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Pignatone interviene sui “veleni in Procura”

Di Anna Foti il . Calabria

Il capoclan dell’omonima cosca di Rosarno, Francesco Pesce, termina la sua latitanza cominciata nel 2010. A scrivere la parola fine il Ros dei Carabinieri di Reggio Calabria. A margine della conferenza stampa, il procuratore capo di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, non concede interviste ma si sofferma, con un intervento ad hoc, sui presunti veleni in magistratura che stanno occupato alcune cronache degli ultimi giorni. «Siamo a conoscenza delle indagini e su nostra iniziativa abbiamo già trasmesso degli atti secondo noi utili. Siamo fiduciosi nell’operato corretto e lineare della procura di Santa Maria Capua Vetere e siamo convinti che chiarezza sarà presto fatta al di là di ogni dubbio’. Esordisce così il procuratore capo di Reggio Calabria Pignatone prima di avviare dinnanzi a stampa e televisioni una riflessione più generale.

«Le procure sono piene di denunce di presunti abusi da opera dei magistrati – ha proseguito Pignatone – ma nessuno si è mai sognato di aprire un caso mediatico. Le risposte le daranno, e le stanno già dando, i processi, con le regole dei processi», ha dichiarato con fermezza. Tanti sono gli esempi sulla base dei quali il numero uno della DDA reggina replica ai fatti degli ultimi giorni, in merito a questi presunti colloqui / interrogatori avvenuti tra i vertici delle forze dell’ordine reggine e Saverio Spadaro Tracuzzi,  già capitano dei carabinieri, attualmente detenuto con accuse pesantissime, cui di recente è stata anche rigettata l’istanza di revoca della misura cautelare. Un esempio su tutti vede lo stesso Pignatone nel ruolo di pubblico ministero, dunque pubblica accusa nei confronti di Izzo e Pellegriti, poi condannati per calunnia nei confronti di Giovanni Falcone, tacciato di nascondere carte nel cassetto. Siamo ai tempi del processo per l’omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana ucciso da Cosa Nostra nel 1980. Ma gli esempi secondo il procuratore Pignatone sono sempre più ricorrenti da quando grandi inchieste stanno confluendo in processi e determinando condanne.

 Le risposte, dunque, sono anche e soprattutto recenti. Dal rinvio a giudizio nell’operazione ‘All Inside’, alle decisioni della magistratura giudicante, come anche la recente conferma del sequestro beni nell’ambito dell’operazione Ortro.  «Pur con tutti i nostri limiti, ha dichiarato, facciamo il nostro lavoro. Conduciamo le indagini a 360 gradi, senza pregiudizi negativi o positivi, senza che a chiedercelo siano i giornali o chi di essi si serva», ha poi incalzato Pignatone. Ma è la parte finale del suo intervento quella con cui sostanzialmente dichiara di non ritenere di dovere rilasciare commento ulteriore. Si tratta della lettura testuale di parte del provvedimento di rigetto opposto all’istanza di revoca di scarcerazione dello stesso Saverio Spadaro Tracuzzi, definito dal GUP Petrone del tribunale di Reggio Calabria, come «persona caratterizzata da una propensione criminale, con attitudine a commettere illegalità». La sua carica di pubblico ufficiale, nel commettere tali illegalità, genera un forte allarme sociale. Inoltre lo stesso Tracuzzi, si riferisce nel provvedimento motivante il rigetto del ritorno in libertà, «potrebbe essere in possesso di informazioni preziose, stante i rapporti antichi con i Lo Giudice e l’impossibilità di escludere altre complicità, e potrebbe inquinare prove o vendere le stesse informazioni ad altre organizzazioni criminali’. Dunque,’ un individuo propenso a commettere crimini».

Questa la risposta del Tribunale di Reggio Calabria. Questa la risposta che il procuratore Pignatone assume come propria, non ammettendo domande o repliche. 

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