Giustizia, equità, coesione sociale e legalità
Dopo aver inaugurato la sede di Libera a Lecce, Don Luigi si è spostato a Tricase per partecipare a un convegno, insieme al Procuratore Cataldo Motta, dal titolo “Giustizia, equità, coesione sociale e legalità”. Occasione ghiotta per raccogliere e riportare gli interventi del massimo esponente dell’antimafia salentina e del massimo esponente dell’antimafia sociale a livello nazionale.
E’ intervenuto per primo Cataldo Motta: “E’ un tema difficile perché queste poche parole, giustizia, equità, coesione sociale e legalità, sono ormai desuete. Ai ragazzi dico spesso che le regole sono indispensabili in qualsiasi società. Sono indispensabili anche all’ interno delle associazioni mafiose e sono rispettate. Infatti dall’associazione mafiosa si esce solo se si collabora con la giustizia o se si viene eliminati. La regola deve essere rispettata. La vicinanza, la contiguità, la condivisione di comportamenti illegali fa correre il rischio di essere governati dalla criminalità. Da noi le organizzazioni mafiose non hanno avuto consenso sociale. La gente salentina è sempre stata dalla parte della legalità. Negli ultimi anni questo comportamento si è modificato. A furia di tacere si diventa contigui con le associazioni mafiose. La paura crea ingiustizia, insicurezza, che è un sentimento meno grave dell’ingiustizia. L’ ingiustizia è un sentimento più grave. Oggi ho l’impressione che sia le regole, sia il senso di giustizia, si allontanano un po’ dai nostri discorsi. Racconto un fatto accaduto anni fa nel nostro Salento. I carabinieri riuscirono a identificare la cabina telefonica dalla quale i malviventi telefonavano per offrire ai derubati il cosiddetto “cavallo di ritorno”. Succedeva che, chi aveva subito il furto, dopo aver pagato e ottenuto la restituzione dell’auto si presentava dai carabinieri denunciandone il ritrovamento casuale. Nel giro di 40 giorni furono identificati diversi casi. In una telefonata, che sembrava una normale trattativa commerciale, una signora che era disposta a pagare 500.000 delle vecchie lire, era titubante, al che il malvivente sicuro di sè disse: «signora se lei paga avrà diritto alla restituzione della macchina». Si parlava di diritto nella piena illegalità. Decisi di sentire tutte le persone che avevano dichiarato di aver trovato casualmente la macchina. Su 40 vittime nessuna dichiarò di aver pagato, neanche davanti all’ascolto delle loro telefonate. Spesso il rischio è che dietro la paura si celi l’accettazione di condotte illegali, che rischiano di essere accettate come legali. Per un verso la Scu ha cambiato i comportamenti criminali. Come Bernardo Provenzano e al contrario di Riina (Provenzano era per l’inabissamento, al contrario di Riina che sosteneva la strategia delle stragi rivelatasi sbagliata). Si tende a dimostrare alla gente comune la vicinanza della criminalità attraverso prestiti di denaro, posti di lavoro, favori vari. Un paio d’anni fa a Mesagne alle 3 di notte i carabinieri e la polizia recapitarono l’ordinanza di cattura a Massimo Pasimeni e alla moglie. Tutti gli abitanti del centro storico scesero in piazza per esprimere solidarietà nei loro confronti. Così come in un altro paese del nord Salento qualcuno ha sparato i fuochi dopo la scarcerazione di un personaggio responsabile anche di omicidi. In 7 squadre di calcio c’è una partecipazione di ambienti criminali, mafiosi. C’è uno stretto rapporto tra le squadre di calcio e gli ambienti criminali. Il calcio crea consenso, far vincere la propria squadra crea consenso. E’ una forma di legittimazione. Io penso che in questo contribuisca un allontanamento da certi valori. La nostra Costituzione parla di diritti e doveri, ma di doveri si parla poco. Quando Kennedy si insediò alla Casa Bianca disse: “Non chiedetemi cosa può fare il vostro presidente per voi, ma cosa potete fare voi per il vostro Paese. In un territorio il primo controllore è il cittadino”.
Per chiudere, il duro e applauditissimo affondo finale: “L’art. 3 della Costituzione afferma che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, non la Costituzione. Il rispetto delle regole è l’unico modo per avere equità e giustizia”.
Dopo il procuratore Motta è toccato a Don Luigi, malgrado una fastidiosa bronchite che lo tormentava, appassionare il numerosissimo pubblico che gremiva l’auditorium della Chiesa di Sant’Antonio: “Vorrei partire da Sant’Agostino che diceva che la speranza ha due bei figli: la rabbia e il coraggio. La rabbia nel vedere come vanno le cose e il coraggio di vedere come dovrebbero andare. A Torino un uomo si è suicidato perché aveva finito i soldi e non poteva pagare il mutuo e l’Università alla figlia. Davanti alla sua bara ho balbettato. Coraggio vuol dire avere cuore. Per me il dott. Motta è un punto di riferimento. Gandhi diceva che regola d’oro è agire senza paura dove si ritiene giusto. In questo Paese la democrazia è diventata pallida. Ognuno deve assumersi le sue responsabilità. Prendo le parole di Don Tonino Bello. Io ho due riferimenti: il Vangelo e la Costituzione accompagnata dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. La persona umana è un fine ma anche un mezzo. Don Tonino scrisse: «Ci sono parole che gli uomini non vogliono vedere con gli occhi, né ascoltare con le orecchie». Il rifiuto di ogni violenza. L’ impegno a favore di un mondo più libero non fatto solo di parole. Abbiamo la responsabilità delle parole. Sono disgustato dai manifesti con le parole offensive. Due quotidiani hanno preso in giro il Presidente della Repubblica perché si è commosso per le vittime del terrorismo. Prima di parlare di legalità preferisco parlare di educare alla responsabilità, perché se sei responsabile rispetti le regole. La vita ci affida l’impegno di impegnare la nostra libertà per liberare chi libero non è. Chi è senza lavoro non è libero, chi è povero non è libero. In questo senso siamo al servizio della libertà, massima espressione dell’esercizio della dignità. La libertà non è arbitrio. Esiste ormai la legalità sostenibile, malleabile. Rispetto le regole se mi conviene. Giorni fa Anna Maria Tarantola, Vice Direttore Generale della Banca d’ Italia, ha affermato che secondo le stime dell’istituto, il riciclaggio vale il 10% del Pil, un dato maggiore rispetto a quello mondiale. Il riciclaggio rappresenta un ponte tra crimine e società civile, che offre ai criminali la possibilità di sedere nei consigli di amministrazione e a contribuire all’assunzione di decisioni economiche, sociali e politiche rilevanti. La parola responsabilità nasce dal termine rispondere. Responsabile è chi risponde, cominciando dalle piccole cose. Anche la parola responsabile è stata umiliata. Basta vedere l’uso che ne fa un gruppo parlamentare. Questa è l’emergenza civiltà. Io credo che si possa dire che la responsabilità è la spina dorsale della nostra democrazia e della nostra Costituzione. La responsabilità ci chiama in gioco, deve essere esercitata da tutti, a maggior ragione da chi ricopre cariche pubbliche. C’è in atto il tentativo di spezzare la divisione dei poteri. Non è in atto la riforma della giustizia, ma il sequestro della giustizia. Si cerca di mettere il Pubblico Ministero alle dipendenze del potere politico. La magistratura, come la Chiesa, deve fare il suo esame di coscienza, ma non si tocchi l’ art. 101 della Costituzione. Altro elemento importante è la cultura. Oggi c’è il peccato del sapere, la mancanza di profondità. Conoscere per essere più responsabili. L’ educazione, la cultura, la riconoscenza, la libertà. La legalità viene confusa con la giustizia. La giustizia è il fine ultimo. Le leggi sono il mezzo. La più bella definizione di legalità l’ ho trovata nel documento dei vescovi del 1991. La prima dimensione della giustizia è la prossimità. La denuncia è annuncio salvifico”.
Così si sono espressi
dal profondo Salento due grandi uomini, due esempi viventi. Ascoltarli ci rende più ricchi dentro e ci dà maggiore carica e convinzione per vivere secondo principi di giustizia.
Questo articolo è stato scritto il 18 maggio, ma è stato pubblicato soltanto oggi dopo la nomina del nuovo direttore responsabile della testata
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