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Storie di una contaminazione in corso

Di redazione* il . Lazio

L’arrivo e il radicamento delle mafie nella regione ha attraversato diverse fasi. Tutte hanno preparato il terreno per una contaminazione del territorio che oggi fa registrare una escalation di violenze, traffici illeciti e investimenti di capitali criminali nel circuito dell’economia legale. Ripercorriamole. 
Fase dell’infiltrazione – anni Settanta. Dai primi anni ’80 si stabiliscono in quest’area molti dei capi della camorra casertana e napoletana, di ‘ndrangheta e cosa nostra. Tutti di elevato spessore criminale come il clan dei casalesi e i La Torre a Formia, i Moccia e i Magliulo a Gaeta, i Tripodo a Fondi, i Cava a Sabaudia, i Santapaola e le ‘ndrine di Polistena a Latina, la ‘ndrina degli Alvaro ad Aprilia, i corleonesi e la mafia italo-americana a Pomezia (Rm) con Frank Coppola detto “Tre dita”, le ‘ndrine dei Gallace – Novella a Nettuno, Anzio e su parte del litorale romano. Negli anni ‘70, metà degli anni ‘80, arriva e opera a Roma Pippo Calò che entra in contatto con i boss della Banda della Magliana. 
Fase del radicamento mafioso- anni Novanta. A decorrere dagli novanta le mafie d’importazione si radicano, avendo tessuto e consolidato sul territorio, anche a causa della negazione e sottovalutazione del fenomeno da parte della politica locale, rapporti con la criminalità organizzata autoctona e con settori dell’economia locale. Ad esempio i clan della ‘ndrangheta sono presenti nella città di Aprilia sin dalla fine degli anni ottanta. Quei clan, da allora, controllano pezzi importanti dell’economia agricola e del ciclo del cemento a sud di Roma e sono entrati in contatto con settori importanti dell’alta finanza e con pezzi della politica romana, (c.d. colletti bianchi). A Fondi il clan Tripodo e quelli della camorra casalese sono stabilmente presenti nelle attività economiche del locale mercato ortofrutticolo, uno dei più importanti d’Italia. Sono rimasti più o meno indisturbati sino all’arrivo a Latina del Prefetto Bruno Frattasi.

 Fase della contaminazione – Quinta mafia. Dall’inizio degli anni duemila, dopo l’infiltrazione e la fase del radicamento, si è passati alla fase della contaminazione di persone e settori dell’economia e della politica locale e della criminalità autoctona. I processi che si sono tenuti e che si stanno tenendo nei tribunali del Lazio vedono come imputati del delitto di associazione mafiosa (416 bis) o reati collegati, moltissimi cittadini laziali con ruoli di organizzatori o comunque di primo piano. I magistrati della Dda di Roma nell’annuale relazione dell’Ufficio segnalano come in tutto il basso Lazio ed in consistenti territori della Capitale sia in aumento la pervasività delle mafie nel controllo dei mercati criminali del traffico delle sostanze stupefacenti, dell’usura e del riciclaggio del danaro sporco nei redditizi settori dell’edilizia e del commercio. Ad oggi, non pochi politici ed imprenditori laziali sono indagati o imputai di associazione mafiosa in indagini o processi così come sta avvenendo sempre più spesso nelle regioni a nord del Lazio. Le mafie dopo la fase del radicamento riescono con facilità a contaminare settori della delinquenza locale e di quelle straniere che, una volta conosciuto e sperimentato il metodo mafioso di intervento sui “mercati criminali” e sull’economia tendono ad emulare le forme di criminalità organizzata in proprio o in collaborazione con i”cattivi maestri” venuti dal sud. 
Le mafie nei nuovi territori, dapprima investono, poi tendono a contaminare. Creano metastasi. Si diffondono, corrompe lentamente. In silenzio. Questa è la Quinta mafia. Questo è il nuovo fronte della lotta alle mafie. Il pericolo è rappresentato da un sistema di criminalità economica che contamina anche i territori dal punto di vista sociale e culturale. Le conseguenze di questo processo di trasformazione fanno si che a Fondi i cittadini abbiano più paura dei mafiosi autoctoni che dei Tripodo. Ancor di più dei politici e degli “imprenditori” imputati di 416 bis nati a Fondi o a Roma. A Nettuno molti cittadini sono più omertosi per paura dei mafiosi rinviati a giudizio nati nel Lazio che dei Gallace – Novella provenienti dalla Calabria. A Roma i cittadini di Tor Bella Monaca hanno più paura dei clan di origine nomade che dei loro soci di Casal di Principe. A Parma i parmensi sono più preoccupati dell’imprenditore locale imparentato con un capo della camorra campana che dei boss napoletani. 
 
* Estratto del documento realizzato dai giornalisti del coordinamento di Libera Lazio, presentato al convegno del 26 ottobre all’Università La Sapienza di Roma

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