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Boss scarcerati per motivi di salute, indagati 7 medici

Di Gianluca Ursini il . Calabria

Sette medici tra Reggio Cosenza Catanzaro e Crotone indagati per aver favorito fughe, detenzioni all’acqua di rose e per aver evitato il carcere a padrini e santisti; rispettivamente dei clan Pelle di San Luca (la cosiddetta “Mamma’” per tutti gli ‘ndranghetisti, i clan più temuti), per gli Arena di Capo Rizzuto (clan coinvolto nell’affaire Mockbel – Fastweb e senatore De Girolamo) e due famiglie minori, ma egemoni sul loro territorio a media densità mafiosa, come sono i Mantella a Vibo e i Forastefano a Cosenza, dove da anni conducono con i clan Rom una sanguinosa faida per il controllo del narcomercato. I reati contestati ai professionisti assoldati dalle ‘ndrine sono abuso d’ufficio, false comunicazioni all’autorità giudiziaria, corruzione in atti giudiziari e falsa perizia aggravata. Ad alcuni viene anche contestato il concorso esterno in associazione mafiosa. Sono Luigi Arturo Ambriosio, 74 anni, e Franco Ruffolo, dirigente e psicologo della casa di cura brutia “Villa Verde”. 

Gli atti, notificati dai Carabinieri del Ros che in Calabria hanno avuto – grazie alle intercettazioni ambientali – un ruolo esiziale nelle indagini, soprattutto il Nucleo anticrimine reggino del colonnello Stefano Russo, sono disposti dalle procure Distrettuali antimafia di Catanzaro (tutto scaturisce dalla inchiesta “Villa Verde” su una clinica privata dove i boss riposavano per sfuggire alle manette) e di Reggio, sullo Stretto, con l’inchiesta “Reale” che prese di mira la cosca Pelle nell’aprile 2010. Una conferma di quanto denunciato spesso in commissione parlamentare Antimafia dai membri del Pd, a seguito dell’epidemia che negli ultimi mesi aveva colpito i boss calabresi, tutti ammalati al momento di dover rendere conto alla giustizia, soprattutto per patologie psichiche; sottoposti a perquisizione due famosissime cliniche private in quel di Cosenza, oltre che i gabinetti privati dei 7 (pessimi) emuli di Ippocrate. “C’è la conferma di quanto prospettato in una interrogazione del 12 gennaio – precisa Laura Garavini, democrat in Antimafia – questo è purtroppo solo la punta dell’iceberg, perché di vicende strane e illeciti tra boss e strutture private sanitarie, se ne possono contare parecchi”. La promotrice dell’antiracket in Germania garavini enumera a mò di esempio le clamorose evasioni nell’aprile 2010 di Roberto Pannunzi da una clinica privata romana; il broker romano era calabrese d’adozione, ed era diventato il maggiore mercante di coca sulla rotta Calì – Siderno – Aspromonte e più di recente Golfo del messico – Sinaloa – Giojosa Jonica; uno che da solo poteva cambiare il prezzo mondiale della “Bamba”: Lasciato in una clinica senza scorta, libero di evadere in stile ‘Papillon’.

Oppure il caso di Suor Rosa, sorella del boss e super killer dei De Stefano, nonché socio in affari di Lele Mora, Paolo Martino; la religiosa era anche vicedirettrice di un ospedale ecclesiastico nella provincia romana, intitolato a Maria Ausiliatrice; un rifugio sicuro lontano da occhi indiscreti;   e non dimentichiamo, l’omicidio dell’allora vicepresidente regionale calabrese della Margherita Franco Fortugno, ucciso da sette colpi di revolver nell’ottobre 2005 a Locri perché denunciava da tempo che qualcosa non andava nella Asl 11 della Locride. A decretare la fine per i medici mafiosi 3 pentiti del clan Forastefano, nel caso dei boss cosentini, che dopo aver usufruito dei domiciliari in clinica, hanno denunciato ai Pm l’andazzo: una amante dei boss, Lucia Bariova, l’ex reggente Salvatore Lione, e Emanuele Lovato, affiliato dei Forastefano

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