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Per ridurre l’evasione dell’Iva

Di Rocco Artifoni il . L'analisi

Mentre in Italia si aumenta l’Iva in Brasile si riduce l’evasione fiscale. Si potrebbe sintetizzare in questo modo la situazione. Sì, perché in Italia dal 17 settembre l’Iva ordinaria è passata dal 20 al 21%, creando non pochi problemi. Anzitutto, perché il cambiamento è avvenuto da un giorno all’altro senza una data certa (dipendeva dal giorno della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge approvata dal Parlamento) e con poco preavviso (sarebbe stato meglio far scattare l’aumento dal 1° ottobre o meglio ancora dal 1° gennaio del 2012). E poi perché in un giorno (teoricamente) bisognava cambiare la programmazione dei siti e-commerce, modificare i software che gestiscono le fatture e gli scontrini fiscali, adattare i programmi di contabilità, ecc.

In altre parole, c’è stato un aggravio di spesa prima ancora di cominciare. Per non parlare poi dei rincari sui prezzi: dei carburanti come di quasi tutti i prodotti. Non è aumentata l’Iva ridotta al 4 e al 10%, ma anche il prezzo di questi generi di prima necessità (ad esempio gli alimentari) di fatto è aumentato, poiché per produrli e consegnarli si utilizzano merci e servizi che hanno subito l’aumento dell’Iva. Molti esperti sostengono che il ritocco dell’Iva, comportando un aumento dei prezzi, ha come conseguenza necessaria una diminuzione dei consumi. Alla fine dei conti il risultato potrebbe essere doppiamente negativo: per i cittadini che possono comprare di meno e per le casse dello Stato perché l’aumento dell’imposta verrebbe annullato dalla diminuzione dell’imponibile.
In effetti, la controprova l’abbiamo già avuta. Quando ad esempio sono state introdotte le detrazioni del 36, 41 o 55% per le ristrutturazioni edilizie, abbassando anche l’Iva dal 20 al 10%, si è visto che la tassazione dell’imponibile emerso dall’evasione compensava la perdita di gettito fiscale. Discorso analogo si potrebbe fare per gli incentivi per i pannelli fotovoltaici. Quando lo Stato stabilisce un’alleanza fiscale con il cittadino, il meccanismo può dare  risultati positivi.

Una sperimentazione attuata nello Stato di San Paolo in Brasile conferma in maniera chiara questa impostazione. Diego Corrado e Marco Leonardi sul sito internet www.lavoce.info hanno recentemente descritto questa esperienza. Si tratta del programma “Nota Fiscal”, un sistema semplice e automatico: prevede che il cittadino che aderisce volontariamente al programma, comunicando all’esercente il proprio codice fiscale all’atto dell’acquisto di beni, riceva il 30 per cento dell’imposta sui consumi dovuta dall’esercente. Gli esercenti hanno l’obbligo di aderire al programma, che è invece una semplice facoltà per i cittadini. Il tutto è gestito via web, ma non è necessario che l’esercente sia sempre on-line: può trasmettere i dati periodicamente. Il software è fornito gratuitamente dallo Stato. Il consumatore non ha nessun obbligo di conservazione dei documenti fiscali emessi nei suoi confronti, che saranno inviati dall’esercente e accessibili on-line in ogni momento. Lo scontrino cartaceo è utile al consumatore solo per successiva verifica, oppure nel caso di omissione di invio online da parte dell’esercente, per denunciarlo. La somma accreditata può essere usata dal cittadino in compensazione delle proprie imposte o bonificata direttamente sul suo conto corrente.

In altre parole il cittadino diventa co-esattore dell’imposta sui consumi: il 30% al cittadino e il 70% allo Stato. Con questo sistema si crea un contrasto di interessi tra acquirente e venditore, che riduce l’evasione fiscale. Il cittadino e lo Stato (che rappresenta l’insieme dei cittadini) si ritrovano dalla stessa parte, poiché hanno entrambi l’interesse a far emettere gli scontrini fiscali. Con questo meccanismo lo Stato non incassa il 30% dell’imposta dichiarata, ma in compenso aumenta l’importo dichiarato da tassare. Infatti, nello Stato di San Paolo il risultato è stato un incremento del gettito nei primi tre anni di applicazione pari al 23,3%, con punte di quasi il 40% nei settori più a rischio, come sport, tempo libero e ristoranti. È un incremento notevole se consideriamo che anche il Brasile ha sofferto, seppur meno di altri Paesi, per la crisi economica esplosa nel 2008. Secondo le stime del fisco paulista, al netto dei rimborsi fiscali ai cittadini e delle spese di pubblicità del programma, il beneficio per le casse pubbliche a fine 2010 è stato di circa 350 milioni di euro.

Da notare: lo stato di San Paolo è grande quasi come l’Italia con una popolazione di 41 milioni di abitanti. I consumatori registrati al programma sono stati 11 milioni, cioè quasi tutte le famiglie dello Stato. In Italia probabilmente la compartecipazione al gettito dell’Iva sarebbe insufficiente a risolvere il problema dell’evasione fiscale e del debito pubblico. Ma sarebbe un primo passo, con un valore “pedagogico” evidente. Impariamo dal Brasile, che è un Paese “emergente”, anche in campo fiscale. Tremonti farebbe bene a prendere appunti.

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