Desaparecidos e dittatura argentina, 12 sentenze di ergastolo
C’è stato un tempo in Argentina in cui i libri, diventati pericolosi, venivano bruciati e le persone, nel libero esercizio del pensiero e dell’azione, inghiottite nel buio. Migliaia le vittime di una dittatura militare a lungo alla ricerca di giustizia. Tanti i nomi e i volti degli scomparsi di cui non è stato mai trovato il corpo. Nel corso del tempo l’oscurità in cui sono rimasti avvolti quegli anni, ha ceduto il passo ad inesauribili ma pur sempre punti luce; per quanto fondamentali e indifferibili, gli accertamenti di responsabilità, diluiti nel tempo, si sono fatti attendere senza risparmiare la sensazione di assistere al posizionamento di puntini nell’infinito universo dell’impunità che funesta la storia dell’umanità.
Arriva 35 anni dopo la sentenza per crimini contro l’umanità del Tribunale federale 5 di Buenos Aires anche per l’assassinio di Angela Maria Aieta, la desaparecida argentina di origini calabresi, moglie di Umberto Gullo con cui emigrò giovanissima, inghiottita dal buio della dittatura il 5 agosto del 1976. Carcere a vita per l’angelo biondo della morte come Alfredo Astiz, Jorge “Tigre” viene ricordato, e per anche per altri 11 militari argentini che misero in atto torture e barbarie inenarrabili di cui l’intera umanità dovrebbe vergognarsi senza tempo. Per altri quattro militari sono scattate pene tra i 18 e i 25 anni. Privazione illegale della liberta’, torture ed omicidi, i reati a tutti gli imputati contestati. I militari condannati lavoravano all’interno dell’Esma (Escuela Superior de Mecanica de la Armada), uno dei trecento centri di detenzione clandestina in cui venivano recluse le anime considerate sovversive in Argentina, all’epoca della dittatura militare imposta dopo il golpe del 24 marzo 1976 e che si protrasse fino al 1983. In questi centri oltre cinque mila persone sequestrate furono atrocemente torturate. Molte tra queste, caricate su un aereo e sedate, ma ancora vive, gettate dal cielo, nelle acque del Rio della Plata. I cosiddetti voli della morte.
Solo in trecento sopravvissero, mentre altri morirono o scomparvero nel nulla. Tra chi non sopravvisse anche la cinquantaseienne Angela Maria Aieta, originaria di Fuscaldo in provincia di Cosenza. Nulla si sa del figlio Salvador Jorge Gullo sequestrato nel 1979. Un momento di giustizia a fronte di anni bui che infangarono la storia dell’America Latina come dell’intera Umanità, quelli in cui Angela Maria Aieta, con le suore francesi Alice Domon e Leonie Duquet, la fondatrice delle Madres de Plaza de Mayo Azucena Villaflor e le due attiviste Esther Ballestrino e Maria Ponce, il giornalista Rodolfo Walsh, ai cui omicidi è riferita la recente sentenza del tribunale di Buenos Aires, si battevano per la libertà e per i diritti umani, per i prigionieri politici. Angela si batteva anche per la liberazione di suo figlio Juan Carlos Dante Gullo, leader della Juventud Peronista, arrestato l’anno prima (1975), sotto sequestro per oltre otto anni e poi liberato. Attualmente deputato del Fonte della Vittoria, erede del partito Giustizialista di Peron, nel Parlamento argentino. Ma i maltrattamenti e le torture fino al ‘volo della morte’ nelle ultime settimane di settembre di Angela Maria sono state ‘causate’ dal suo impegno per la liberazione dei prigionieri politici, ritenuto intollerabile per il regime. Fu sequestrata nell’agosto del 1976. Il fratello di Angela Maria, Leopoldo e la cognata Hebe Lorenzo, moglie dell’altro fratello Juan Carlos mai più ritrovato e compagna di detenzione di Angela Maria, sarebbero stati sequestrati qualche anno dopo. Sopravvissuti all’orrore, oggi possono testimoniare in nome di tanti che non possono più farlo.
L’ex ufficiale di marina argentino Alfredo Astiz, già condannato in Italia per il sequestro e l’uccisione di tre italo-argentini, Giovanni Pegoraro e Susanna Pegoraro ed anche Angela Maria Aieta, fu uno dei più efferati bracci operativi della dittatura e della guerra al libero pensiero che il governo di Videla dichiarò in quell’interminabile frangente. Il processo in Italia terminò nell’aprile del 2009 con la sentenza di condanna in contumacia di non solo di Ignacio Alfredo Astiz ma anche degli ufficiali del “Grupo de Tarea 3.3.2” Jorges Eduardo Acosta, Raul Jorge Vidoza, Antonio Vanek e Antonio Hector Febres. Tutti contumaci. Latitanti, come la verità. Il processo fu incardinato dinnanzi alla corte di Appello di Roma per il rapimento, le torture e gli omicidi di Angela Maria Aieta, Giovanni Pegoraro e sua figlia Susanna, incinta, sequestrati tra l’agosto del 1976 e il dicembre del 1977. La regione Calabria e lo Stato italiano si costituirono parte civile. 35 furono i testimoni provenienti da diverse città italiane e straniere e un’inchiesta condotta dal pm Francesco Caporale. Era, invece, ancora in corso a Roma il processo in contumacia per crimini contro l’Umanità, e sempre per il rapimento, le torture e gli omicidi di Angela Maria Aieta, Giovanni Pegoraro e sua figlia Susanna, contro Emilio Eduardo Massera, comandante della Marina militare argentina – uno dei pochi stranieri iscritto alla loggia massonica P2, morto lo scorso anno a Buenos Aires. Adesso irrompe la condanna all’ergastolo in quella terra che con la violenza e l’orrore si è creduto di servire. C’è commozione, un barlume di riscatto ma qualcuno ancora potrebbe ricordare quel 24 marzo 1976, quando un golpe militare fece cadere il governo di Isabelita, vedova Peron. “Si comunica alla popolazione che la giunta militare ha stabilito che sarà punito con la pena di reclusione a tempo indeterminato, chi con qualsiasi mezzo di diffusione, divulghi, diffonda o propaghi comunicati o immagini provenienti o attribuite ad associazioni illecite o persone e/ o gruppi notoriamente dedicati ad attività sovversive o al terrorismo….” (Diario “La Prensa” Argentina, 24 marzo 1976). Così aveva inizio la dittatura e il declino dei diritti, lo sterminio silenzioso e aberrante dei gruppi di sinistra nell’Argentina degli anni Settanta.
Il 24 marzo 1976 una giunta golpista, guidata da Jorge Videla, aveva destituito la “Presidentessa” Maria Estela Martinez, vedova di Juan Domingo Peron e meglio conosciuta come Isabelita, assumendo un potere ed esercitandolo con abusi e violenze al solo scopo di distruggere ogni forma di partecipazione democratica e terrorizzare la popolazione. La giunta intraprendeva il suo Progetto di Riorganizzazione Nazionale e dichiarava alla società civile e ai diritti umani la cosiddetta “Guerra Sporca” che avrebbe mietuto oltre trenta mila persone scomparse. Fu allora che la “sparizione”, già posta in essere da gruppi armati governativi, la cattura di ostaggi o rapimento per mano di gruppi armati in situazioni di conflitti e di disordini interni con possibili matrici discriminatorie di carattere razziale ed etnico, ebbero una chiara declinazione tutta sudamericana con il termine “desaparecido” – “scomparso”.
La sparizione venne utilizzata per eliminare segretamente gli oppositori politici. Fu allora che la lotta all’impunità ed il diritto alla verità sulla sorte dei desaparecidos divennero obiettivo principale delle ricerche e delle mobilitazioni delle cosiddette Madri di Plaza De Majo, un gruppo di donne, madri di giovani dissidenti e nonne di bambini desaparecidos in Argentina, formatosi nel 1977 per chiedere informazioni sui parenti “scomparsi” e protestare contro questo inumano e inaccettabile silenzio. Finora hanno rintracciato oltre cinquanta persone, allora bambini “scomparsi” – ninos desaperecidos – di cui quarantatrè vivevano con nuove famiglie.
Oltre trenta mila i Desaparecidos per la cui causa, in Argentina, nel 1983 fu istituita la commissione nazionale sui Desaparecidos (Conadep), presieduta dallo scrittore argentino di origine arbereshe, la cui
famiglia era emigrata dalla Calabria, Ernesto Sàbato, a cui si deve la pubblicazione del rapporto Nunca más. Solo di 11 mila desaparecidos è stata ricostruita la sparizione. Oggi l’Argentina, di nuovo democrazia dal 1983, è una Repubblica Federale in crescita economica ma nelle pieghe di quegli anni bui ancora giacciono volti e vite strappati alla famiglia, alla storia, alla dignità di una vita libera. Ancora giacciono responsabilità rimaste impunite.
Il governo di Nestor Kirchner ha avviato una significativa stagione improntata alla tutela dei diritti umani, incontrando anche la rappresentanza delle Madri di Plaza de Mayo, refrattarie fino ad allora a qualunque tipo di contatto con le autorità governative argentine. Morì lo scorso anno, alla scadenza del suo mandato nel 2007, successe la moglie Christina Elizabet Kirchner che, escludendo Isabelita non eletta ma subentrata al marito deceduto, è la prima donna indicata democraticamente dagli argentini per la guida del paese.
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