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Francesco Mazzotta, Dia di Lecce: “L’ istituto delle misure di prevenzione è essenziale nella lotta alle mafie”

Di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

«I risultati di questa indagine testimoniano l’ attenzione della Direzione Investigativa Antimafia all’ aggressione dei patrimoni illeciti e l’ efficacia delle misure di prevenzione patrimoniali nel contrasto alla criminalità organizzata», afferma il tenente colonnello Francesco Mazzotta della Dia di Lecce.

«L’ istituto delle misure di prevenzione – continua Mazzotta – così come contenuto nel codice antimafia, sulla base dei positivi risultati ottenuti sotto il profilo qualitativo e quantitativo soprattutto negli ultimi decenni, è unanimente riconosciuto come essenziale e necessario sul terreno di una moderna strategia di lotta alla criminalità».

Il tenente colonnello della Dia sottolinea l’ efficacia della norma: «Con la nuova normativa, che ha consentito l’ ampliamento dei soggetti destinatari delle misure di prevenzione, l’ indizio di pericolosità sociale ravvisabile anche ad un periodo successivo a quello della pena già scontata, l’ applicazione della confisca anche agli eredi di chi muore prima dell’ avvio o durante il procedimento penale, le misure di prevenzione hanno dato dimostrazione agli appartenenti alla criminalità organizzata che il delitto non paga».

Il colonnello Mazzotta si sofferma poi anche sull’ importanza della tigre posseduta dal Vetrugno: «Quella tigre per Lucio Vetrugno non era solo uno status symbol agli occhi degli altri malavitosi salentini ma anche una forma di potere e di tutela personale. E all’ animale nessuno si poteva avvicinare. Quella gabbia era grande, nel Salento non ci sono stati altri casi. Ma oggi quell’ animale è in uno zoo». Interessante ciò che dice il colonnello proprio a proposito della gabbia: «Sotto la gabbia, al centro, c’ era una botola che comunicava con una stanza. Si racconta che Vetrugno in quella botola nascondesse la droga e qualche latitante, protetti dalla tigre. Quella gabbia era grande come quelle dello zoosafari per intenderci».

«La tigre – continua Mazzotta – è stata cresciuta dal Vetrugno per sedici lunghi anni, lui era anche l’ unico a darle da mangiare. Ogni tre giorni la tigre divorava una pecora, Vetrugno aveva un allevamento di pecore. Quando la tigre fu sequestrata, rimase nella masseria sotto la custodia giudiziale. E si pose il problema di chi potesse darle da mangiare visto che solo Lucio Vetrugno poteva avvicinarsi. Oggi, per fortuna, il problema è risolto». 

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