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Castelvetrano, quel nome pronunciato da un ragazzino

Di Antonio Maria Mira il . Sicilia

Un nome e cognome. Pronunciato senza esitazione. E senza timore. Alle volte basta solo questo per capire quanto una terra sia cambiata. Soprattutto se questa terra è Castelvetrano e il nome quello di Matteo Messina Denaro. Soprattutto se quel nome nel suo paese è sempre stato impronunciabile, vietato. Quasi un tabù. Nel passato, certo, ma per molti ancora oggi. E soprattutto se questa volta a pronunciarlo è un ragazzino. E lo fa in una gran bella giornata per Castelvetrano. Con la raccolta delle olive in un terreno confiscato a Cosa nostra dove molto presto nascerà una cooperativa promossa da Libera e dalla Diocesi di Mazara del Vallo.

E poi con l’incontro di alcune scuole col vescovo, monsignor Domenico Mogavero, e il prefetto, Marilisa Magno. Segni forti e sappiamo bene come in terra di mafia i segni siano importantissimi. Nel male e nel bene. Domande dei ragazzi e risposte delle due autorità. Mafia, legalità, beni confiscati, ruolo della Chiesa e delle Istituzioni. Poi quel nome. “Perché Matteo Messina Denaro è importante?”. E la risposta del prefetto, secca e precisa : “Non è importante, è solo un criminale che noi stiamo cercando di stanare. Non può essere un simbolo di questo territorio che lui ha usato solo per i suoi interessi”. Non meno netto il vescovo. “La mafia è contro l’uomo e contro la vita”. Poche righe ma un forte segnale. “Una giornata come questa fa più male di un’ordinanza di custodia cautelare, perché sentire ragazzi che in una scuola pronunciano il nome di Matteo Messina Denaro, significa che non hanno paura di pronunciarlo, significa che non hanno paura di dire ai genitori di averlo pronunciato, e significa che i genitori non hanno paura di dire ai vicini di casa che i loro figli lo hanno pronunciato. Quindi è come un’epidemia della legalità”.

Ne è certo Dino Petralia, sostituto procuratore a Marsala, una lunghissima esperienza su queste terre, al fianco di magistrati uccisi dalla mafia come Ciaccio Montalto e Borsellino, poi al Csm e alla guida della procura di Sciaccia. Importante, questo sì davvero, questa giornata per un paese dove sembra non accadere nulla. Come in tutti i paesi di mafia. Silenzio. Tutto tace. E allora davvero le parole contano. Quel nome e cognome. E quelle pronunciate, senza reticenze o inutili giri di parole, dal vescovo e dal prefetto. Eppure per i giornali siciliani (e non parliamo di quelli nazionali…) tutto questo non è una notizia. Non lo è la raccolta delle olive su quel bene che appena un anno fa aveva subito l’incendio di molte piante. Non lo è la prossima nascita della cooperativa. Non lo è l’incontro dei rappresentanti della Chiesa e dello Stato coi ragazzi di Castelvetrano. Non lo è il loro dialogo sulla legalità. E ancora di meno quel nome e cognome pronunciato senza timore da un ragazzino. Silenzi chi si assommano ai silenzi. E questa sì è la Sicilia che non vuole cambiare.

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