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Lampedusa brucia

Di Antonello Mangano* il . Sicilia

“La pentola era sul fuoco. E loro hanno alzato la fiamma e messo il coperchio`. Laura Verduci ha lavorato nel centro di Contrada Imbriacola per tre mesi, fino a cinque giorni fa. Oggi la struttura è stata distrutta dalle fiamme. Sembra quasi che ci sia stata una perversa volontà di arrivare a questo risultato finale. Da un mese la tensione era evidente, ogni giorno succedeva qualcosa. Da Save the children alle Nazioni Unite fino a un sindacato di polizia tutti avevano detto la stessa cosa: velocizzate i trasferimenti.
Sono le 10:00 del 20 settembre. Cento maghrebini su 1300 possono lasciare l`isola. Tutti gli altri devono attendere ancora. La tensione cresce. Cinque disabili sono presi in consegna da Medici Senza Frontiere. C`è qualche donna. Quando le categorie vulnerabili sono separate è segno che sta per succedere qualcosa. Alle 16:30 un`enorme nuvola di fumo invade Lampedusa, tutta l`isola rimane coperta. L`aeroporto è chiuso. Alcuni testimoni raccontano di colluttazioni tra residenti e migranti. C`è tensione anche nei confronti dei poliziotti, ritenuti incapaci di gestire la situazione. Operatori e migranti rimangono intossicati.
“Si sentiva una puzza incredibile, perché bruciava plastica`, ci racconta Giacomo Sferlazzo, artista che da anni canta le vicende di pescatori e migranti. Ne ha viste tante, ha subito minacce, ha raccolto storie e non si è mai fatto intimidire. Ma oggi ha paura. “Il centro è completamente distrutto, non come nel 2009 quando si danneggiò solo un padiglione. Ho visto i migranti per le strade, le scene dei recuperi, camionette della polizia, auto dei carabinieri. Un`isola militarizzata in uno stato quasi di guerra`. Migranti in fuga, hanno scritto i giornali. Ma dove vuoi fuggire su uno scoglio? In breve sono stati presi e radunati al campo sportivo. Un volo militare ne ha trasferito un centinaio.
“Non sappiamo cosa potrà succedere nelle prossime ore`, dice Sferlazzo. “La mia isola non può essere né un carcere né una base militare. Il suo ruolo naturale è quello di accogliere per massimo 2 o 3 giorni`. Il Ministero dell`Interno è d`accordo, ma solo in teoria. Sul sito ufficiale si esalta il “modello Lampedusa`, secondo cui il soggiorno sull`isola deve essere il più rapido possibile. Il centro serve solo a smistare i migranti e non per una lunga detenzione. E invece a febbraio i trasferimenti furono lentissimi, i migranti diventarono più numerosi degli abitanti e si trovarono a dormire all`aperto. Ad agosto – nonostante i numeri imponenti – l`evacuazione tornò rapida e gli immigranti divennero invisibili. I turisti non si accorgevano neanche della loro presenza.
A settembre gli arrivi di tunisini (che vengono trattenuti più a lungo degli altri, perché solo per loro esiste la macchina dei rimpatri) sono aumentati, ma si trattava di un fenomeno in esaurimento. Col maltempo è molto più difficile la traversata. “Ieri un barcone è tornato indietro in Tunisia, mentre un altro risulta disperso`, ci dice Laura Verduci del Forum Antirazzista. Ancora pochi giorni di trasferimenti e la pentola non sarebbe saltata in aria.
Il 9 settembre è arrivata sull`isola Sonia Viale, sottosegretario agli Interni. Praticamente il braccio destro di Maroni. “Tutte le organizzazioni le hanno chiesto due cose: trasferimenti veloci e la possibilità di entrare nel cosiddetto gabbio, la zona col cancello in cui nelle ultime settimane non poteva entrare nessuna associazione`. Una logistica efficace e la possibilità di mediare. Due cose che avrebbero evitato il disastro.
Il 12 settembre Maroni volava a Tunisi per verificare col governo provvisorio gli accordi raggiunti e confermava l`impegno dei due esecutivi a fermare il flusso di migranti. Molto probabilmente con i respingimenti. Il console tunisino a Palermo aveva bloccato i rimpatri perché era stato raggiunto il tetto massimo. Si gioca una grande partita al centro del Mediterraneo, fatta di accordi, tensioni, propaganda e piccoli ricatti. Una partita a palla tra governi. E i migranti sono la palla. Non si tratta solo di una metafora: il 15 settembre 110 tunisini imbarcati sulla nave “Audacia` della Grimaldi, dopo qualche ora, tornavano indietro in porto in mezzo a un cordone di polizia. Lo stesso giorno 50 immigrati destinati al rimpatrio rimanevano bloccati nell`aeroporto “Falcone e Borsellino` di Palermo e finivano al centro di Pozzallo, estremo sud della Sicilia. Il governo tunisino non aveva autorizzato il trasferimento.
Tre giorni fa il ministro della Difesa La Russa arrivava a Lampedusa. Nel centro appurava condizioni ottimali. “Questi ragazzi sono la dimostrazione di come si possa pretendere il rispetto delle regole, con grande umanità, vicinanza e solidarietà verso chi soffre`, ha detto dei militari impegnati a Contrada Imbriacola. Le ultime parole famose.
Il CPSA (Centro di primo soccorso e accoglienza) non è un CIE, come scrivono molti media. La detenzione superiore alle 48 ore deve essere motivata da un giudice. Invece si parla di trattenimenti che durano settimane. Lo stesso ente gestore dichiara – per il mese di luglio – oltre 10 giorni di permanenza media. La capienza ufficiale del centro è di 804 posti, ce ne erano almeno 500 di più.
Se a questo aggiungiamo il malumore dei tunisini la pentola è pressione è a un passo dall`esplosione. “E` già successo che uscissero fuori dal centro, ma semplicemente a mangiarsi una pizza o a fare un bagno`, racconta Sferlazzo. Poi vengono ripresi dalla polizia e riportati dentro. “E` reclusione senza reato, ma questo trattamento viene riservato ai tunisini. Sono trattenuti qui per mesi, etiopi o nigeriani sono ritenuti richiedenti asilo e trasferiti. I maghrebini vengono definiti migranti economici`.
Anche questo è illegale, come ci racconta l`avvocato Giovanni Andaloro. Per legge andrebbe esaminata la storia individuale e non l`appartenenza etnica: “A Caltanissetta seguo alcuni casi di tunisini che hanno chiesto asilo. Uno è il figlio di una spia di Ben Alì. Durante la rivoluzione sono entrati nelle caserme e hanno trovato il suo nome. Non gli è rimasto altro che scappare. Se fosse stato rimpatriato lo avrebbero ucciso`.
“E` una guerra, i cittadini reagiranno`. Il sindaco De Rubeis ha pensato bene di accendere subito gli animi. I lampedusani sono tesissimi perché il 27 settembre è previsto l`inizio di “O scià`, il festival di Baglioni che porta sulla piccola spiaggia della Guitgia un cast degno di Sanremo. E che soprattutto ha il compito di prolungare fino all`inizio di ottobre una stagione turistica che qui è iniziata solo ad agosto, con due mesi di ritardo rispetto agli anni precedenti.
E adesso l`odio nei confronti dei tunisini è palpabile. Sono delinquenti per il sindaco. La responsabilità è solo loro. Nessuno si preoccupa di capire chi sono. I tunisini, sembra un`ovvietà ma non lo è per nulla in queste ore in cui la rabbia confonde la ragione, non sono tutti uguali. A causa di una politica dei visti fortemente restrittiva, sono costretti a partire col barcone persone profondamente diverse tra loro. E così dall`inizio dell`anno sono arrivati abitanti delle zone urbane e gente dalle campagne, lavoratori poverissimi e giovani poliglotti espulsi dalla crisi del sistema turistico. Qualche mese fa erano gli eroi della rivoluzione dei gelsomini, avevano cacciato il dittatore e dato il via alla primavera araba. Oggi sono criminali da rispedire a casa.

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