Belmonte Mezzagno non s’ha da sciogliere
E’ racchiuso in poche righe l’epilogo di una storia tutta ancora da conoscere. Si tratta del testo con il quale il Consiglio dei ministri, mentre da un lato approva (fra mille polemiche) il codice antimafia, dall’altra dice “no” allo scioglimento per mafia dell’amministrazione comunale di Belmonte Mezzagno, paesino della provincia di Palermo. Nonostante una relazione depositata dal prefetto, Giuseppe Caruso, oggi in forza all’agenzia per i beni confiscati, vagliata dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il Governo risponde picche, per la seconda volta dopo Fondi, con queste parole: «Preso atto della relazione del ministro dell’Interno sulla situazione nel Comune di Belmonte Mezzano (Palermo), il Consiglio ha poi autorizzato il ministro ad avvalersi dei poteri conferitigli dalla legge per contrastare, a livello delle strutture comunali, ogni condizionamento della vita amministrativa da parte della criminalità’ organizzata, senza pervenire allo scioglimento del Consiglio comunale».
Dal testo si evince, dunque, che il Consiglio dei ministri concorda con il ministro dell’Interno sulla situazione in cui versa il Comune ma sceglie di non adottare lo strumento previsto per legge (ricordiamolo: si tratta di un provvedimento di carattere amministrativo e preventivo, non penale). Lasciando comunque al Ministro il compito di “contrastare ogni condizionamento” da parte della mafia sulle istituzioni. Perché il Governo non adotti lo strumento naturale rimane allo Stato dei fatti un interrogativo senza alcuna risposta. Un dato invece è certo: nella storia degli scioglimenti per mafia dei comuni non è mai successo che un ministro dell’Interno si veda bocciata la proposta di azzeramento dell’amministrazione. E Maroni è giunto alla sua seconda volta.
Belmonte Mezzagno è un Comune di circa 11.000 abitanti a 13 km a sud – Est di Palermo. Situata ai piedi del pizzo “Belmonte” dal quale prende il nome la cittadina è governata attualmente da una lista civica collegata al centro – destra. Il sindaco è Saverio Barrale, zio del ministro dell’agricoltura, Saverio Romano, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa e accusato di corruzione aggravata in un’altra inchiesta. E non è un dettaglio. L’indagine dei carabinieri sul comune di Belmonte Mezzagno comincia dopo gli arresti dell’operazione “Perseo” nella quale andarono in carcere più di 90 persone e fra queste anche l’ex vicesindaco di Belmonte. Nell’inchiesta dei carabinieri emergerebbero legami anche con familiari di Romano e altri dipendenti collegati al Comune.
«Un quadro poco chiaro al momento – dichiara Pierapaolo Romani di Avviso Pubblico – ma sul quale speriamo di ricevere al più presto informazioni che tolgano ogni sospetto. Uno degli strumenti che avevamo chiesto nel codice antimafia ( e non è stato accolto… ) – continua Romani, era proprio la trasparenza degli atti che riguardavano lo scioglimento delle amministrazioni per mafia». In sostanza, la possibilità di conoscere il contenuto della relazione del prefetto sul livello di inquinamento mafioso di quel Comune e di altri che possano trovarsi nella stessa situazione. Al momento, invece, il testo rimane riservato e solo nelle prossime settimane si potranno conoscere alcuni passaggi che motivano questo mancato scioglimento dell’amministrazione legata, per via familiare, al ministro Romano.
In attesa di sapere il perchè di questa scelta, un secondo caso Fondi si è consumato nella storia del nostro Paese da quando è in vigore la legge sullo scioglimento dei Comuni a rischio inquinamento mafioso.
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