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Antimafia, le sfide del 2012

Di Gaetano Liardo il . L'analisi

Come sarà il 2012 sul fronte della lotta a criminalità e illegalità? La domanda è d’obbligo, considerando i costi sociali ed economici che derivano da mafie, corruzione, riciclaggio e evasione fiscale. Macigni che frenano lo sviluppo della Penisola e impoveriscono la società. Proviamo a fare una piccola lista di alcune delle tante sfide che attendono il movimento antimafia in questo nuovo anno, e le proposte da avanzare a Governo e Parlamento.

Corruzione

E’ la tassa occulta che ogni cittadino italiano è costretto a pagare. Una massa di denaro sperperato e perso. Lo scorso dicembre Libera e Avviso Pubblico hanno consegnato al Presidente della Repubblica un milione di firme raccolte per chiedere che l’Italia si impegni realmente nel contrastare la corruzione, ratificando, innanzitutto, la Convenzione di Strasburgo del 1999. Sul piano politico qualcosa sembra muoversi. Il ddl anticorruzione varato dal governo Berlusconi nel marzo del 2010 è stato approvato dal Senato nel giugno del 2011. A parte l’iter molto lungo, il testo risulta obsoleto e non del tutto ottimale per contrastare il fenomeno. Così l’esecutivo Monti ha deciso di premere l’acceleratore. Nel giro di poche settimane il ministro Severino, intervistata dal Corsera, ha parlato di: «Misure coordinate per segnare la fine di un sistema che scoraggia gli investitori premiando i corrotti e chi non paga e penalizzando le persone per bene». Il Professore, dal canto suo ha parlato di una: «Scossa e una accelerazione potente alla lotta contro la corruzione che frena gli investimenti». Infine, il 28 dicembre scorso, il ministro della Pubblica Amministrazione Patroni Griffi ha istituito una Commissione di studio sulla trasparenza e la prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione. Composta da componenti altamente qualificati, la Commissione avrà il compito di studiare e approfondire la materia, e quindi formulare proposte normative. Il tutto in tempi molto stretti, come precisato nello stesso decreto ministeriale. Tra le tematiche da analizzare sicuramente l’auto-corruzione, la corruzione tra privati, e la necessità di attuare la norma inserita nella finanziaria del 2008 che prevede la confisca e l’utilizzo sociale dei beni confiscati ai corrotti.

Beni Confiscati

Sono il simbolo della vittoria dello Stato contro le mafie. Spesso, tuttavia, l’incapacità, colpevole o incolpevole di alcune amministrazioni locali, li ha trasformati nel monumento all’inefficacia delle istituzioni nel contrastare i boss. La legge 109/96, approvata dal Parlamento dopo la raccolta di un milione di firme organizzata da Libera e Avviso Pubblico, sul riutilizzo sociale dei beni sottratti ai mafiosi ha subito duri colpi negativi. Nonostante i tanti successi, le piccole grandi vittorie del mondo dell’associazionismo e delle cooperative, è una legge che ha dato molto fastidio. Ciclicamente si è tentata di indebolirla. Il precedente esecutivo di centro-destra ha cercato anche di vendere i beni confiscati. Il Codice antimafia, approvato lo scorso settembre, ha nuovamente mostrato i limiti del governo Berlusconi sul fronte del sequestro-confisca dei patrimoni sottratti ai boss, oltre che la mancata volontà di semplificare, migliorandola, la regolamentazione relativa al riutilizzo sociale dei beni confiscati. A ciò si deve aggiungere la necessità di un intervento relativo alle ipoteche che gravano sui beni, e che spesso ne impediscono il recupero e l’affidamento. Sfide che rimangono aperte nel 2012, anno del trentesimo anniversario dell’omicidio di Pio La Torre, il padre della legislazione sulla confisca dei beni ai mafiosi. La speranza è che si possano migliorare le norme approvate con il Codice, rendendo più efficace la doppia azione positiva delle istituzioni: confisca e riutilizzo sociale del maltolto.

Usura

Con la crisi economica in corso l’usura è uno degli strumenti più potenti delle mafie per allungare le mani sull’economia legale. La denuncia viene da Sos Impresa che invita istituzioni e forze dell’ordine a non sottovalutare il fenomeno, oggi più che mai appannaggio delle grandi organizzazioni criminali. L’usura, così come il riciclaggio di denaro sporco, rappresentano due delle sfide più importanti per il contrasto ai mafiosi. Tuttavia, dal punto di vista legislativo si registrano grandi problemi. La legge 108/96, importante strumento antiusura, è obsoleta. Non è stata mai aggiornata dopo l’approvazione e manifesta numerosi limiti. Lungaggini burocratiche, tempi estenuanti per l’accesso al fondo antiusura, spesso non dotato di adeguati strumenti finanziari. Inoltre, sempre più spesso gli usurai restano a piede libero per la scadenza dei tempi della custodia cautelare, rappresentando una minaccia per chi denuncia. Problemi, questi, che hanno provocato un drastico calo delle denunce. Serve, con urgenza, un intervento legislativo, attento e puntuale per non disperdere quindici anni di attività di contrasto all’usura.

Ecomafie

Il danno c’è, ma il reato no. Succede così che uno dei business più appetitosi per i boss è anche una delle pratiche illegali più sicure. Lo smaltimento illegali di rifiuti tossici e pericolosi, le illegalità ambientali, quelle nel ciclo del cemento sono perseguibili esclusivamente con multe e contravvenzioni. In Italia, infatti, i reati contro l’ambiente sono di natura contravvenzionale, non penale. Una lunga battaglia che da anni vede in prima fila Legambiente, l’associazione che monitora le ecomafie nel nostro Paese. Le ripetute richieste di interventi legislativi per rendere penalmente rilevanti i delitti contro l’ambiente non hanno prodotto risultati. Un vuoto che necessita di essere riempito, in tempi stretti. Strettissimi.

Intercettazioni e informazione

Quella sulle intercettazioni è stata una lunghissima battaglia combattuta da giornalisti, magistrati e forze dell’ordine contro una fetta trasversale della classe politica. Ad oggi, sembra essere tutto bloccato. Anche se occorre mantenere alta la guardia. E’ sempre forte la tentazione, ogni qualvolta la stampa parla dei grandi scandali della politica, di cercare di mettere il bavaglio all’informazione. Se le intercettazioni sono, momentaneamente, salve è sempre alto il rischio che corrono i cronisti che cercano di far bene il proprio lavoro. Dal monitoraggio di Ossigeno per l’Informazione è sempre più folta la lista di giornalisti che subiscono minacce più o meno velate dai boss, infastiditi per la troppa attenzione ricevuta. Altro macigno che hanno di fronte gli operatori dell’informazione è rappresentato dalle querele temerarie. La richiesta, cioè, di risarcimento danni milionaria che politici e imprenditori avanzano nei confronti di chi scrive troppo. Una notizia rassicurante viene dallo Sportello antiquerele di Libera Informazione, Fnsi, Stampa Romana e Articolo 21 che garantisce gratuito patrocinio legale a tutti quei cronisti che non hanno la possibilità economica di affrontare i costi di un processo. Obiettivo del percorso è di proporre modifiche legislative sul risarcimento in sede civile sulla legge sulla stampa, ferma al lontano 1948.

Procure vuote, tagli e ritagli

Il 2011 è stato l’anno dei tagli “lineari” di Tremonti. Per far cassa si è scelto di risparmiare in tutto. Poco importa se, d’incanto, le forze dell’ordine si sono trovate a non avere i fondi per pagare la benzina, rinnovare il parco auto e pagare gli straordinari agli agenti impegnati in servizio. La stessa Dia, l’intelligence antimafia italiana, ha rischiato di essere cancellata. Troppo costosa. Il sistema giudiziario ha rischiato più volte di collassare. Niente soldi, poche assunzioni, procure con un solo Proc
uratore e senza personale a disposizione. Una situazione insostenibile per un paese democratico che deve sostenere la sicurezza dei cittadini, amministrare la giustizia e affermare la sovranità dello Stato laddove è questa è messa in discussione dallo strapotere delle mafie.

 

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