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Il “circo” della memoria

Di Umberto Di Maggio* il . Sicilia

Quante volte al giorno un palermitano pronuncia o ascolta da bocca altrui la parola “legalità”? E quante la parola “mafia”? Me lo chiedevo ieri mattina mentre passeggiavo, ahimè, tra i rifiuti di una Palermo abbandonata a se stessa. Ci pensavo il giorno prima imbottigliato nel traffico impazzito di una città dove la terza fila di parcheggio è la prassi consolidata. Sembra uno spauracchio la parola “legalità”, una specie di totem a cui rifarsi quando non ci si può appellare al “governo ladro” o alle “mezze stagioni”. E’ una parola stanca che poco riesce ad entrare nel quotidiano della vita di ciascuno dei miei concittadini.

E’ una parola totem perchè in Sicilia (come in buone parti del nostro paese) il welfare è in mano ai “Don Totò” che risolvono con soluzioni pret-a-porter i problemi di indigenza e di letterale bisogno di soppravvivenza. In questo senso la mafia batte la legalità uno a zero. Ogni santo giorno. C’è poi un pessimismo, misto ad un fatalismo di fondo, che spinge i miei conterranei a vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto. I commercianti che aderiscono ad Addiopizzo? Sempre pochi! I manifestanti delle innumerevoli iniziative antimafia? Sempre pochi! I sequestri e le confische? Sempre pochi! Anche in questo senso la mafia batte la legalità due a zero. Ogni maledetto giorno. 

Legalità, invece, è aver cura degli altri. Ce lo insegna l’impegno delle tante organizzazioni di volontariato che, letteralmente, si sostituiscono alle manchevolezze di un’amministrazione latitante. Legalità è avere gli altri dentro di sé, parafrasando Gaber. Ma ne siamo proprio tutti convinti?  In questo circo poi c’è chi indossa gli abiti del santone godendo nel celebrare, letteralmente, le litanie del ricordo. “Borsellino e Falcone eroi per sempre!”, “Salutiamo i nostri eroi, onori ai giudici”. Slogan che sono facili a dirsi il 19 Luglio o il 23 Maggio. Ma i giorni appresso? Onoriamo davvero quegli uomini con il nostro impegno? Ed ancora, “Ringraziamo gli agenti delle scorte”, ce lo si diciamo ogni anno, faticando, però, a ricordarne i nomi ed i cognomi. Al rischio della retorica, con questi meccanismi, diciamocelo, si è sostituita la certezza del perpetuarsi della stanca celebrazione. Troppo facilmente ci si ricorda degli eroi e altrettanto troppo facilmente ci si dimentica dell’obbligo della normalità e dell’impegno di cittadinanza.  In questo senso, siamo stanchi ed anche un po’ afflitti dalle solite ed inutili passerelle. Sono troppi i “burocratici di partito” che ogni anno in estate si incensano, da via D’Amelio a Capaci, tra ghirlande di fiori ostentando un presunto impegno antimafia dimenticandosi dei colleghi indagati e condannati che siedono nello scranno accanto nei palazzi del potere, letteralmente degli abusivi delle Istituzioni. Corruzione, nepotismi e clientele sono metodicamente dimenticate anche dal quel giornalismo patinato che attenziona solo alcune dinamiche (le più facili peraltro) della nostra vecchia e acciaccata democrazia. Siamo stanchi, insomma.  Alla mia Palermo, alla mia città che fatica a scrollarsi di dosso il peso di una pesante vergogna e che in questi giorni si sveglia carica di eventi ed iniziative non posso che augurare un futuro più rigoglioso e meno drammatico del presente.  Alla mia terra che è puntualmente agli ultimi posti per  gli indici di sviluppo economico, ma che ha anche delle importanti espressioni di sana “resistenza”, non posso che promettere un sempre maggiore impegno.  

E’ un obbligo morale e civile per Paolo Borsellino e tutte, ma proprio tutte, le vittime delle mafie.  Ma, vi prego, senza retorica e inutili e fumose celebrazioni.     

* Coordinatore regionale “Libera ” in Sicilia

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