stata il pioniere di simili misure contro la stampa: «Vorrei ricordare ai presenti che fino a qualche mese fa sui giornali italiani impazzavano le discussioni su provvedimenti molto simili che il nostro governo precedente aveva in serbo e che ora in Ungheria sono legge dello stato. Quindi convinciamoci innanzitutto di questo: quel che succede in un’altra nazione europea deve appartenere anche alla nostra opinione pubblica». In effetti sempre citando la medesima canzone del cantautore romano, «…a guardare nei ricordi sembra ancora ieri…», ma la memoria degli italiani è corta per quel che succede nel proprio cortile, figuriamoci se qualunque cosa di qualsivoglia portata dovesse succedere oltralpe od oltremare…

Ma i Radicali, attraverso la voce del loro segretario Mario Staderini, promettono battaglia: «Siamo ovunque, figuriamoci se potevamo mancare a questa manifestazione di protesta. Quando si tratta di proteggere i diritti civili di un cittadino, sia esso italiano, ungherese, europeo, dobbiamo esserci. Spero che anche le altre forze politiche e le istituzioni italiane ed europee si rendano conto che la battaglia per la libertà di infomazione e per i diritti politici e civili in generale rafforzano la coesione dei paesi membri». A chiudere l’evento una testimonianza di una giornalista di RaiNews, in collegamento telefonico spiega come i giornalisti della tv di stato della città danubiana stiano reagendo ad Orbán: c’è uno sciopero, ciascun giornalista lo fa per due giorni, poi un altro, prende il suo posto, e così via. Si alternano nella protesta. Sulle rive del Danubio lo sanno già, sarà uno sciopero ad oltranza. Stiamogli accanto: se la Cina è vicina figuriamoci l’Ungheria. Anche se da qui ci diciamo che “…tutto mi sembrava andasse bene…”, rendiamoci conto che così non è. Francesco De Gregori, 1978, ce lo aveva già detto.

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