Marocco: giornalista condannato a un anno di carcere per “disinformazione”
Condannato a un anno di carcere e 1.000 Dh di ammenda per “disinformazione”. Questa la sorte toccata a Rachid Niny, giovane giornalista marocchino, fondatore e direttore del quotidiano indipendente Al Massae. La notizia in Italia non è mai giunta, seppure la condanna sia stata comminata il 9 giugno e numerose ONG internazionali fra cui Amnesty international e Reporters sans frontieres abbiano duramente criticato l’operato del governo marocchino. A sollevare l’attenzione sul caso ci hanno pensato invece, attraverso la divulgazione di un duplice appello, il Comitato di Redazione di Mesogea Magazine e la Fondazione Horcynus Orca.
“Dopo un processo durato 43 giorni, Rachid Nini è stato condannato a un anno di carcere e 100 euro di multa per aver «oltraggiato le decisioni giudiziarie» e «denunciato crimini che non si sono mai verificati».” Denunciano.
L’appello, che non è solo destinato a ottenere la libertà per Rachid, negata anche con la condizionale, appena due giorni fa, vuol essere soprattutto un richiamo forte al rispetto di uno dei principi fondamentali per ogni democrazia: il rispetto della libertà di informazione.
Il caso di Rachid, messo sotto processo e condannato per aver denunciato attraverso le sue inchieste, casi di corruzione e aver criticato i servizi segreti, non è infatti un fenomeno isolato in Marocco. Stando a quanto reso noto da RsF, negli ultimi due mesi sarebbero diversi i casi di giornalisti sotto processo per “reati di opinione” (6 almeno i casi segnalati dalla Ong), mentre numerosi casi di aggressione sarebbero stati segnalati anche tra maggio e luglio, motivo per cui nella classifica sulla libertà di informazione del 2010 al Marocco veniva assegnato il 135° posto su 178 paesi.
Episodi che violando la libertà di informazione, si legge ancora nell’appello, rendono poco credibili le riforme “annunciate e solo parzialmente realizzate”.
Articolo21 accoglie e rilancia l’appello per Rachid nella speranza che casi del genere continuino ad essere denunciati e ad ottenere la giusta indignazione internazionale, affinchè la libertà di pensiero e di espressione trovi una sempre maggiore tutela da parte dell’opinione pubblica mondiale.
*da Articolo 21
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