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I soldi della camorra riciclati in Umbria

Di Norma Ferrara il . Umbria

Le mani della camorra sull’Umbria. L’operazione “Apogeo” dei Ros e della Guardia di Finanza di Perugia, scattata stamani all’alba, ha portato alla luce gli affari di una associazione per delinquere attiva nella regione, ma anche in Toscana e nelle Marche. A inquinare il tessuto economico e sociale umbro,  un clan collegato ai Casalesi che a Perugia aveva stabilito la base operativa per riciclare denaro sporco, attraverso società inesistenti o costitutite all’estero, per poi immettere nei circuiti economici locali, ingenti capitali pronti per esser investiti nel settore alberghiero, nella ristorazione e nell’edilizia. 16 le ordinanze di custodia cautelare emesse in carcere e oltre 100 milioni di euro il valore dei beni mobili e immobili sottoposto a sequestro preventivo dalla Guardia di Finanza.

L’operazione antiriciclaggio di stamani ha coinvolto anche  le
province di Caserta,  Ancona, Firenze, Padova e Pesaro. I
carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere
emessa dal gip del tribunale di Perugia, su richiesta della direzione
distrettuale antimafia, nei confronti di 16 indagati accusati, a vario
titolo di truffa aggravata, riciclaggio, bancarotta fraudolenta,
emissione di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, con
l’aggravante del metodo mafioso. Oltre agli arresti, anche il sequestro
preventivo di beni mobili e immobili che ammontano a oltre 100 milioni
di euro. Il sistema era più o meno simile a quello delle scatole cinesi:
con i soldi del clan dei Casalesi si compravano aziende ridotte al lastrico (da
crisi economica e/o sfortuna imprenditoriale), attraverso queste società
si potevano acquistare attività commerciali, alberghi e appartamenti. Circa 300 le case di proprietà dell’organizzazione formata da siciliani e
campani, e  collegata alla camorra, nella frazione di Ponte San
Giovanni (PG). Durante la conferenza stampa nella quale Ros e Gdf hanno illustrato i risultati dell’operazione, sono state sottolineate
soprattutto “la vocazione imprenditoriale” dei Casalesi  e il rischio
che l’Umbria corre in questa fase in cui le mafie cercano luoghi lontani
in cui ripulire soldi – nonostante – sia stato precisato anche  «che di
assalto della camorra al territorio non si può parlare. I nostri dati
infatti parlano di episodi numericamente limitati».

L’operazione “Apogeo” è solo un altro tassello che racconta la  “mafizzazione”economica in corso nella regione, come l’ha definita il magistrato della Dda di Perugia, Antonella Duchini. Da anni magistrati, istituzioni e società civile hanno alzato il livello di allerta rispetto ad un fenomeno, ancora in crescita e che si muove sottotraccia, come quello del riciclaggio. Un allarme lanciato, alcuni mesi fa, dal procuratore di Perugia, Giacomo Fumu, che – in una intervista rilasciata a Libera Informazione e contenuta nell’estratto dal dossier “Il covo freddo” –  aveva affermato: «In Umbria è in atto un fenomeno di infiltrazione mafiosa, soprattutto sotto il profilo del riciclaggio. Vengono riciclati i soldi degli investimenti del narcotraffico o i reinvestimenti di questi proventi. Questo è un fenomeno che deve essere monitorato e contrastato dagli organi della prevenzione. E’ compito di tutti: dei cittadini, delle associazioni, degli ordini professionali, sindacati, imprenditoriali. […] I clan oggi  investono in grandi esercizi commerciali dove si creano nuovi posti di lavoro per i giovani, si trova merce a buon prezzo, si possono cominciare a scambiare favori. Fare prestiti e poi riuscire a procurare favori alle amministrazioni locali. Ormai la mafia si caratterizza per questa capacità di insinuarsi in maniera impercettibile nella società; non c’è più la mafia con la coppola storta e la lupara». In quella intervista il procuratore ricordava l’importanza della legge antiriciclaggio in vigore  troppo spesso non applicata, nonostante sia stata approvata nel 2007 e  imponga l’obbligo della segnalazione. La situazione riguarda l’Umbria e in particolare tutto il Centro – Nord
dove i clan continuano ad investire con il minimo rischio e massimo
rendimento.

Il coordinamento di Libera e la rete di associazioni impegnate sul territorio, da Legambiente a Cittadinanza attiva, denunciano da tempo la situazione e hanno chiesto più volte di alzare il livello di allerta contro l’ingresso di capitali sporchi nel tessuto sano dell’economia locale. Negli ultimi tempi, insieme alla Regione Umbria sono impegnati nella realizzazione di un Osservatorio su mafie e legalità e nel “Rapporto su mafie e legalità in Umbria” che hanno depositato agli atti della  Commissione antimafia regionale, presieduta da Paolo Brutti, il 21 marzo scorso,  avevano evidenziato come proprio “i settori turistico – alberghiero e della ristorazione fossero quelli maggiormente a rischio per il riciclaggio dei capitali sporchi”.

Solo di alcuni giorni fa è l’arrivo nelle librerie di un libro, a cura del giornalista Claudio Lattanzi, in cui si racconta dell’assedio delle mafie all’Umbria. All’interno del volume, edito da Intermedia edizioni, una intervista al generale di brigata della Guardia di Finanza dell’Umbria, Fabrizio Cuneo, che afferma: […] «prima i i clan erano orientati al controllo del territorio per sviluppare attività illceite tradizionali come l’estorsione, il traffico di droga, lo sfruttamento della prostituzione, il traffico di armi. Adesso si rivolgono all gestione aziendale perchè si sono trovati con una massa econmica talmente ingerente, derivatne dalle loro attività delinquienziali classiche, da dover esser remipiegata in settori leciti. E’ in questa fase che scatta l’esigenza di spingersi oltre ai territori di tradizionale insediamento regionale»

In Italia, secondo la Commissione parlamentare antimafia, il giro d’affari annuo delle mafie italiane è stimabile in 150 miliardi di euro e, come riportato in una recente relazione della stessa Commissione presieduta dal senatore Pisanu, la presenza delle mafie sottrae fino al 15% di Pil in regioni come la Basilicata e la Puglia. Nel documento si legge testualmente: “La pressione delle organizzazioni mafiose frena lo sviluppo di vaste aree del Paese, comprime le prospettive di crescita dell’economia legale, alimentando un’economia parallela illegale e determina assuefazione alla stessa illegalità”. E in Umbria, secondo l’analisi realizzata dalla Fondazione Antonino Caponnetto,  il giro d’affari delle mafie sarebbe pari a 2 miliardi di euro.

Su www.umbria24.it – la cronaca dell’operazione “Apogeo” e le reazioni delle istituzioni e della politica

Per maggiori informazioni su mafie in Umbria

Dossier numero zero  – a cura di Libera Informazione (a breve la versione aggiornata intitolata “Il covo freddo”)

Rapporto sulle infiltrazioni mafiose in Umbria e l’impegno antimafia – a cura delle associazione Umbre, depositato in Commissione antimafia regionale

La mafia in Umbria. Cronaca di un assedio – di Claudio Lattanzi – Intermedia edizioni

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