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Nel nome di Eddie Cosina

Marco Simeon* il . Friuli Venezia Giulia

Dopo 19 anni, Salvatore Borsellino è riuscito a mantenere la promessa fatta alla madre. Passata l’infame strage del 19 luglio 1992, la madre di Paolo e di Salvatore volle incontrare di persona i genitori di ciascuno degli agenti caduti al fianco di suo figlio in via d’Amelio. Diceva: io ho un debito con voi, perché i vostri figli sono morti per proteggere il mio. Non riuscì mai, però, a incontrare la madre di Eddie Cosina, che era di Muggia, e che in quell’infame 19 luglio perse la vita insieme a Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano e Claudio Traina. Ma la madre diede mandato agli altri figli: andate voi a incontrarli.  Il 16 luglio, Salvatore Borsellino ha mantenuto la promessa, ed è stato presente a Muggia, vicino a Trieste, alla tradizionale commemorazione che viene organizzata ormai da diversi anni dal coordinamento di Libera Trieste in collaborazione con il Siulp (il sindacato unitario della Polizia di Stato). 

La serata afosa è di quelle che non si dimenticano: sul palco, insieme a Salvatore, Felice Romano, segretario generale del Siulp e Giancarlo Caselli, Procuratore capo di Torino. A moderare, Lorenzo Frigerio, di Libera Informazione.  Caselli parla di quella che fu la sua scelta di lasciare Torino per Palermo, in quell’infuocato 1992, e mi vengono in mente le parole di una canzone di De Gregori, che parla della Sicilia: “da Torino a Palermo, dal cielo all’inferno”. E non che a Torino stesse poi comodo, un procuratore anti-terrorismo come lui.  Salvatore Borsellino, invece, rievoca con emozione, parlando in piedi, i tragici giorni di via d’Amelio. E poi la faticosa ricerca della verità, gli interrogativi che, sempre, si ripropongono senza risposta su quella strage: chi sapeva? Chi fu l’esecutore materiale? Fu forse una strage in cui pezzi deviati dello Stato ebbero qualche parte? Ma soprattutto, che fine fece la celeberrima agenda rossa?  Salvatore, sono 19 anni che si batte per dare una risposta a questi interrogativi, con l’attività del movimento delle “Agende Rosse” e con il sito “19 luglio 1992”: si batte e non molla. Perché -ormai ne è certo anche lui- questa è una battaglia che vale la pena di essere combattuta. “Vedere giovani come voi che credono nelle idee di mio fratello, sapere che il clima culturale sta cambiando, che la sensibilità verso la mafia è viva e critica nei giovani: anche questo mi da la forza di andare avanti” sono queste le parole che ha per noi durante la cena, finito l’incontro. 

Su molti punti i relatori concordano: la disinformazione che regna sovrana in Italia in merito ai grandi processi di mafia e le altre cause poco “comode”  da raccontare per i giornali e le tv, e la necessità di fare della lotta alla mafia una battaglia costante e non solo legata ai momenti di commozione ed emergenza, come quelli che seguirono le stragi. I punti sono collegati, perché un’opinione pubblica che non è sensibilizzata non sosterrà una vera politica dell’antimafia.  Ma su tutto, emerge il tema guida della serata: la memoria. Il ricordo di Eddie e degli altri servitori dello Stato che con devozione fecero scudo a chi dovevano proteggere. Servitori silenziosi, che non si tirarono indietro e che con la vita sancirono la fedeltà a un’idea e a dei valori.  E questa non è, come ricorda Frigerio, una memoria sterile, estemporanea commozione. Ma, come Libera vuole e ci insegna, è  sarà sempre la memoria che innesca l’azione, lo slancio necessario a mettersi in gioco e a non aver paura di diffondere le idee per cui loro sono morti.

* Presidio “Antonio Landieri” e associazione Rime Libera Trieste

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