Reggio Calabria, arrestato Sebastiano Pelle
Finisce dopo 16 anni di latitanza, la fuga di Sebastiano Pelle dalla sentenza di condanna a 14 anni di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e di armi del 1995. Sebastiano Pelle, figlio di Giuseppe Pelle, fratello del boss defunto Antonio Pelle, detto Gambazza, è stato arrestato ieri a Reggio Calabria. Nato a San Luca (Rc) 57 anni fa, inserito nel “Programma speciale di ricerca latitanti di massima pericolosità” (ex elenco dei 30), esponente di primo piano della ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca Pelle “Gambazza”, operante in San Luca (Rc) ed inquadrata nel mandamento Jonico, Sebastiano Pelle non è mai stato condannato per associazione mafiosa.
Circolava tranquillamente al Porto di Reggio quando i Carabinieri, accertatisi della sua identità grazie anche ad una fisionomia non stravolta dallo scorrere del tempo, lo hanno arrestato. Non aveva documenti addosso e non ha opposto alcuna resistenza agli ufficiali dell’Arma. Questa mattina la conferenza stampa cui era presente il procuratore capo della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. «Un arresto importante – ha sottolineato – perché trattasi di un esponente di rilievo della criminalità mafiosa della jonica e per la volontà, confermata da queste operazioni, di stroncare l’attività criminale di questi sodalizi e la loro influenza sul territorio».
Presenti alla conferenza stampa anche il giudice delegato per le indagini sulla jonica, il procuratore Aggiunto della Dda reggina Nicola Gratteri, il generale dell’Arma Mario Parente ed il comandante del Ros dei carabinieri, il colonnello Marco Russo. Alla cattura del latitante hanno partecipato i Cacciatori dello Squadrone Eliportato di Vibo Valentia. «La cattura di Sebastiano Pelle – ha spiegato Gratteri – è indicativa del fatto che il personaggio ricopra ruoli di primissimo piano organizzativo nella ndrangheta e nella cosca d’origine. Non poteva non essere che nella provincia di Reggio anche se in questi anni le cosche di San Luca hanno subito durissimi colpo dallo Stato e sottoposte a costanti controlli di polizia. Come emerge da molte indagini – ha proseguito Gratteri – la carica di ‘crimine’ è stata sottratta alle ‘famiglie’ sanluchesi ed attribuita a ‘Mico’ Oppedisano, a causa degli scontri sanguinosi dovuti alla faida all’interno del locale».
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