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Rassegna stampa (22 – 27 aprile 2008)

Di redazione il . Rassegne

Questioni di misure. Quelle che sottolineano la distanza talvolta ridotta altre invece ancora abissale fra un fronte che avanza, quello dell’antimafia e uno che continua a resistere e rinnovarsi, nonché uccidere e soffocare. La partita, sempre aperta in tutto il territorio nazionale, questa settimana, letta attraverso la stampa, sembra svolgersi soprattutto in Calabria. La criminalità organizzata ragiona con le armi e con la tecnologia, ma subisce un duro colpo, vengono sequestrati beni per 50 milioni di euro alla cosca dei Condello. Il provvedimento colpisce società, fabbriche, conti correnti bancari e postali, polizze assicurative e fondi d’investimento. Tesoro ufficialmente gestito dall’imprenditore Lanetti, calabrese residente a Cesena, accusato anche di aver favorito la latitanza del supremo. Storie di riciclaggio di denaro che sempre più la ‘ndrangheta, come emerge anche dall’ultima relazione della commissione antimafia, è costretta a far lavare attraverso imprese solide e insospettabili in regioni del centro Nord, come l’Emilia Romagna. (Avvenire 23 aprile 2008). E nella terra dei Condello si giocano in queste settimane partite difficili, sul filo del rasoio coinvolgendo come ai tempi del pool antimafia a Palermo, mafia, magistratura e società civile in una commistione di intrecci che risultano preoccupanti anche per i più esperti (Quotidiano di Calabria 26 aprile 2008).

 

Ci sarebbero un altissimo grado di irresponsabilità, scarso senso dello Stato e parentele troppo pericolose dietro lo scioglemento del Comune di Gioia Tauro (Rc). Nell’atto con cui il Ministero dell’Interno emerge il quadro di un’amministrazione guidata e pressata dai clan locali, i Piromalli, i Molè e altre famiglie a loro legate (Quotidiano di Calabria 12, Gazzetta del SudIl Mattino 24 aprile 2008). Le polemiche avanzano, il Sindaco non ci sta e attraverso la stampa si dice fiducioso che le cose si chiariranno e incuriosito dal fatto che un governo ormai caduto si preoccupi di sciogliere un comune per mafia. Va da se che i governi cadono ma la democrazia e le istituzioni rimangono e continuano il loro corso e se ci sono irregolarità da spezzare, si procede. (Liberazione 27 aprile 2007).

 

In un contesto che la Cgil di Gioia Tauro non esita a definire di dissesto allarmante, in questa settimana accade purtroppo molto di più. Salta in aria un imprenditore, Antonino Princi, dilaniato da un attentato dai contorni terroristici. Investito in pieno dall’esplosione, l’imprenditore che negli ultimi anni aveva interessi anche nel settore della costruzione di centri commerciali, ha perso gambe e braccia. Secondo la Dda di Reggio Calabria l’attentato non era mirato ad uccidere ma a dare un segnale forte e chiaro. La vendetta si inserisce nella frattura creatasi fra la famiglia Piromalli e i Mulè in una regione diventata container di appalti di notevole importanza che stanno evidenziando come morte e affari siano facce diverse di una stessa medaglia in terra di mafie (Liberazione, Unità, Il Mattino, Il Corriere della Sera 27 aprile 2008).

 

Cosche che s’infiltrano, uccidono e non ultima spiano. E’accaduto al magistrato Nicola Gratteri, pm della Dda di Reggio Calabria, intercettato dai boss o da qualcun altro a soli venti metri dal palazzo di Giustizia. I Ros hanno trovato nella stanza in cui riceveva polizia giudiziaria, colleghi e testimoni o pentiti, una microspia piazzata proprio vicino alla sua scrivania. Dal pm nessun commento per quanto trapeli su tutta la stampa lo sconcerto del pm che è depositario fra l’altro dell’inchiesta sulla strage di Duisburg, sulle intercettazioni ambientali per le quali è indagato il senatore De Gregorio accusato di aver negoziato con una famiglia della ‘ndrangheta il voto degli italiani all’estero. Insieme a queste il pm segue anche il filone di una tangente in ballo fra Marcello Dell’Utri e Alfio Miccichè (il Mattino, 1 Liberazione, il Corriere della Sera, Unità , Liberazione, 28 aprile 2008).

 

Tra notizie ufficiali (Quotidiano di Calabria, Gazzetta del Sud, 2 , 3, 4, 5) e fatti che fanno notizia si inserisce anche il rapporto tra i giovani e le mafie. Hanno fatto il giro dei principali Tg nazionali e trovato posto nei principali quotidiani nazionali i pensieri contenuti in alcuni temi, rinominati choc, svolti dai ragazzi di una scuola media della periferia nord di Napoli: la camorra c’è chi la odia, per me senza non si può fare, se qualcuno vuole farci del male loro ci difendono. Frasi che recidono di colpo quel legame che spesso l’antimafia ha saputo creare proprio nelle scuole con i ragazzi, praticando legalità e conoscenza di cosa realmente sia la camorra. Così emerge ancora più stridente un dato: continua ad essere il tempo il peggior nemico da battere. Arrivare prima della camorra alle menti di questi giovani, già padroni di una visione da adulti e confusi dalla capillare presenza della camorra nel proprio quartiere, dove spesso lo Stato non c’è e la protezione la assicurano i clan locali (Il Mattino, L’Avvenire, L’Unità 123; 23 aprile 2008). Ciononostante i segnali positivi non cessano di arrivare, anche dalla Campania, anche dai giovani. Sono scesi in cento insieme ai commercianti per un sit in contro il racket a Bagnoli. Con loro Tano Grasso, presidente Fai e alcuni esponenti degli assessorati locali.(Il Mattino 26 aprile 2008, ascolta su Ecoradio).

 

Dati non incoraggianti, su mafie e giovani, però arrivano anche dalla ricerca condotta in 47 istituti superiori della Sicilia da parte del Centro Studi Pio La Torre (A sud d’Europa) e presentata lo scorso 24 aprile a Palermo (Gazzetta del Sud, 24 aprile 2008). Il 50, 9% , dei ragazzi ritiene che le mafie siano ancora più forti dello Stato. Così dalla Palermo di Addio pizzo sino alla Catania della controinformazione nonostante il nuovo corso di una Sicilia che cambia, questa generazione ha ancora poca fiducia nelle istituzioni che lottano contro le mafie. E forse poco ottimismo verso il futuro, in generale, se si considerano le tante notizie che raccontano loro degli appoggi e delle contiguità fra il sistema mafioso e quello politico – economico (Gazzetta del Sud, 23 aprile 2008).

 

Infine una curiosità dai contorni indefiniti. Sul muro circondariale della cattedrale di Palermo ha fatto la sua comparsa da un mese a questa parte il volto di Matteo Messina Denaro, incorniciato in stile Andy Warhol, con una scritta a lato: l’ultimo. In città i pareri si dividono, da un lato il questore di Palermo lo interpreta come un’incitazione a continuare il loro lavoro nella cattura del latitante, dall’altro il rappresentante speciale Osce, Carlo Vizzini senatore del Pdl e l’associazione dei familiari della Strage di via dei Gergofili, si dicono invece preoccupati per il segnale allarmante e di ostentazione che la mafia lancia idolatrando il suo ultimo capo. (Gazzetta del Sud, Avvenire, 25 aprile 2008)

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