Nel nome di Bruno Caccia
Sono passati 28 anni da quel 26 giugno del 1983, quando a Torino la ‘ndrangheta
decise di eliminare un servitore dello Stato, colpevole, secondo la
deforme logica delle mafie di non saper scendere a compromessi ed
applicare la legge in modo ferreo. Bruno Caccia, Procuratore Capo della Repubblica di Torino, venne freddato con diversi colpi di pistola sotto casa per ordine di Domenico Belfiore,
elemento di spicco della ‘ndrangheta in Piemonte negli anni ’80. Ad
oggi gli esecutori materiali del delitto sono ancora sconosciuti.
Da tre anni la casa abitata dal mandante dell’omicidio è stata
strappata alla criminalità organizzata e trasformata in un luogo nuovo:
accogliente, di tutti, dove l’arte, la cultura, il lavoro legale
testimoniano nei fatti che una società opposta a quella mafiosa è
possibile e conviene. Oggi, in Cascina Caccia, una messa celebrata da Luigi Ciotti ha ricordato l’assassinio di Bruno Caccia, unico magistrato ucciso al nord.
In questi giorni il Festival Armonia ricorda l’impegno per la legalità di Bruno Caccia con arte e cultura.
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