Il porto di Trapani e il Capodanno degli operai
Non è solo una delle “tante” storie della nostra Italia colpita dalla crisi. E’ si una storia di lavoratori che di colpo hanno visto svanire lavoro e stipendi, ma non solo per colpa della crisi. Da oltre un mese 30 operai occupano una petroliera attorno alla quale la politica trapanese, quella più altisonante, ha festeggiato e brindato fin quando le alleanze intessute al suo interno, tra “famiglie” e “famiglie”, hanno tenuto. Oggi questa petroliera è ferma all’interno di quello che fu il più importante cantiere navale di Trapani, tanto da chiamarsi proprio così, Cantiere Navale di Trapani, l’armatore dapprima non l’ha voluta prendere, e saldare i conti, perché nonostante un paio di volte sia stata fatto il “varo”, la nave non è completa di tutto, poi quando ha cercato di prendersela, glielo hanno impedito gli operai del cantiere che sono saliti a bordo procedendo alla sua “occupazione”.
La petroliera “Marettimo M.” (M come Mednav, società armatrice) da dove si trova non si muove, “prima gli stipendi, la garanzia per il nostro lavoro e poi la nave potrà andare via” dicono le maestranze. Questi operai non hanno conosciuto l’atmosfera di festa che nonostante tutto ha invaso l’Italia e le nostre case. Da due mesi e oltre occupano l’ingresso del cantiere, da qualche settimana la nave, non si danno più il turno tra loro per garantire presenza al presidio, sono giorno e notte presenti nel cantiere e con loro le famiglie e un gruppo di giovani coinvolti dall’attivismo di un loro coetaneo, Francesco Bellina che a Trapani è uno dei dirigenti di Rifondazione Comunista, certamente quello che più si fa sentire. Poi ci sono gli attivisti di alcuni circoli sociali come “AMalatesta”, e poi altri che rispetto alla moltitudine di insensibilità non sono rimasti insensibili. Anche Italia dei Valori ha fatto sentire più volte la sua voce, anche con interventi portati fin dentro le aule parlamentari.
Il Governo regionale si è limitato a fare annunci di finanziamenti imminenti. I sindacati da tempo sembrano avere tirato i remi in barca. Giorni addietro, alla vigilia di Natale, in piazza Municipio mentre si festeggiava la legalità, con tanto di “neve” sparata in piazza dai cannoni (festa voluta dalla Questura, e il Comune di Trapani non ha voluto essere semplice spettatore) da lontano potevano sentirsi i “tam tam” che arrivavano dalla petroliera occupata, suono sordo di tamburi per ricordare che c’era quella protesta in corso e che era causa della più grande delle illegalità commesse a Trapani. Il mancato rispetto di contratti di lavoro. Perché non rispettare un contratto di lavoro è prova di una illegalità.
Paradossale quello che accade a Trapani. Il porto, quello osannato e festeggiato con le lussuose barche a vela della Coppa America, quello trasformato da una infinita serie di lavori pubblici condotti in un battibaleno, con la super visione di Cosa nostra, checché se ne dica ci sono le sentenze, quel porto che però è rimasto incompiuto (40 milioni di euro di nuove banchine rimasti spesi senza risultato) quando si è scoperto che i fanghi provenienti dall’escavazione dovevano finire su di una chiatta per essere gettati al largo, o ancora finire su dei camion diretti in discariche “abusive”, il porto di Trapani, quello che la storia dice doveva essere l’approdo vero di Garibaldi quando invece i Mille finirono con lo sbarcare a Marsala, il porto che si vuole essere la porta d’entrata e d’uscita del continente Europeo e che guarda verso quello Africano, il porto dai mille traffici (anche qualcuno illegale, armi e rifiuti tossici), sale, marmo, ecco questo porto che mai avrebbe dovuto conoscere la crisi invece è in crisi. Profonda crisi e prima che lo “spread” si mettesse a fare le bizze. La storia ci consegna una realtà cantieristica di grande valore, eppure il maggiore dei cantieri navali chiude, qualcun altro si trasforma addirittura in una boutique per velisti, altri solo in aree di “parcheggio” per barche tirate a secco. Il porto che doveva rinascere, così andavano dicendo i politici locali, che se la prendevano anche male con la magistratura quando questa andava scoprendo illeciti di diversi natura, oggi rischia di scomparire.
Quando si andavano facendo quelle dichiarazioni altisonanti sul porto – si badi bene le dichiarazioni erano bipartisan, da destra a sinistra, passando per il centro – c’erano una serie di alleanze che funzionavano. Quella più importante quella tra l’allora sottosegretario all’Interno, senatore Antonio D’Alì (lo stesso che oggi è indagato davanti al gup di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa) e la famiglia D’Angelo-Culcasi, che è anche un gruppo imprenditoriale che gestisce il Cantiere Navale di Trapani. Politica e impresa, e sogni di gloria. In questo scenario un giorno arrivarono a Trapani imprenditori dalla Sicilia Orientale che chiesero al cantiere navale di costruire la prima di una serie di petroliere. Comunicati esaltanti, ricchezza fatta toccare con mano, girandola di meriti, ma poi, presto, cominciarono i guai. Mentre si scioglieva come neve al sole quella alleanza tra D’Alì e il gruppo imprenditoriale una volta a lui vicino. E il gruppo imprenditoriale a quel punto si presentava nella sua vera veste fatta di grande fragilità.
Arrancano, infatti, i lavori per costruire la nuova petroliera, l’armatore nel frattempo diventa altro, le altre commesse spariscono. Le imprese dell’indotto cominciano a non vedere arrivare i pagamenti, le imprese che facevano da satellite al Cantiere Navale di Trapani si rivelano quasi delle scatole vuote, non c’è giorno che non ci sia una protesta, le cose vanno bene fino a quando la petroliera non viene messa in mare per la prova di galleggiamento, prova superata, ma poi il completamento non arriverà mai. Quando al Cantiere Navale di Trapani le cose andavano bene arrivavano i politici, D’Alì e la moglie Antonia Postorivo con questa che fece da madrina al varo (per finta), Walter Veltroni e Anna Finocchiaro che marito e moglie non sono ma sono autorevoli maggiorenti del Pd, venne anche Raffaele Lombardo, presidente del Governo regionale. Oggi che le cose non vanno bene nemmeno l’ombra di un consigliere comunale.
La società datrice di lavoro, Cantiere Navale di Trapani (CNT), è controllata dalla “Satin” ed entrambe le realtà societarie sono amministrate dalla stessa persona, il dott. Giuseppe D’Angelo. Il Cnt ha eseguito i lavori in subappalto (concessi dalla sua controllante Satin) per la realizzazione di una petroliera, commissionata da “Augusta due”, per un importo pari a 44 milioni di euro. Quindi, “Augusta due” sta pagando la “Satin” che, a sua volta, sta corrispondendo il prezzo del subappalto alla società “Cnt”, la società che di fatto ha realizzato il bene per il committente. I soldi per pagare i dipendenti “in crisi” di “CNT” subiscono dunque il “filtro” della “Satin” deciso dal medesimo soggetto amministrante. “Cnt” è attualmente sotto procedura fallimentare e l’amministratore “in comunione” vorrebbe mettere in mobilità (leggasi licenziamento) i dipendenti ed ottenere, in favore della società “Satin”, l’affitto del ramo di attività della società “Cantiere Navale Trapani”.
Nel frattempo i lavori sono stati completati e la ditta “Satin” pare essere debitrice nei confronti della società Cantiere Navale Trapani per la modesta (!) somma di 3,3 milioni di euro. “Augusta due” per ultimare i pagamenti chiede la consegna della petroliera ma i lavoratori a rischio di mobilità si stanno opponendo poiché non capiscono per quale ragione “Augusta Due” abbia pagato la commessa mentre la società che ha eseguito i lavori (CNT) è in crisi ed è inoltre orientata ad affittare l’attività a condizioni agevolatissime alla “Satin”, sua debitrice.
L
’avvocato Giuseppe Gandolfo di Italia dei Valori si chiede: “Esistono strumenti legali ed atti istituzionali attraverso cui potere verificare se debbano essere i lavoratori a pagare con il proprio stipendio il prezzo di queste operazioni? La risposta è sì; specialmente in periodi di grande crisi la politica ha il dovere d’intervenire per tutelare i più deboli. Lo Stato stesso e le sue disponibilità finanziarie sono attualmente esausti ed il processo di ristrutturazione che intende attuare il dottor D’angelo incide pesantemente sui conti dell’INPS, dal momento che in situazioni di questo tipo è possibile, a determinate condizioni, derogare al versamento del contributo d’ingresso, previsto in materia di mobilità, in favore dell’istituto di previdenza che in questa specifica circostanza ammonta a circa 320 mila euro. Italia dei Valori Sicilia intende intervenire in modo deciso e nelle adeguate sedi istituzionali”.
Ma è proprio vero che il porto e la cantieristica sono così in crisi? A Trapani non la pensano così, qualcuno è convinto che in crisi sono entrati rapporti personali e politici, e che gli interessi ci sono perché il porto torni presto vivace da un punto di vista produttivo. Che significa? Significa che l’area oggi occupata dal cantiere Navale di Trapani è un’area che fa gola e che altri imprenditori del mare la vorrebbero far propria. Un nome? Quello dell’armatore Morace, patron del Trapani Calcio e prima ancora deus ex machina della compagnia di navigazione Ustica Lines. Morace, napoletano verace, è arrivato a Trapani da Messina, doveva essere una gita la sua e invece qui si fermò, abbandonando la cantieristica messinese. Dapprima qualche aliscafo, poi la flotta è cresciuta, negli ultimi anni un investimento di oltre 14 milioni di euro per comprare una serie di navi e traghetti che però spesso sono rimaste ferme in banchina, qualcuna di queste navi è stata usata dalla protezione civile nazionale per portare via da Napoli immensi carichi di rifiuti. Morace ha ora pensato a fare anche un suo cantiere. Intanto le sue navi per i lavori in cantiere a quello di Trapani, dietro l’angolo, ne preferiscono uno di Napoli. Il suo sponsor in tutto e per tutto è l’attuale sindaco di Trapani, Girolamo Fazio, che è tanto amico di Morace da avere pensato a lui, e anche alla moglie dell’armatore, per le prossime elezioni a sindaco. Fazio è al secondo mandato non può ricandidarsi ma l’erede vuole sceglierlo lui. Morace guarda all’area del Cantiere Navale di Trapani, se il Cnt smobilita, lui è pronto a fare investimenti. E allora per questa ragione nei giorni precedenti il Natale quando si è fatta festa in piazza a Trapani, col sindaco Fazio sul palco molto difficilmente si poteva pensare a quegli operai in lotta, “mors tua vita mea”.
La petroliera “Marettimo M.” (in un primo momento doveva chiamarsi Favignana, poi si è scoperto che un’altra petroliera di uguale nome solcava già i nostri mari) è pronta (si fa per dire) da cinque anni. Di muoversi non si muove, la “mobilità” si desidera che venga fatta dagli operai. “Mobilità significa licenziamento – si leggeva giorni or sono in un blog dove si faceva parlare un operaio – e questo continuiamo a ripeterlo ad ogni occasione. Intanto la Cnt ci licenzia, con la garanzia, solo ed esclusivamente verbale, di essere riassunti dalla Satin, un’altra ditta di D’Angelo che detiene la maggioranza della CNT ed è la nostra principale committente, lasciandoci profonde incertezze a proposito di diritti acquisiti, anzianità”. L’ultima pensata è di quelle che poi ti fanno girare i “caciucchi” (termine inventato da Fiorello quando imitava il presidente Ciampi). Gli operai senza stipendio dovrebbero diventare padroni di se stessi, entrare come soci nella Satin. E con queli denari? Quelli del “loro Tfr”. Siccome a quanto pare non ci sono nelle casse nemmeno i soldi per pagare il Tfr si fa una manovra tutta sulla carta e quei soldi vengono trasformati in azioni. Chissà se quei pezzi di carta saranno disposti a prenderseli le banche per far credito oppure il supermercato sotto casa dove andare a fare la spesa. Risposta scontata, della serie “non ci provate neppure”.
Intanto per avere meglio presente di cosa si parla ecco di seguito una cronaca (pubblicata su web) del giugno 2009, quando in pompa magna si inaugurò la Petroliera che è già vechcia senza che ha mai ha navigato un solo giorno.
22 giugno 2009
136 metri di lunghezza, 26 di larghezza e 18 mila tonnellate di portata. Sono i numeri della «Marettimo M.», cioè la più grande petroliera mai costruita in Sicilia. La cerimonia per il battesimo di questo autentico gioiello di ingegneria navale realizzato dal gruppo Satin-Cantiere Navale di Trapani, la naming ceremony, ha avuto luogo lo scorso sabato 20 giugno al porto di Trapani.
La nave, un gigante del mare messo in acqua qualche settimana fa in occasione del varo tecnico, è frutto di una maxi commessa da 40 milioni di euro affidata al gruppo Satin-Cnt da Augusta Due, uno dei maggiori armatori italiani con sede a Roma, specializzato nel trasporto di prodotti per l’energia e derivati petroliferi sia allo stato grezzo che raffinato, che opera con una flotta di 26 navi noleggiate alle più importanti multinazionali del settore tra cui Eni, Shell, Agip, Exxon e Total Fin.
Il progetto, nato nel 2006 con il Banco di Sicilia, è finanziato da Unicredit Leasing, Unicredit Corporate banking, Banca Nuova, Intesa San Paolo e Montepaschi Siena. “Questa nave – ha spiegato Giuseppe D’Angelo, presidente della Satin spa e della Cantiere Navale di Trapani spa – è il risultato di una commessa interamente siciliana, in quanto sia l’armatore che il cantiere, che ha dato lavoro a circa 400 persone, sono siciliani. La petroliera, che sarà consegnata tra tre mesi, è stata noleggiata da Augusta Due in “time charter”, ovvero in un contratto di noleggio a tempo per il gruppo Eni che quindi la utilizzerà per i suoi trasporti di carburante.
Marettimo M. (M sta per Mednav) è dotata dei più avanzati mezzi di sicurezza, tra cui la doppia carena, un’intercapedine di circa 1,5-2 metri tra lo scafo esterno e le cisterne di carico che impedisce, in caso di collisione, che il carico si versi in mare. La nave, una “ice class”, ovvero dotata di particolari rinforzi che la rendono adatta a navigare anche nei ghiacciai, verrà impiegata in Europa. Essendo più larga degli standard rispetto alla lunghezza, potrà muoversi agilmente per le manovre nei porti piccoli. Dopo la benedizione da parte di padre Ninni Treppiedi, la madrina della manifestazione, Antonia Postorivo D’Ali’, battezzerà ufficialmente la nave con il classico rito della bottiglia, accompagnato dal suono delle sirene.
Una curiosità: la bottiglia utilizzata per infrangersi sulla nave è stata una Mathusalem da 6 litri, realizzata appositamente dalle cantine Ferrari e personalizzata con il nome della nave e la data del battesimo.
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