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“Sportello Morrione”, l’ultimo regalo di Roberto

Di Alberto Spampinato* il . Roberto

Prima di andarsene, Roberto Morrione ci ha fatto un grande regalo: ha
fatto nascere uno sportello anti-querele che è frutto soprattutto del
suo impegno e che dovremmo intitolare al suo nome. Roberto era un grande
amico di Ossigeno. Comprendeva meglio di altri i problemi dei
giornalisti minacciati perché era uno di loro: fu minacciato nel 2006, a
Rainews, per alcuni clamorosi scoop, e nel 2010 con un attacco di
hacker che bloccò il sito di Libera Informazione sostituendo con un
teschio un suo articolo in cui, per gli attacchi alle fiction
televisive, ai libri sulla mafia, e in particolare a Gomorra e a Roberto
Saviano, aveva definito Berlusconi il “serial killer della memoria e
della libera informazione”.

 Lo sportello anti-querele
voluto da Roberto e’ uno strumento innovativo creato per aiutare i
giornalisti più deboli, quelli dei blog e dei piccoli giornali – i più
esposti sul fronte delle inchieste e della cronaca – a resistere sul
piano legale di fronte a comportamenti minacciosi ed intimidatori, ad
abusi legali quali le querele per diffamazione puramente strumentali, e
le richieste di danni immotivate che, anche quando sono del tutto
infondate, funzionano da bavaglio finché – ma ci vuole qualche anno –
una sentenza dichiari che il fatto non sussiste. In Italia molte notizie
vengono oscurate in questo modo.

Questi abusi , sempre più
frequenti, sono consentiti da una legislazione vecchia, illiberale,
tutta dalla parte dei potenti. Bisogna cambiare la legge, dicevamo
tutti, ma come, con questi chiari di luna? Certo, bisogna cambiare la
legge, ribatteva Roberto, ma intanto? Dobbiamo aiutare concretamente chi
viene colpito da questi abusi. Dobbiamo aiutarlo a resistere, a pagare
l’avvocato, a sostenere le spese di giudizio, a trovare solidarietà non
solo a parole.

 Noi di Ossigeno giravamo
da tempo intorno al problema, ma non riuscivamo a trovare la strada.
Roberto la indicò. Schierò Libera Informazione. Mobilitò i contatti
internazionali di Libera, l’associazione di don Ciotti. Trovò un
finanziamento della Open Society di New York, collegata alla Fondazione
Soros, e lo mise a disposizione del progetto. Con la tenacia, con la sua
capacità di conciliare diverse visioni, scosse lo scetticismo generale,
trascinò nell’impresa la FNSI, l’Ordine dei Giornalisti, Articolo 21,
un gruppo di avvocati competenti e di grido come Domenico D’Amati, Bruno
del Vecchio e Oreste Flamminii Minuto, e altri più giovani come Giulio
Vasaturo, inserì nel progetto la visione particolare del problema che
abbiamo noi di Ossigeno, più sensibili ai problemi delle minacce fisiche
ai cronisti. Dopo un anno di ricognizione, Roberto organizzò il
bellissimo convegno del 17 novembre 2010 alla FNSI, in cui Milena
Gabanelli lesse l’elenco delle richieste di risarcimento per un totale
di 135 milioni di euro notificate a Report, la lista che poi ha
riletto in tv a ‘Vieni via con me’. Da vero animatore, fra un ciclo di
chemioterapia e l’altro, Roberto guidò il comitato di lavoro fino al
risultato.

 “Dobbiamo fare presto, dobbiamo raggiungere un
primo traguardo”, ci sollecitò più volte, ricordando gli impegni assunti
con i generosi finanziatori. Forse faceva anche altri calcoli: vedeva
scemare le sue energie e voleva farle bastare fino al traguardo. C’è
riuscito. Ha mancato solo la conferenza stampa del 9 maggio in cui è
stato presentato lo Sportello di Roma istituito presso l’Associazione
Stampa Romana. Il 2 maggio siamo stati insieme a ricordare i giornalisti
uccisi, a Fahreneit.  E’ stata la sua ultima uscita. Poi il
male lo ha ghermito privandoci della sua compagnia e privandolo del
piacere di vedere la sua creatura muovere i primi passi. Perciò Il meno
che possiamo fare è dire che è nato lo Sportello Morrione. 

 Roberto ci mancherà molto, soprattutto a noi di Ossigeno.
In questi anni, per noi è stato un maestro, un partner essenziale e un
amico generoso. Quando arrivammo noi, Libera Informazione presidiava lo
stesso campo di osservazione. Ma non ci furono gelosie. Roberto comprese
al volo e rispettò la nostra specificità: quella di portare la
riflessione sui cronisti minacciati all’interno della stessa categoria
dei giornalisti. Dal primo momento ha camminato insieme con noi, ha
affratellato Ossigeno e Libera  Informazio-ne, ci ha aiutato ad aprire
alcune porte. A gennaio, al congresso della FNSI, è stato lui insieme a
Giuseppe Giulietti a difendere il nostro lavoro valorizzando il nostro
ingrato compito di contabili delle minacce e delle sconfitte del
giornalismo. Capiva come pochi altri l’essenza del problema: il fatto
che chi viene minacciato  per aver dato una notizia scomoda  (spesso una
notizia conosciuta anche da altri che però , per ‘prudenza’, si
autocensurano) raramente ottiene la piena solidarietà. Roberto lo capiva
bene perché lo aveva provato più volte sulla sua pelle di giornalista
Rai, di appassionato di inchieste, di cronista e di dirigente disposto a
correre dei rischi per illuminare il lato dei fatti che resta in ombra,
quello che qualcuno vuole lasciare in ombra. Nel 1990, al Tg1,
sperimentò la reazione del Potere con la ‘p’ maiuscola. Era vice
direttore. Commissionò e mise in onda, con l’appoggio del direttore
Nuccio Fava, una clamorosa inchiesta in due puntate di Ennio Remondino
che aveva messo il sale sulla coda a un finanziamento della CIA
americana alla P2 del Venerabile Licio Gelli. Scoppiò il finimondo  come
ha raccontato lo stesso Morrione in una intervista (http://www.youtube.com/watch?v=PfiE5j9444I) Dal Quirinale, Francesco Cossiga chiese la sua testa.

 Roberto
sopravvisse a quella vicenda ebbe altri incarichi, e dopo alterne
vicende, nel 1999 approdò, da direttore-fondatore, a RaiNews 24. Lanciò
il piccolo vascello in clamorose inchieste. Più volte prese il fuoco con
le mani. Non gli sembrava possibile che si potesse fare servizio
pubblico senza cercare di chiarire i fatti più inquietanti. E per questo
fu apertamente minacciato. Il 31 maggio 2006, arrivò in redazione una
busta anonima con un bossolo di proiettile calibro 9. Era stata imbucata
a Pisa ed era indirizzata a lui e a Sigfrido Ranucci, uno dei suoi
cronisti di punta. Gli scoop più recenti avevano avuto
risonanza mondiale, riguardavano la guerra  in Iraq: l’uso di fosforo
bianco nei bombardamenti  americani sulla cittadina irachena di Falluja,
le dichiarazioni di un testimone sulle torture nel carcere di Abu
Ghraib e, già all’inizio della guerra, nel 2003, la rivelazione che nei
corpi di alcuni militari italiani deceduti dopo aver partecipato a
quella guerra, c’erano particelle che facevano credere all’uso di bombe a
base di uranio impoverito. E nel 2000 fu l’unico direttore della Rai a
mandare in onda l’ultima intervista del giudice Paolo Borsellino (ucciso
il 19 luglio 1992), nella quale il magistrato parla delle indagini su
Vittorio Mangano, stalliere di Arcore.

 Roberto non saliva
in cattedra per ricordarci i successi della sua carriera. “Quella è
un’altra vita che ho vissuto”, si schermiva negli ultimi anni. Quando
lamentavamo lo scarso impegno dei giornali per raccontare la mafia,
Roberto sospirava. “Se la Rai muovesse le sue corazzate per combattere
questa guerra, avremmo grandi risultati. Invece…”.  Ha vissuto gli
ultimi anni con questa amarezza e, con il dolore di vedere il servizio
pubblico piegato a logiche personali, di parte e di partito. Di contro,
ha avuto il conforto di incontrare tanti giovani giornalisti, free
lance, blogger impegnati, determinati a riempire quel vuoto di
informazione, sia pure lavorando gratis o per pochi euro, e sopportando
intimidazioni e minacce. Con Libera Informazione Roberto ha offerto una
rete connettiva a questo popolo di giornalisti-non giornalisti, e un
portale su cui pubblicare le notizie che stentano a trovare spazio sui
giornali. Si era appena lanciato in questa avventura quando avvertì i
primi malesseri. Di quel lavoro rimangono centinaia di contatti diretti
stabiliti dalla sua presidenza itinerante. Rimane la sua straordinaria
inchiesta sui giornalisti che in provincia trattano le notizie più
scottanti, e vengono isolati, intimiditi, minacciati, presi per matti.
Una inchiesta sul campo, realizzata durante quegli incontri e racchiusa
nel 2008 nel suo libro ‘’Parole e Mafie”, EGA Editore, che tutti
dovrebbero leggere, anche per conoscere Roberto, per scoprire la sua
straordinaria capacità di ascolto e la modestia dietro cui nascondeva la
sua statura di grande giornalista capace di esprimersi con le parole
degli altri.

 C’è un altro lato importante della
personalità e dell’umanità di Roberto che non dobbiamo dimenticare,
perché ci insegna qualcosa: il disinteresse unito alla passione civile.
Naturalmente aveva le sue idee politiche, e non le nascondeva: fu a
lungo militante del Pci e continuò a parteggiare per le formazioni di
sinistra che ne derivarono, Fu anche responsabile della campagna
elettorale di Romano Prodi nel 1996. Ma ha sempre  giudicato le
decisioni del ‘quartier generale’ con la sua testa. Ha sempre
collaborato con il sindacato dei giornalisti, ma senza faziosità. Quando
si è trovato davanti un giornalista vittima di un’ingiustizia, è stato
dalla sua parte senza mai chiedersi di che corrente o di quale parte
politica fosse. Roberto è stato un saggio, un idealista, un eretico e un
appassionato delle battaglie di minoranza.

 Da ultimo, nel
2006, lasciata la Rai, avrebbe potuto trovare comodi incarichi e
collaborazioni ben remunerate. Ha preferito le soddisfazioni che gli ha
dato lavorare con don Ciotti, per una ditta squattrinata, per un tema
tabù quale la libertà di informazione, per una causa che richiede uomini
generosi, giornalisti-giornalisti come lui.

Caro Roberto, non ti dimenticheremo. 

* direttore di Ossigeno per l’Informazione

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Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

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