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La droga per il clan arrivava dall’Olanda e da Roma

Di Antonio Nicola Pezzuto il . Puglia

Gli uomini del clan Rizzo acquistavano la droga da rivendere sui mercati del Salento dall’Olanda e soprattutto da Roma. Eroina, hashish, marijuana e soprattutto cocaina. Il gip Alcide Maritati, nelle 348 pagine di ordinanza di custodia cautelare a carico di 49 persone, ricostruisce il traffico di sostanze stupefacenti che costituiva la prima fonte di guadagni per il clan criminale sbaragliato dall’operazione “Augusta”, portata a termine con successo dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale.

Secondo la Dda erano Ivan Firenze e Nicolino Maci, vale a dire i più stretti collaboratori di Totò Rizzo sul territorio, ad occuparsi in prima persona dell’acquisto di ingenti quantitativi di droga e della conseguente rivendita ad altri trafficanti salentini o ai pusher alle dirette dipendenze del gruppo. E’ comprovato che Firenze ha ricoperto un ruolo di primo piano nel redditizio commercio fino a quando gli investigatori non lo hanno bloccato mentre trasportava una grossa partita di stupefacenti dall’Olanda. Era il 29 gennaio 2008 quando Firenze rientrava da Amsterdam accompagnato da Simone Corrado (nipote di Giuseppe Lezzi deceduto proprio in Olanda) portando con se due chili di cocaina distribuiti in quattro panetti nascosti in un pile nero. Fu sufficiente un normale controllo alla dogana di Vipiteno per farlo finire dietro le sbarre. Dopo l’arresto di Firenze il comando delle operazioni passò nelle mani di Maci che si occupò di ridistribuire le mansioni agli altri componenti del clan, impartire direttive riguardanti l’acquisto e la vendita di droga, decidere a quali spacciatori affidarla. A Sergio Greco fu affidata la gestione del canale romano di rifornimento, questi si avvaleva della collaborazione di Carlo Brancatelli e Francesco D’Ostuni, e come scrive il gip, “dell’opera di intermediazione di Paolo e Alessandro Cocco e Alberto Piccari, romani incaricati del trasporto dello stupefacente a Lecce”.

Le altre persone impegnate nel traffico di droga, stando a quanto accertato dai militari, erano Claudio Camassa e Alessandro Fago, poi Ettore Costantini, Claudio Lazzari e Alessandro Stabile “stretti collaboratori del Maci, che si occupano del procacciamento, taglio, confezionamento e smercio della cocaina”. Da segnalare il ruolo di Roberto Schiavi che distribuiva l’eroina in dosi di 50 grammi l’una, affidandole a Vittorio Maci, Giancarlo Sparapane, Andrea Montinaro, Davide Pasca, Maria Lucia Maci e Alberto Brandi, ai quali era delegato il compito di rivenderle nelle zone di competenza.

Erano componenti del gruppo anche personaggi che avevano il compito di nascondere la droga nelle proprie abitazioni o in posti ritenuti sicuri, tirandola fuori al momento della vendita, come Serenella Fiorentino e Pietro e Gabriella De Leo. Il gip ha messo in evidenza la divisione dei ruoli all’interno del clan criminale definendolo come “un’organizzazione dedita al continuo traffico di stupefacenti”. E’ stata anche appurata l’esistenza di un altro gruppo “non collegato all’associazione mafiosa”, che ha come unico obbiettivo “il traffico, la detenzione e lo spaccio di cocaina”.

A capo di questo sodalizio, secondo i carabinieri, si trova Roberto Solito e la sua convivente Rossana Elia, che si approvvigionavano da Raffaele Martena, elemento vicino al clan brindisino Buccarella. La Elia era coadiuvata nello svolgimento dei suoi compiti (soprattutto nel periodo di detenzione del compagno) da Alice Signore e Marianna Serio, alle quali si univano Nicola Pinto, Andrea Saponaro e Pietro Rampino, in qualità di spacciatori al dettaglio di sostanze illecite. Dalle indagini viene alla luce che anche l’altro “locale”, costituito da Alessandro Verardi e Andrea Leo, aveva come attività più importante il commercio di eroina e cocaina, attività svolta attraverso Tonino Caricato, Stefano e Giuseppe Mazzeo, Cristian Longo, Francesco Pastore e Alessandro Perrone.

Tutti sono stati monitorati e intercettati dagli investigatori, che hanno scoperto come i soggetti in questione si avvalessero dell’utilizzo di un linguaggio criptico, nel quale si faceva riferimento agli stupefacenti usando termini come “documenti”, “macchina”, “fascicolo”. Chi acquistava droga e ne ritardava il pagamento, era sottoposto a minacce e violenze.  

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