Arrestato Gaetano Riina, fratello del boss di Corleone
«Il capo di Cosa nostra è ancora Totò Riina». Con queste parole il Procuratore capo di Palermo, Antonino Messineo ha commentato l’arresto di Gaetano Riina, fratello del temuto boss corleonese. Le indagini, condotte dalla Dda palermitana dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dal pm Marzia Sabella, hanno portato all’arresto di quattro persone. Oltre a Gaetano Riina, in manette sono finiti anche Alessandro Correnti e Giuseppe Grizzafi, pronipoti del boss corleonese, mentre Giovanni Durante è stato raggiunto da un ordine di custodia cautelare in carcere.
L’operazione di oggi, sviluppata tra Mazara del Vallo, nel trapanese, cittadina dove viveva Gaetano Riina, Corleone a Bagheria, ha consentito agli inquirenti uno spaccato sugli equilibri interni a cosa nostra. Primo fra tutti il fatto che Totò Riina, per mezzo del fratello, ha continuato a controllare l’organizzazione mafiosa. «Sono diversi i motivi che inducono però a ritenere che possa essere così. Innanzitutto – ha dichiarato Messineo – il fatto che all’interno della mafia le procedure formali di avvicendamento al vertice, prevedono un meccanismo complesso che per qualche motivo non è stato possibile ancora attuare; secondo per un atteggiamento di ossequio da parte delle nuove leve nei confronti del vecchio capo». Dichiarazioni non difformi da quelle rilasciate alcune settimane fa dal pm Marzia Sabella.
«Quando interrogai Provenzano – ha dichiarato Sabella intervistata dal settimanale Sette – capii che il vero boss, nella forma, non era lui. Lo era nella sostanza e lo dimostrano i pizzini con cui dava ordini agli affiliati di tutti i mandamenti. Ma certe decisioni non poteva proprio prenderle, perchè nella forma il boss era ed è Totò Riina». «Dopo Provenzano – ha aggiunto – Salvatore Lo Piccolo forse ci aveva fatto un pensiero. E’ stato arrestato nel 2007. Matteo Messina Denaro comanda a Trapani. E a Palermo è diventato un consigliere carismatico. E’ il pupillo di Riina, ma il capo è ancora Riina». Affermazioni non scontate. Totò Riina, infatti, dal 1993 è in carcere sottoposto al regime di 41 bis. Una condizione, che, dovrebbe di certo impedire contatti e collegamenti con l’esterno. Tuttavia, la certezza degli inquirenti palermitani non lascia adito a dubbi.
Resta la constatazione di una Cosa nostra cristallizzata attorno alla figura di un capo, ultraottantenne, da 18 anni in carcere, che ha cercato di perpetrare il proprio potere tramite il fratello. Un potere soltanto formale? Una situazione di comodo per impedire scontri per il controllo del vertice della mafia? Oppure un Riina effettivamente capace di incidere ancora sull’operato di Cosa nostra?
gaetano liardo
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