Paolo Borsellino, 19 anni fa.
Vade retro ministri
“Ricordiamoci che Paolo Borsellino, due giorni prima della strage di Capaci e due mesi prima della sua stessa fine in Via D’Amelio descrisse la figura di Vittorio Mangano come ‘capo fila dei traffici di droga e della mafia al Nord’… Come potevano non saperlo allora Dell’Utri e Berlusconi e come potevano ancor più ignorarlo quando in pubbliche occasioni, l’ultima alla vigilia delle elezioni politiche del 2008, hanno definito Mangano “un eroe”, perché non aveva ceduto alle pressioni dei giudici contro di loro…?”
Così Roberto Morrione, il direttore di Libera Informazione scomparso due mesi fa, ricordava sul sito di Articolo 21 la celebre intervista televisiva rilasciata dal giudice di Palermo ai giornalisti francesi Calvi e Moscardò, sul rapporto fra il capitale sporco dei crimini mafiosi e il riciclaggio operato dalla finanza e dall’impresa. Un documento rimasto inedito sino a quando, nel settembre del 2000, la troupe di Rainews24, diretta allora da Morrione, decise di acquisirla e trasmetterla durante una puntata di inchiesta e confronto – condotta in studio da Sigfrido Ranucci e Arcangelo Ferri – con i magistrati Antonio Ingroia, collega di Borsellino, e Luca Tescaroli, titolare dell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio alla procura di Caltanissetta.
Capaci e via D’Amelio sono tra le pagine più oscure e agghiaccianti della storia della Repubblica insieme alle tante stragi che hanno insanguinato il nostro Paese e che restano di fatto impunite.
Oggi Roberto Maroni sarà a Palermo nel 19° anniversario della morte di Paolo Borsellino e della sua scorta e deporrà una corona di alloro presso la lapide del Reparto scorte. Il ministro dell’Interno e lo stesso presidente del Consiglio ripetono da tempo instancabilmente lo stesso ritornello: “Siamo il governo che più ha fatto nella lotta contro la mafia“, trascurando spesso il fatto che a compiere le inchieste e gli arresti sono i magistrati, quei giudici “antropologicamente diversi dal resto della razza umana” come li ha vergognosamente dipinti il capo del governo, e le forze di polizia alle quali questo governo nega anche il materiale di cancelleria. Magistratura e Polizia che, insieme agli organi di informazione, sono stati da sempre i bersagli della loggia P2 (che oggi viene chiamata P4 solo per confondere le idee) e che ha affiliato esponenti politici di spicco tra cui lo stesso Silvio Berlusconi e Fabrizio Cicchitto, solo per citarne alcuni.
Oggi, un raro sussulto di dignità dovrebbe tenere gli esponenti di governo lontano dalle commemorazioni. E se proprio volessero onorare il giudice Paolo Borsellino, il giudice Giovanni Falcone e i tanti eroi civili morti per servire lo Stato e dallo Stato abbandonati dovrebbero pretendere le immediate dimissioni del ministro Romano accusato di concorso in associazione mafiosa e dare il via libera all’arresto di Alfonso Papa, indagato per concussione nell’inchiesta sulla P4, un sistema criminale illegale, come hanno affermato i pm, “preordinato all’acquisizione e alla gestione, con modalità operative tipiche delle più sofisticate associazioni di stampo terroristico e mafioso”.
Oggi gli esponenti del governo risparmino corone d’alloro inutili e offensive per rispetto allo stesso Borsellino che, in un’altra nota intervista denunciava che “i politici appaiono ai funerali proclamando unità di intenti per risolvere questo problema e dopo pochi mesi saremo sempre punto e a capo”…
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